giovedì 11 novembre 2010

TORINO, RETROMARCIA DEL COMUNE PARTE CIVILE AL PROCESSO AMIAT


Dopo l’appello del Fatto, sostegno al manager anti-tangenti

di Andrea Giambartolomei

Alla fine ce l’ha fatta. Raphael Rossi, ex vicepresidente del cda di Amiat, l’azienda municipalizzata di Torino per la raccolta di rifiuti, avrà l’assistenza legale da parte della stessa società. Nel 2007 Rossi aveva denunciato un tentativo di corruzione di un ex dirigente dell’Amiat. Ma, abbandonato dalla politica, fino a pochi giorni fa aveva dovuto provvedere personal-mente alle spese legali. Ora, in un comunicato diffuso dopo la pubblicazione dell’appello del Fatto Quotidiano che sul nostro sito ha raccolto 29 mila firme in 24 ore, l’azienda ha deciso che lo sosterrà. L’Amiat fa sapere che si farà carico dell’assistenza legale di Rossi nel caso in cui l’ex dirigente si costituisse parte civile nel processo. E lui, che con un esposto ha fatto nascere l’indagine della Procura di Torino, accetta: “Sono soddisfatto per l’assistenza legale, anche se doveva essere automatica”. E non nasconde un certo rammarico perché “in Italia bisogna sempre alzare la voce per vedere rispettati i propri diritti”.

LA VICENDA – ricostruiscono i magistrati - comincia nel settembre 2006, quando i tecnici dell’Amiat presentano al Cda un progetto per un impianto di pressatura dei rifiuti. Rossi è un consigliere che, aldilà della nomina politica, ha ottenuto l’incarico per le sue esperienze nel settore. I costi alti, l’utilità incerta e l’assenza di una gara d’appalto per l’acquisto del macchinario da 4 milioni della VM Press sollevano i suoi dubbi. Grazie alle sue competenze tecniche, nel novembre 2006 presenta una memoria critica sul “pressoestrusore” e ferma la compravendita.

UN ANNO DOPO Giorgio Giordano, ex presidente dell’Amiat diventato presidente della Confservizi Piemonte, intende sbloccare l’acquisto del macchinario e incontra Rossi. Vuole convincerlo, racconta l’ex vicepresidente della municipalizzata, prima con proposte allusive e poi più esplicite. Nel 2007, Rossi, già vicepresidente, va in procura e presenta l’esposto che dà il via all’inchiesta. Il trentacinquenne collabora con i giudici per incastrare i corruttori. “Le proposte – racconta ai magistrati - sono diventate palesi e di due tipi: pagamento in contanti per una cifra più bassa, o tramite una finta consulenza pagata a un prestanome, un parente o un amico che per l’occasione avrebbe dovuto aprire una partita Iva. Ciò avrebbe permesso di far salire e di molto la somma destinatami”. Passando da cinquantamila a centocinquantamila euro.

Si arriva alla metà dell’ottobre scorso, quando il pm Carlo Pellicano chiede il rinvio a giudizio degli indagati. Il 13 dicembre prossimo, davanti al gup Anna Ricci, ci sarà l'udienza preliminare del processo per corruzione e turbativa d’asta. Le persone indagate sono cinque: l’ex presidente del Cda Giorgio Giordano, il direttore degli acquisti dell’Amiat Giancarlo Gallo, l'amministratore della VM Press Giovanni Succio, il titolare formale di quest'ultima Carlo Gonnella e il proprietario della VM Press Giorgio Malaspina.

Dall’indagine torinese emerge che Amiat e Raphael Rossi sono le persone offese. L’azienda si costituirà parte civile solo contro Giordano e solo per il reato di turbativa d’asta, come già precisava un comunicato diffuso dopo la puntata di Report del 20 ottobre scorso. In sostanza, attraverso quest’azione penale, il Comune si tutela e non si costituisce “personalmente” parte civile. Un successo per Rossi e per la nostra petizione, anche se un punto resta ancora in sospeso: il ringraziamento pubblico. In ogni caso quello che conta per lui sono le 29 mila firme: “Secondo me il fatto che l’Amiat voglia costituirsi parte civile solo dopo Report e che la Città di Torino non lo faccia significa che serve attenzione su questi temi. Non è importante il ringraziamento a me, l'importante è che se domani un’altra persona si troverà nelle mie condizioni avrà la possibilità denunciare la corruzione con facilità e avere il sostegno degli enti pubblici danneggiati dalla disonestà”.

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