di Maurizio Viroli
Nel 2012 Berlusconi tornerà
probabilmente al potere come Primo ministro, o capo effettivo di un governo
presieduto da uno dei suoi cortigiani.
Non fate gestacci, non imprecate, non svenite: le previsioni
politiche sono sempre state e sempre saranno incerte e la mia è condizionata
dal mio pessimismo. Ma in Italia i pessimisti hanno rare volte avuto torto, e
le ragioni che sostengono la mia ipotesi sono, purtroppo, solide.
Consideriamo in primo
luogo l’uomo. Silvio Berlusconi detesta perdere ed è convinto di essere molto più vulnerabile
nei confronti dei maligni magistrati che da anni lo perseguitano, se non
controlla il governo e il Parlamento.
Un governo e un Parlamento a lui ostile potrebbero addirittura
abrogare le leggi che lo proteggono e introdurne altre che lo porterebbero
dritto agli arresti domiciliari, visto che per l’età non può andare in carcere.
Logico che pensi a uno spettacolare
ritorno, anche perché non c’è nulla (tranne forse i soldi e le grazie
femminili) che ami più degli eventi spettacolari che lo vedono protagonista.
Tutta la stampa mondiale ne parlerebbe; i suoi nemici sarebbero confusi e
umiliati; i cortigiani traditori tornerebbero da lui supplichevoli, come
resistere?
IN SECONDO luogo, non dimentichiamo che
Berlusconi non è stato sconfitto dal voto popolare o da un voto di sfiducia del
Parlamento. Chi
ha parlato di sconfitta di Berlusconi o di crollo di un regime ha esagerato. La
sua è stata piuttosto una ritirata ben concepita e ben attuata al fine di
evitare una disastrosa sconfitta e di prepararsi nel modo migliore a dare
battaglia in condizioni più favorevoli per riguadagnare il terreno concesso
agli avversari, e conquistarne dell’altro.
Di fronte all’imminente pericolo di una bancarotta dell’Italia
che avrebbe travolto lui e i suoi servi senza possibilità di rivincita ,
Berlusconi ha scelto di compiere il tanto celebrato “passo indietro” o “passo
di lato” per lasciare a Mario Monti
l’onore e l’onere di imporre le misure impopolari necessarie per affrontare la
crisi economica.
La parola chiave per capire la vicenda
politica italiana è “popolare”.
Quando Berlusconi percepirà che il governo Monti è
sufficientemente impopolare, apparirà di nuovo sulla scena proclamandosi vero e
unico rappresentate e difensore dei concreti interessi popolari offesi dai
tecnici.
Il suo biglietto da
visita saranno gli interessi immediati e il risentimento contro gli onesti
intelligenti e privilegiati.
Alle prossime elezioni (nella primavera del 2012?)
Berlusconi si presenterà inoltre come il redentore della
democrazia Italiana.
Ripeterà migliaia di volte che la maggioranza degli italiani aveva votato per
lui affinché egli potesse governarli e che il Presidente della Repubblica, un ex comunista non eletto dal popolo,
lo ha costretto a dimettersi; che ha lasciato Palazzo Chigi per senso di
responsabilità verso il bene comune della patria anche a costo di sacrificare i
propri interessi e il proprio potere; che ha deciso di ricandidarsi soltanto
perché sente il dovere di intervenire per rimediare ai danni dei tecnici
saputelli e sobri sostenuti dalla sinistra.
Con una retorica politica di questo
tipo Berlusconi ha già vinto in passato. Perché non dovrebbe vincere ancora? Gli italiani non sono cambiati dagli
inizi di novembre ed è poco probabile che cambino modo di ragionare da oggi a
marzo o aprile, quando, si dice, saranno chiamati alle urne.
Quali argomenti potrebbero opporgli i suoi avversari? La
dissennata gestione dell’economia che ha portato ai limiti della bancarotta? Sanno tutti che gli elettori hanno memoria corta. Quando si voterà, gli italiani
ricorderanno le dure misure di Monti, non la benevola comprensione di
Berlusconi nei confronti dei privilegi, delle illegalità e della corruzione.
La decisione – dettata dal più alto senso
dello Stato e dal ragionevole timore di una bancarotta immediata – di chiamare
Monti alla guida del governo anziché indire subito le elezioni è una tipica via
di mezzo fra la resa e la lotta aperta. Ma
le vie di mezzo, ammoniva Machiavelli, sono quasi sempre le peggiori.
Le elezioni avrebbero permesso di additare Berlusconi e i suoi
quali responsabili del disastro economico e di infliggergli una sconfitta dalla
quale non si sarebbe più ripreso.
UN GOVERNO nato dal tracollo elettorale di
Berlusconi e dei suoi alleati avrebbe avuto molta maggiore autorevolezza, a
confronto del governo Monti, per affrontare la crisi economica. Tanto più gravi
sono i problemi da affrontare, tanto maggiore deve essere l’autorevolezza di
chi governa. Volenti o nolenti, l’autorevolezza massima in una repubblica
democratica è quella che viene dalle elezioni. Temo che non aver
scelto le elezioni possa rivelarsi un regalo prezioso a Berlusconi. Se questo è il caso non mancherà di
approfittarne, senza neppure ringraziare. Mi auguro, ripeto, di sbagliare,
ma riflettere seriamente sul pericolo di un ritorno di Berlusconi servirà
almeno da antidoto alle massicce dosi di ottimismo, buoni sentimenti, appelli
alle risorse morali degli italiani, elogi alla ritrovata concordia e al più
sereno clima politico che da settimane ci vengono propinati.
Chi ama davvero la patria guarda in faccia ai pericoli e prepara
per tempo i rimedi.
Le facilonerie le lascia ai patrioti della domenica.
3 commenti:
Io impreco furiosamente proprio perché temo che Maurizio Viroli abbia ragione.
Anch'io ho paura,ma impreco perchè dovrei considerare una parte degli italiani, miei connazionali,degli autentici dementi o peggio una massa amorfa che ha mandato in pensione il cervello,la memoria e la dignità.
Prova a leggere questo link (vi troverai la spiegazione):http://ilgiornalieri.blogspot.com/2011/12/il-tempo-dei-pigmei.html
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