giovedì 18 novembre 2010

L'Ulivo sorpassa il Pdl e Fini raggiunge l'8%


di ILVO DIAMANTI

SILVIO Berlusconi non ha mai pensato di aprire la crisi, in queste condizioni. Venire "sfiduciato" dalla Camera, per chi è stato eletto con una larghissima maggioranza, appena due anni fa. Come spiegarlo agli elettori? Ma c'è un problema ulteriore e forse maggiore. Aggiungere alla sfiducia della Camera quella dei cittadini. Anche se Berlusconi continua a dire che il 60% degli italiani "è con lui", a noi - e non solo a noi - risulta un dato assai diverso: 32%. Meno di un terzo degli italiani. È ciò che emerge dal sondaggio dell'Atlante Politico di Demos, condotto negli ultimi giorni. Un grado di fiducia inferiore a quello di Bersani, ma anche di Tremonti, Casini, Fini. Solo Bossi è meno "amato" di lui. Ma il leader della Lega è, da sempre, uomo di "fazione" e di "frazione". Più che unire, divide.

Si tratta, per Berlusconi, del livello più basso negli ultimi due anni. Dalle elezioni politiche che lo hanno visto trionfatore, a capo del centrodestra. Per questo la prospettiva della crisi lo preoccupa. Teme la trappola dei "governi tecnici" e delle "larghe intese". Anche se invoca nuove elezioni, in caso di crisi, in realtà non le vuole. Non per ora, almeno. Le ritiene rischiose. A ragione, viste le stime elettorali di Demos. Che vedono il Pdl ridotto al 26%. (Meno di Forza Italia - da sola - nel 2001.) Mentre la Lega frena, pur superando il 10%. Insieme il centrodestra supererebbe di poco il 37%. Mentre il Pd, fermo alla soglia del 25%, insieme all'Idv, Sel (entrambe intorno al 7%) e alle altre formazioni di sinistra (Rc e Pdci), toccherebbe il 40%. Con questa legge elettorale, quindi, un centrosinistra "formato Ulivo" potrebbe perfino vincere (grazie al cedimento altrui), conquistando la maggioranza assoluta dei seggi. Alla Camera, almeno. Un'ipotesi, fino a poco tempo fa, comica più che irrealistica.

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Al Senato, invece
, il sistema elettorale non permetterebbe a nessuna coalizione di ottenere la maggioranza dei seggi. Vista l'ampiezza raggiunta, secondo le stime elettorali, dal Polo di Centro. Circa il 16%, contando, oltre all'Udc, il partito di Fini (e altre formazioni minori: Mpa e Api). Fli, in particolare, continua a crescere. Oggi è intorno all'8%. A (e con) dispetto del Cavaliere e dei suoi uomini. Soprattutto, i reduci di An. Fini, il "traditore". In grado di ridimensionare il Pdl e l'attuale - presunta - maggioranza. I dubbi sull'esito del voto, peraltro, si fanno strada anche fra gli elettori. Benché il 50% ritenga ancora probabile la vittoria del centrodestra e solo il 34% quella del centrosinistra. Un divario di 16 punti. Ma due mesi fa la distanza era ben più ampia: 33 punti (e gli elettori che scommettevano sul successo del Centrodestra erano il 57%).

Naturalmente, i sondaggi non sono elezioni. Ma, in effetti, Berlusconi li sa interpretare - e usare - molto bene. Magari li comunica "a modo suo". D'altronde, siamo in tempi di campagna elettorale permanente
. E i sondaggi, oltre a rilevare le opinioni, talora le orientano. Ma oggi gli consigliano di attendere. Cercando di riconquistare la maggioranza. Intanto alla Camera, attraverso una pressante campagna acquisti. Poi, anche presso gli elettori. Preoccupati dall'andamento dell'economia. Delusi dai risultati del governo. Il federalismo annunciato e non ancora ottenuto. I "fatti" annunciati - senza grandi effetti. Le immondizie a Napoli: sparite in dieci giorni. E ricomparse dopo altri cinque. La ricostruzione dell'Aquila. Di cui i residenti non sembrano essersi accorti. E poi, la passione di Berlusconi per le donne e le ragazzine, ammessa senza scuse. Ma, anzi, rivendicata con un certo orgoglio (e un cenno di intesa. Come dire: in fondo voi siete come me, anche se non avete il coraggio di ammetterlo). I due terzi degli italiani la considerano un elemento di debolezza, per un leader. Anzi: il Leader. Il presidente del Consiglio.

Per questo, Berlusconi cerca di tirare avanti. Di allontanare - di un mese - la prova della verifica parlamentare, E spostare il voto a primavera, almeno. Intorno alla sua maggioranza, ormai minoritaria, le opposizioni si preparano. E lavorano: alla ricerca di alleanze e di leadership. Nel centrosinistra - soprattutto nel Pd - è ampia la voglia di ampie intese. Da sinistra fino al centro. Una
Santa Alleanza per cacciare il tiranno. Ma, dovendo scegliere, fra gli elettori prevale nettamente l'ipotesi di ricostruire l'Ulivo. Cioè: di allearsi con le sinistre. In particolare con la Sel di Nichi Vendola. La maggioranza degli elettori di centrosinistra (30%), peraltro, vorrebbe il governatore della Puglia leader della coalizione. Un po' più ridotto (25%) il gradimento per Bersani, il quale resta, comunque, il leader di gran lunga preferito dalla base del Pd. L'alleanza privilegiata con il polo di Centro - secondo i dati dell'Atlante Politico - appare, invece, scarsamente apprezzata dagli elettori di Centrosinistra.

Reciprocamente, gli elettori di Centro non sembrano attratti da un'intesa con il Centrosinistra. Preferiscono di gran lunga l'autonomia. Correre da soli. Fare il Terzo Polo. Alla guida di Casini oppure di Fini. In misura molto più limitata, di Luca Cordero di Montezemolo (apprezzato, anche da una quota significativa di elettori del Pd).
Insomma, il sistema politico appare incerto e aperto, come mai lo era stato negli ultimi anni. Almeno dal 1994-96. Tutto appare in movimento. Le alleanze, le leadership e di conseguenza anche gli elettori. Un po' disorientati, di fronte a un'offerta politica fluida e instabile. Dove i partiti maggiori, due anni fa perni di un bipolarismo bipartitico, appaiono più provati degli altri. Il Pdl, fiaccato dalla defezione di Fini e dai dolori del (sempre) giovane Berlusconi. Mentre il Pd è in preda a una crisi deleteria, in parte incomprensibile. È troppo impegnato a macerarsi all'interno, a logorare ogni leader possibile, presente e futuro. A coltivare la propria eterna vocazione minoritaria e perdente. Così non si accorge che potrebbe diventare maggioranza e - perfino - vincere.

(18 novembre 2010)

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