domenica 2 gennaio 2011

Gli accordi della FIAT violano la Costituzione repubblicana


L'ho già detto, lo ripeto e non mi stancherò mai di farlo. Le trattative e gli accordi sindacali possono mettere in discussione tutto ma non la Costituzione repubblicana. Quello è un confine che non si può oltrepassare. Lo si deve rispettare sempre, senza se e senza ma, senza provare ad aggirarlo da furbetti.
Gli accordi che la Fiat sta facendo passare in questi giorni, a Mirafiori ma anche a Pomigliano, violano la Costituzione repubblicana e per questo sono inaccettabili e irricevibili.
L’art. 40 della Costituzione afferma che lo sciopero è “un diritto individuale ad esercizio collettivo”. Significa che la decisione di scioperare o meno è una decisione individuale che ogni lavoratore deve poter prendere in piena e assoluta libertà. L’intesa di Mirafiori, che obbliga ogni dipendente a firmare un accordo in cui si impegna a non scioperare contro l’accordo stesso o contro qualche sua parte, viola la Costituzione.
L’art. 39 della Costituzione assicura sia la libertà sindacale che la rappresentatività delle varie organizzazioni sindacali “in proporzione dei loro iscritti”. A Mirafiori, invece, d’ora in poi non ci saranno più rappresentanze sindacali liberamente elette dai lavoratori ma “nominate” dai sindacati che firmano gli accordi. Siccome da che mondo è mondo gli accordi si firmano in due, sarà l’azienda a decidere chi può avere rappresentanza sindacale e poco male se si arriva al paradosso per cui il sindacato con la rappresentanza più numerosa finisce fuori dalla porta.
Così, oltretutto, si sostituirà alla elezione diretta e democratica una burocrazia sindacale nominata dall’esterno che nel medio e lungo periodo finirà per avere costi costi sull’azienda e ne indebolirà anche l’autonomia, perché sarà vincolata agli apparati sindacali. Sarà un bel danno per tutti, anche per la democrazia italiana di cui l’autonomia del sindacato è stata un pilastro. Questa geniale trovata di Marchionne e della Fiat non solo fa a pugni con la Costituzione: è solo dannosa e paradossale.
Oltre alla Costituzione, peraltro, l’accordo viola anche il codice civile e le normative europee consolidate. L’art. 2112 stabilisce che, in caso di cessione d’azienda, il passaggio dei lavoratori da un’azienda all’altra deve essere diretto. A Mirafiori invece, i lavoratori dovranno essere riassunti uno per uno e lo saranno solo se firmeranno l’accordo. A casa mia questo vuol dire violare la legge.
Ma se io dico queste cose, se difendo la legge e la Costituzione repubblicana, salta subito fuori qualcuno ad accusare me e quelli che la pensano come me di essere comunisti, legati alle vecchie idee della sinistra del Novecento e di non capire niente di modernità e società globale. Lo ha fatto proprio oggi anche Dario Di Vico sul “Corriere della Sera”.
Ma scusate tanto, che c’azzeccano in questo caso il comunismo e la sinistra del ‘900? Io non entro nel merito degli accordi sindacali, difendo il confine invalicabile e sacro della Costituzione repubblicana. Casomai dovrebbero accusarmi di essere settecentesco, perché i princìpi a cui mi rifaccio sono quelli della Rivoluzione francese, “Libertà, fraternità, uguaglianza”, e la mia bussola è la convinzione secondo cui la libertà non può essere messa a disposizione del mercato. Questo principio non è né comunista né di sinistra: è il presupposto delle Costituzioni repubblicane. Di tutte e anche della nostra.
Invece la società globale con questo discorso c’azzecca eccome. Di Vico dice che un operaio libero e con dei diritti che l’azienda deve rispettare costa più di uno schiavo senza diritti. Ma questo che significa? Che in nome della società globale dobbiamo entrare in competizione con la Cina e adottare il modello cinese, dove c’è un partito unico, un sindacato unico e lo sciopero è vietato? E’ questo che vuole? E’ questo che vogliono Fassino e D’Alema? Benissimo, basta cambiare la Costituzione e decidere che d’ora in poi siamo anche noi un regime a partito unico, sindacato unico e senza diritto di sciopero.
Caro Di Vico, scusa tanto ma la strada è un’altra. La modernità di cui tanti cianciano dalla mattina alla sera non vuol dire tornare al passato, a quando le Costituzioni ancora non c’erano e i diritti non esistevano. Vuol dire inventarsi un modello costituzionale che sia pure competitivo con quello schiavistico dei regimi. E chi l’ha detto che non si può fare? La Germania lo sta facendo, e non è mica un paese all’antica o comunista.
Dire che c’è uno scontro fra una sinistra che è ferma al ‘900 e una destra moderna significa raccontare una favoletta buona per incantare la gente e fare accettare quello che è inaccettabile. Lo scontro è fra un’imprenditoria che non è più capace di costruire macchine, e quindi di venderle, e tutte le forze democratiche che dicono a quegli imprenditori: “Se non siete capaci di costruire e vendere macchine non ve la potete cavare invocando il regime. Dovete saper fare voi il vostro lavoro. Dovete trovare una soluzione passando per la via maestra della ricerca, dell’innovazione e degli investimenti”.
La Fiom è una di queste forze, una delle principali e quella oggi presa più direttamente di mira. Ma quello che accade alla Fiom non è un caso isolato o estremo. E’ la punta di un iceberg che riguarda l’intero assetto democratico in questo paese. Oggi Maurizio Landini e la Fiom combattono contro l’instaurazione di un regime e noi dell’Idv combatteremo questa battaglia con loro. Al Senato abbiamo già presentato una legge sulla rappresentanza sindacale e sulla democrazia che chiede la piena applicazione dell’art. 39 della Costituzione, proprio uno di quelli che l’accordo di Mirafiori vorrebbe stracciare una volta per tutte.
Nei prossimi giorni incontrerò Landini per concordare la costruzione di un fronte di resistenza che duri nel tempo e per far prevalere le proposte dell’Idv sulla revisione democratica della rappresentanza nel mondo del lavoro.
Ma per costruire insieme questa resistenza dobbiamo anche sbugiardare la grande menzogna che la Fiat sta raccontando. Il film che ha per regista Marchionne e per comparse il governo e persino una parte importante del Pd non ha niente a che vedere con la realtà. Non è vero che in cambio del fare a pezzi la Costituzione e i diritti dei lavoratori la Fiat si prepara a restare e investire in Italia. Al contrario, tutto dimostra che il progetto è quello di spostare la testa tecnologica e innovativa negli Usa e il corpo produttivo nelle aree dove il lavoro costa pochissimo e gli Stati sovvenzionano con denari pubblico, come il Brasile, la Polonia o la Serbia. L’Italia verrà usata come grande mercato per la vendita delle auto e come fonte di reperimento di quattrini, per poi salpare verso altre spiagge lasciando questo paese cornuto e mazziato.

2 commenti:

i glicini di cetta ha detto...

I contratti di lavoro, inoltre, possono subire variazioni solo se migliorative rispetto al preesistente.
Stano creando una nuova forma di schiavismo.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Si chiama divieto della 'reformatio in pejus'. Stanno facendo crollare tutto.