IERI HA VIAGGIATO DI
NUOVO A QUOTA 500 IL NODO-CRESCITA E L’INCOGNITA DEL MILLEPROROGHE
Rieccolo. Ce l’eravamo già un po’ dimenticato, ma lui non si è
scordato di noi: lo spread è tornato sopra quota 500 punti. Anzi, è arrivato a
520 per poi chiudere a 496, come dire che i nostri titoli di Stato a 10 anni
rendono fino al 5,2 per cento in più degli omologhi tedeschi, per la precisione
il 7,22 per cento.
Solo motivazioni tecniche, non è un tracollo di fiducia, avverte
il ministero del Tesoro che, già la scorsa settimana, aveva messo le mani
avanti: la colpa è tutta “da ricondurre ad un aggiornamento dei sistemi
informativi di una delle principali piattaforme elettroniche che fornisce tale
informazione al mercato e alla stampa”.
In vista dell’anno nuovo cambia il parametro di riferimento con
cui misurare la distanza di credibilità dalla Germania, non più il Btp che
scade nel 2021 ma quello che scade nel marzo 2022.
Tutto normale, quindi. Come è normale, per quanto inedito,
che l’Istat non abbia ancora dato le stime di crescita del Pil sul 2012, e
neppure sull’ultimo trimestre del 2011: anche in questo caso c’è una
motivazione tecnica dovuta a un aggiornamento della base di dati su cui si
misura, l’Istat minaccia addirittura di querela chi azzarda retropensieri. Però
un effetto collaterale di questo ritardo è stato che il governo ha potuto impostare
la manovra “salva Italia” con una previsione di recessione ferma al -0,5 per
cento stimato qualche mese fa. Ben diverso sarebbe stato il quadro aggiornando
la frenata del Pil al -1,6 per cento calcolato da Confindustria pochi giorni fa.
“É MOLTO PROBABILE che ci sia un’altra
manovra in base a questi dati. Penso che non sia giusto farla ma è probabile
che ci sia”, ha commentato un redivivo Giulio Tremonti intervistato da Lucia Annunziata su Rai3, domenica. L’ex ministro del Tesoro, pur
avendo lasciato una situazione infelice al suo successore Mario Monti, critica i contenuti del decreto “salva Italia” e
ipotizza correttivi già entro fine anno, magari con lo strumento in perfetto
stile prima Repubblica del decreto Milleproroghe, salsicciotto istituzionale adatto
a raccogliere le frattaglie dell’attività governativa e parlamentare che non
hanno trovato altra collocazione.
“Nessuna manovra ulteriore, abbiamo messo l’Italia in
sicurezza”, ha replicato sempre domenica e sempre su Rai3 Corrado Passera, ministro dello Sviluppo. Mentre ieri Silvio Berlusconi, in una pausa del processo Mills in cui è imputato, ha
sottolineato l’ovvio: “Tutte le manovre portano alla recessione. Può darsi
che si debba vararne un’altra”. E poi, concedendosi un po’ di revisionismo
storico forse precoce o di propaganda pre-elettorale: “Con il mio governo siamo
riusciti a tenere i conti in ordine senza imporre nuove tasse, soltanto con il
taglio delle spese”. Giudizio su cui in pochi, perfino nel suo partito,
concorderebbero.
L’altra manovra è probabile ma non scontata: Monti si è
impegnato a raggiungere il pareggio di bilancio (deficit zero) nel 2013,
passando per il risultato del rapporto tra deficit e Pil nel 2012. É chiaro che
se la crescita sarà -1,6 per cento invece che -0,5, questi obiettivi sfumano.
Due opzioni: o si interviene con altri tagli e tasse (che nella manovra attuale
pesano per 30 miliardi) o si spera nella crescita.
SEMPRE CHE LE COSE non degenerino in fretta a livello
europeo: “L’euro non sopravviverà se l’Italia sarà costretta al default perché
il suo governo non riesce a rifinanziare i 1500 miliardi in scadenza ogni
anno”, ha scritto ieri sul sito Voxeu.org l’economista Daniel Gros, da sempre uno degli osservatori più scettici sulle
prospettive dell’Italia. Il presidente della Bce Mario Draghi, ha ribadito per l’ennesima volta che la Bce si
limiterà a fornire liquidità illimitata alle banche, non agli Stati, nella
speranza che queste poi usino i soldi a basso costo ottenuti da Francoforte
per sottoscrivere debito pubblico ad alto rendimento (Nicolas Sarkozy ha invitato gli operatori a farlo). Ma è Draghi
stesso ad ammettere che non c’è alcuna garanzia che lo facciano e che la Bce
non pone alcun vincolo in questo senso: “Saranno loro a decidere l’uso migliore
di questi fondi”. Le banche italiane beneficeranno di un doppio aiuto, i soldi
della Bce e la garanzia dello Stato offerta dalla manovra per le passività di
nuova emissione. Anche di questo hanno parlato Mario Monti e il governatore di Bankitalia Ignazio Visco nell’incontro di ieri.
Ma nessuno è sicuro che queste misure siano
abbastanza. E quindi i ministri economici della zona euro ieri hanno attuato le
decisioni prese dai capi di governo la settimana scorsa: daranno 150 miliardi
al Fondo monetario internazionale, che li potrà usare nel caso all’Italia o
alla Spagna serva un prestito di emergenza. E l’Italia dovrà pagare un premio
salato per questa assicurazione sulla vita: la sua quota da versare e di 23,5
miliardi di euro. Dove Monti li troverà, per ora, non è chiaro.
Ste.
Fel.
Nessun commento:
Posta un commento