L’informazione torna centrale
ma il futuro è l’interattività
di Carlo Freccero
Siamo in epoca di oroscopi e tutte le previsioni, come gli
oroscopi, rischiano di essere vanificate da eventi imprevedibili che mutano lo
scenario delle cose.
Ogni previsione nasce da un’analisi del
presente e oggi il presente della televisione assomiglia molto a un futuro. Ci
sono stati cambiamenti drammatici per cui il medium televisivo è uscito
dall’angusto spazio dello schermo per proiettarsi in una piattaforma
plurimediale. Questo fenomeno era già stato sottolineato dalla scuola
televisiva dell’Università Cattolica di Milano osservando come i contenuti
della fiction televisiva migrino, al di fuori dello schermo tradizionale, su
altri media: computer, telefono, lettori dvd.
Questo fenomeno si è rafforzato ed esteso con
il caso Servizio Pubblico. Non solo la fiction, ma anche l’informazione sono
ormai fruibili in diretta su piattaforme multimediali: televisioni locali,
social network e pay-Tv satellitare. Prima la televisione tracimava dagli
schermi con la fiction e la multipiattaforma riguardava la fruizione differita
nel tempo di prodotti complessi, la cosiddetta coda lunga, con cui un evento
televisivo non viene consumato in un unico passaggio, ma con letture successive
reiterate nel tempo.
L’innovazione introdotta da Servizio Pubblico
è essenziale perché implica in più la diretta e l’interattività.
Il
potere della multimedialità
FACEBOOK PERMETTE di effettuare in tempo reale sondaggi
sugli argomenti proposti. Questa innovazione ha avuto conseguenze immediate. La
selezione giovani per il Festival di Sanremo si è effettuata tramite Facebook.
E l’asta delle frequenze televisive non vedrà in competizione solo editori
tradizionali, ma probabilmente gestori della telefonia o associazioni di
spettatori, come nel caso di Santoro. Questa rivoluzione mediatica che porta
dagli schermi tradizionali alla multipiattaforma, sta favorendo la crescita
delle nuove reti, come le reti della piattaforma digitale e le reti tematiche.
Nel frattempo la televisione generalista perde pubblico e anche il suo
orientamento generalista si converte sempre più in tematico. Le reti
generaliste tradizionali si indirizzano sempre più a un pubblico definito: il
pubblico generalista conservatore costituito da spettatori consolidati
intorno a generi tradizionali: la fiction per famiglie, come Don Matteo, il
varietà classico come Il più grande spettacolo di Fiorello.
Questo è il presente vincente della tv
tradizionale, legata al classico schermo televisivo. Ma oggi la tv generalista
esprime anche un bisogno, una mancanza, che dovrebbero trovare soddisfazione
nel futuro prossimo televisivo.
Il
cambiamento politico, con il passaggio a un governo di tecnici, ha cambiato
profondamente l’agenda dei media. Il genere televisivo vincente non è più l’infotrainment, ma
una domanda crescente di informazione. Il dibattito politico si è spostato
dalla credibilità di Ruby come nipote di Mubarak, a temi economici e
tecnici come lo spread dei titoli del nostro debito pubblico, rispetto ai
titoli tedeschi e il disavanzo di bilancio da azzerare per non accrescere il
debito. Il pubblico si scopre impreparato e chiede maggiori quote di
informazione. La televisione commerciale aveva realizzato la rivoluzione copernicana
per cui il palinsesto era dettato direttamente dal pubblico e l’allargamento
del pubblico portava necessariamente a un abbassamento dei contenuti. La
rivoluzione dell’audience si era estesa anche alle reti Rai e aveva quasi
completamente sopraffatto la funzione pedagogica del servizio pubblico .
Oggi temi come la crisi economica, la disoccupazione, il debito pubblico, fanno
nuovamente parte di quell’agenda dei media da cui erano stati espulsi in favore
dell’intrattenimento. La delega della direzione del paese a un gruppo di
tecnici riapre la forbice tra pubblico e sapere e ricrea alla richiesta di una
televisione pedagogica. Oggi sappiamo che la funzione pedagogica della
televisione sarebbe nuovamente necessaria, non tanto per educarci e innalzare
il nostro livello culturale, quanto piuttosto per comprendere le nostre vite.
Sino a ieri il lavoratore che perdeva il suo lavoro, valutava quell’evento come
una disgrazia privata, un accidente che colpiva lui la sua famiglia,
mentre la maggioranza, secondo una sorta di traduzione in fiction del
quotidiano, continuava ad affollare i ristoranti, a usare banche e telefonini.
La
congiuntura cambia le prospettive
OGGI LA CRISI si è manifestata nella sua dura
realtà, ma questa improvvisa presa di coscienza porta con sé anche l’uscita da
una dimensione esclusivamente privata, per ricondurre il privato a coordinate
universali. Sino a ieri il disoccupato poteva solo sperare di riciclarsi nello spettacolo,
partecipando al casting del Grande fratello. Oggi la disoccupazione è
congiunturale, non è il problema di un singolo, ma un effetto de “la fine del
lavoro”. E al singolo si contrappongono di nuovo analisi sociologiche e
soggetti collettivi. Preso atto della crisi, comprendiamo che questa crisi sta
gestendo le nostre vite ed è essenziale recuperare il controllo sull’economia,
per recuperare il controllo sulle nostre vite. Vent’anni di berlusconismo ci
hanno disabituati a gestire direttamente i nostri problemi. E dopo molto tempo
percepiamo il disagio della nostra inadeguatezza e il bisogno di una tv
pedagogica/politica.
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