domenica 2 gennaio 2011

“È UN VERO CRIMINALE”



Il procuratore di Milano, Spataro, spiega: Battisti si è politicizzato dentro al carcere

di Armando Spataro*

Catturato a metà del 1979, a Milano, in una base dei Proletari Armati per il Comunismo piena di mitra, pistole, fucili e documenti falsi, Cesare Battisti evase nell’ottobre del 1981 dal carcere di Fossombrone. Fu catturato di nuovo a Parigi, nel febbraio del 2004 dopo quasi 23 anni di latitanza dorata. A giugno dello stesso anno la Francia concesse l’estradizione chiesta dall’Italia, ma in modo e con esiti farseschi: Battisti era già stato posto in libertà a marzo e si era reso di nuovo latitante. Veniva però a Rio de Janeiro, nel marzo del 2007 e molti pensarono che, finalmente, quell’assassino sarebbe stato riconsegnato all’Italia. Invece accadeva l’incredibile. Mentre era in corso la procedura per l’estradizione, Battisti rilasciava un’intervista dichiarando che se fosse stato trasferito in Italia sarebbe stato ucciso.

E MOLTI politici brasiliani gli diedero credito: il 14 gennaio del 2009, il ministro della Giustizia Tarso Genro gli concedeva l’asilo politico mentre a febbraio il senatore Edoardo Suplicy dava lettura in Senato di una lettera di 19 pagine dell’assassino italiano che proclamava la sua innocenza e denunciava l’Italia per avere utilizzato “correntemente” il sistema della tortura durante i processi degli anni di piombo. Dopo una serie estenuante di rinvii, però, la Corte Suprema brasiliana, con cinque giudici favorevoli su nove, votava a favore della estradizione di Battisti in Italia, sconfessava il ministro Tarso Genro, ma affermava che l’ultima parola sarebbe spettata al presidente Lula che avrebbe potuto diversamente decidere in base a ragioni politiche. Questi, dal canto suo, dichiarava: “adesso la palla è nel mio campo e sarò io a decidere come calciarla”. Cerchiamo di capire ora perché, utilizzando la stessa metafora calcistica cara a Lula, si può affermare che egli non si sia limitato a calciar male la palla, ma se ne sia impossessato, portandosela via dal campo e lasciando arbitro, giocatori e spettatori attoniti. Partiamo dalla fine, cioè dal comunicato letto dal Ministro degli esteri Celso Amorim che, citando la norma della Convenzione tra Italia e Brasile posta a base della decisione di Lula, ha spiegato che questa si fonderebbe sul rischio di aggravamento della condizione personale di Battisti ove fosse trasferito in Italia. In attesa di leggere il testo completo del provvedimento, sono i fatti a dimostrare subito come si tratti di una tesi priva di fondamento giuridico e come siano false le affermazioni propalate in Francia e Brasile dai fans dell’assassino:

1) Battisti non è un estremista perseguitato in Italia per le sue idee politiche, ma un criminale comune per motivi di lucro personale, che si è politicizzato in carcere, commettendo poi rapine, ferimenti ed omicidi.

2) Battisti è stato poi condannato all'ergastolo per molti gravi reati, tra cui anche 4 omicidi: in due di essi, omicidi del maresciallo Santoro (Udine 6.6.1978) e del poliziotto A. Campagna (Milano 19.4.1979), egli sparò materialmente alle vittime; in un terzo (L.Sabbadin, macellaio, ucciso a Mestre il 16.2.1979) svolse il ruolo di “palo” in aiuto dei killer; per il quarto (P. Torregiani, Milano 16.2.1979) partecipò alla decisione ed organizzazione del fatto.

3) Non è vero che a Battisti sia stata negata la possibilità di difendersi in quanto assente durante i processi. Nel 2006, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha respinto il ricorso di Battisti contro la concessione dell’estradizione da parte della Francia, giudicandolo per questa ragione «manifestamente infondato» ed affermando che in tutti i processi egli era stato sempre assistito dai suoi avvocati, con cui era rimasto in stretto rapporto durante la latitanza.

4) E’ falso che l’Italia ed il suo sistema giudiziario non siano stati in grado di garantire i diritti delle persone accusate di terrorismo negli “anni di piombo”. E’ un’affermazione che ci ferisce. Sono tanti i magistrati, gli uomini delle istituzioni, i poliziotti che sono stati vilmente uccisi, da persone come Battisti, solo perché applicavano la legge. L’Italia, invece, non ha conosciuto derive antidemocratiche nella lotta al terrorismo.

PER FINIRE: molti accusano il Governo di non essersi sufficientemente adoperato per ottenere l’estradizione di Battisti. Il Governo, dal canto suo, afferma di essersi mosso con ogni possibile energia e determinazione.

Vedremo in futuro come stanno i fatti. Ma forse è stato trascurato un altro possibile rilievo, quello sulla coerenza degli atteggiamenti diplomatici che, per essere autorevoli, hanno bisogno di essere omogenei di fronte a situazioni simili. Allora, occorrerebbe forse una buona dose di autocritica con riferimento all’atteggiamento inspiegabilmente passivo tenuto nell’ottobre del 2008 dal Governo italiano quando il Presidente francese Sarkozy negò l’estradizione della brigatista Marina Petrella per “ragioni umanitarie”, non molto dissimili dalle “condizioni personali” di cui oggi parla il Presidente Lula. Per ora non resta che condividere l’amarezza del Presidente Napolitano, sperare nel possibile accoglimento di future nuove istanze del nostro Governo e stringersi attorno ai congiunti delle vittime del terrorismo. È certo che la decisione del presidente brasiliano non appare compatibile con i principi su cui si fonda la collaborazione internazionale contro ogni forma di criminalità. Anzi, li incrina profondamente.

*Procuratore aggiunto a Milano, Coordinatore del Dipartimento antiterrorismo

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