C’erano «una serie di elementi convergenti», tra cui «dichiarazioni» di testimoni, «intercettazioni», appunti «su agende» e «riscontri oggettivi», che dimostravano, all’epoca delle indagini, che Ruby «compiva atti sessuali a pagamento» alle serate ad Arcore. Lo ha spiegato il funzionario capo della polizia giudiziaria di Milano, Marco Ciacci, nel corso della sua testimonianza al processo milanese, che vede imputato Silvio Berlusconi per concussione e prostituzione minorile. Ciacci, nel corso della scorsa udienza, rispondendo alle domande della difesa, aveva chiarito che gli elementi che avevano portato ad indagare sui presunti rapporti sessuali tra l’ex premier e Ruby erano le dichiarazioni a verbale di Caterina Pasquino, l’ex coinquilina della giovane marocchina, e di Giuseppe Villa, imprenditore e titolare di un bar.
Oggi, rispondendo ad una domanda del pm di Milano Antonio Sangermano, l’investigatore ha specificato che sugli «atti sessuali a pagamento» di Ruby c’erano una «serie di elementi convergenti», tra cui le dichiarazioni di Pasquino e Villa, che «collocano la ragazza in un contesto di eventi in cui c’era il compimento di atti sessuali dietro compenso». E la partecipazione a questa serie di eventi, ossia le cene ad Arcore, ha aggiunto l’investigatore, «è stata ricostruita con le intercettazioni e da molteplici conversazioni telefoniche, tra cui una di Ruby con Luca Risso (il suo fidanzato, ndr) del 6 ottobre 2010». Rispondendo ad alcune domande dell’avvocato Niccolò Ghedini, poi, Ciacci ha spiegato che dopo la famosa notte del 27-28 maggio 2010, quando Ruby venne rilasciata dalla Questura, la «presidenza del consiglio» non intervenne più quando, ad esempio, a giugno fu necessario per tre volte ricollocare Ruby in altre comunità. Come è emerso da una domanda del pm, però, da giugno a «interessarsi» della ragazza fu, come ha chiarito Ciacci, Lele Mora.
lunedì 12 dicembre 2011
Racconti, intercettazioni e indizi "C'è la prova che Ruby si prostituiva"
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