di Antonio Padellaro
Caro Direttore,
sono un assiduo lettore del Fatto fin dalla sua nascita; non sono abbonato
perché preferisco comprarlo dal “mio” giornalaio per cominciare con lui i primi
commenti che poi proseguono con i “miei” interlocutori di via Ripetta (il
macellaio, il medico, il farmacista e così via).
Mi sento quindi autorizzato a dirle
che gli ultimi numeri mi lasciano interdetto.
Critica va bene ma non ad ogni costo
e comunque con espressioni adeguate: con il predecessore il compito era facile
tanto disgustosi erano i suoi comportamenti; ma ora è diverso, abbiamo a che
fare con persone che meritano “rispetto per il loro impegno e la loro
tensione morale” per dirla con Napolitano. Nel passato fui con Einaudi e De Gasperi che salvarono lira e Paese; poi con Pertini per il suo rigore; ebbi alta stima per Berlinguer;
quanto a posizione politica sono stato e sto con Bobbio.
Oggi sto con Monti, senza se e senza ma; e sto con Bersani per la fatica che un uomo dabbene
deve fare per controllare la “ciurma”. Tenga le mie osservazioni nel conto che
crede; ma non deludete quanti guardano alla concordia per il bene del Paese.
Con i più vivi auguri.
Carlo L.
Ho scelto questa lettera perché
esprime in modo affettuoso ma severo un’opinione abbastanza diffusa tra i
lettori del Fatto, e mi consente quindi una riflessione sul nostro giornale mentre finisce un anno e ne
comincia un altro.
Davvero stiamo esagerando con le
critiche a Monti? Davvero non ci rendiamo conto di quanto siano autorevoli e
perbene coloro che ci governano adesso, soprattutto se paragonati al Caimano e
alla sua banda? Davvero non comprendiamo che hanno la salvezza dell’Italia
nelle loro mani e che bisognerebbe lasciarli lavorare in pace?
Cercherò di rispondere. Prima, però, un passo indietro.
Quando nel novembre scorso, a causa
del catastrofico spread e grazie (forse) a una telefonata della Merkel al
Quirinale, il regime berlusconiano venne giù come un castello di fango, fummo a
lungo molestati da chi malignamente ci chiedeva: e adesso che cosa scriverete ?
Pronosticandoci una rapida emorragia di copie e magari la chiusura. Beh, un
lieve calo c’è stato, dobbiamo ammetterlo, ma solo perché non avevamo previsto
che nei mesi estivi, quando complici le vacanze solitamente i quotidiani
vendono di meno, il Fatto sarebbe andato letteralmente a ruba. In quelle
settimane la tensione per il rischio di default causato da un governo tra i più
dissennati (le quattro o cinque inutili manovre) era alle stelle.
Fino a deflagrare nell'indimenticabile 13 novembre con la cacciata di Berlusconi, le famose monetine e la folla osannante.
Fino a deflagrare nell'indimenticabile 13 novembre con la cacciata di Berlusconi, le famose monetine e la folla osannante.
È chiaro che il boom di copie e di
ascolti tv di quei giorni non poteva durare. Lo sapevamo: l'overdose di escort,
leggi vergogna, barzellette sporche, pessime figure internazionali e
mascalzonate varie che a lungo avevano mantenuto l'informazione tutta in uno
stato di sovreccitazione avrebbe rapidamente esaurito il suo effetto.
Era arrivato il professor Mario Monti. La quiete dopo la
tempesta. Il silenzio dopo l'orribile frastuono.
Ma soprattutto un bisogno diffuso di armonia, di serenità, di adesione “senza
se e senza ma” ai salvatori della patria: gli
stessi sentimenti così bene espressi da Carlo L. e che sono un po’ lo
spirito del tempo che viviamo.
A Carlo diciamo che il Fatto non è nato contro Berlusconi ma durante Berlusconi. Che la nostra piccola missione non
era quella di abbattere il tiranno (non spettava a noi) ma di affermare un
principio: anche in Italia si può
fare giornalismo vero senza chiedere il permesso a nessuno e affidandosi solo
all'autonomia di chi scrive e alla fiducia di chi legge.
Abbiamo giudicato l'arrivo di Monti e
della sua squadra un'ottima notizia, lo abbiamo scritto e continueremo ad
affermarlo. Ma se i cittadini hanno tutto il diritto di esprimere il loro
appoggio incondizionato, ciò a chi fa dell'informazione vera non è consentito. Quando l'arrivo dei tecnici è stato salutato da un'alluvione di
melassa con l'elegia della sobrietà, del loden sobrio, del trolley sobrio e del
taglio dei capelli sobrio non potevamo certo tacere e ci abbiamo riso sopra. E quando, subito, abbiamo scoperto
che un superministro come Corrado
Passera era gravato da un pesante
conflitto d'interessi con il suo precedente incarico al vertice di
Intesa Sanpaolo, lo abbiamo scritto a chiare lettere. Ma se all'inizio eravamo
in perfetta solitudine che ieri sul Corriere
della sera, Milena Gabanelli e Giovanna Boursier abbiano richiamato il
titolare delle Infrastrutture a una
maggiore trasparenza non può che farci piacere.
Sappiamo bene che la manovra era
indispensabile ma se in essa al di là degli annunci rassicuranti troviamo molto
rigore, poca equità e niente sviluppo, dobbiamo forse tacerlo in omaggio alla
“tensione morale” di chi l'ha varata?
Certo, possiamo sembrare dei
rompiscatole quando solleviamo il problema delle frequenze tv che non possono essere regalate a Mediaset. O quando denunciamo lo scandalo
delle licenze gratis ai boss delle slot machine. O quando raccontiamo lo scandalo dei vitalizi distribuiti a piene mani dalla giunta Polverini. O quando pubblichiamo le incredibili note spese dell'Agenzia del territorio diretta guarda caso dalla sorella di
Alemanno.
Che poi il premier ironizzi sulle 30 uova di struzzo decorate e donate “per esigenze di rappresentanza” non ci
dispiace affatto. Ma se i suoi encomiabili propositi di tagliare le unghie
rapaci della casta resteranno lettera morta, lo scriveremo proprio per la stima
che abbiamo di lui.
Sul primo numero del Fatto assicurammo che non avremmo fato
sconti a nessuno.
Lo ribadiamo con forza anche se in certi casi avvertiamo anche noi il rischio di una critica che
può indebolire l’ultima carta che possiamo giocarci per non finire tutti quanti
nel burrone. Ma non c’è governo e non c’è emergenza che possono impedire alla
libera stampa di fare il suo lavoro. Né può funzionare il sottile ricatto
morale del “se non stiamo attenti torna Berlusconi”. Per la verità questo Monti
non ce lo chiede. E siamo convinti che non ce lo chiederanno neppure i nostri
lettori in forza del patto che abbiamo stretto con loro.
PS. Malgrado
l’assenza di Berlusconi e delle sue girl il Fatto continua a godere di ottima
salute. Sì, possiamo farne tutti quanti a meno. Auguri di un felice 2012.
Antonio Padellaro
2 commenti:
buon fine anno e miglior inizio,
amico mio.
un bacio ai nipotini.
Ciao Mandi, buon anno a tutti in famiglia.
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