PAOLO FLORES D’ARCAIS
“Non lo permetteremo”. “Non si può”. “Questo mai più”. Sono solo
tre parole. Potrebbero ridursi a due: “Basta profittatori”. Per scandirle
con la solennità dovuta non si impiegano più di cinque secondi. Com’è
possibile, senatore Monti, che lo spazio per questi cinque secondi
Ella non li abbia ancora trovati? Ha forse deciso di lasciare in esclusiva
l’onore di questo doveroso e improcrastinabile monito al capo dello Stato, che
siamo certi aprirà con questi accenti il suo messaggio di Capodanno?
Perché davvero l’arroganza della Casta ha ormai travolto ogni argine non diciamo della decenza (quell’argine è stato picconato da anni) ma della soglia emetica: le recenti grassazioni legali della Regione Lazio, pronuba la signora Polverini, sono farmacopea da vomito continuo per ogni cittadino ancora degno del nome. E le porcherie analoghe – al centro e alla periferia e in ogni ganglio del potere – hanno nome “legione”. Davvero non si rende conto, signor Presidente del Consiglio, che se di fronte alla Casta che continua a dilapidare il danaro pubblico per prebende e pensioni ai propri amici e amici degli amici, Ella finge di non vedere e di non sentire, si fa complice?
Perché si pecca per atti ma anche per omissioni, ce lo insegnano al catechismo fin da bambini, Ella che va a messa ogni domenica lo sa meglio di noi. Perciò quelle due o tre parole, quei cinque secondi di senso dello Stato, ce li aspettiamo. Sono un atto dovuto. Non certo per equità, di cui non c’è traccia nelle sue misure legislative benché ce ne sia overdose nelle sue porta-a-porta, ma per un più irrinunciabile senso del pudore, che anche in un governo dalla parte dei privilegiati non dovrebbe mancare, sia pure in dosi omeopatiche.
Gli uomini e le donne della Casta hanno il potere di imporre sacrifici, tagliare pensioni già di sopravvivenza, tassare tenori di vita non lontani dalla povertà. Lo stanno facendo senza risparmio e con qualche penosa lacrima di coccodrillo. Non possono, nello stesso fiat, con quelle tasse arricchirsi e arricchire sodali devoti, omertosi complici e altri “compagni di merende”. Perché non sarebbero più tasse, sarebbe bottino, sarebbe rapina, sarebbe infamia. Vorrebbe dire giustificare ogni montare della collera nel “terzo Stato”, fino all’odio.
Sarebbe istigazione a delinquere, perversa volontà di sciogliere ogni “contratto sociale”, che giustificherebbe ogni eccesso di rivolta. Quei cinque secondi di verità e di decenza sono il debito minimo che Ella deve onorare con gli italiani onesti.
Il Fatto Quotidiano, 27 Dicembre 2011
Perché davvero l’arroganza della Casta ha ormai travolto ogni argine non diciamo della decenza (quell’argine è stato picconato da anni) ma della soglia emetica: le recenti grassazioni legali della Regione Lazio, pronuba la signora Polverini, sono farmacopea da vomito continuo per ogni cittadino ancora degno del nome. E le porcherie analoghe – al centro e alla periferia e in ogni ganglio del potere – hanno nome “legione”. Davvero non si rende conto, signor Presidente del Consiglio, che se di fronte alla Casta che continua a dilapidare il danaro pubblico per prebende e pensioni ai propri amici e amici degli amici, Ella finge di non vedere e di non sentire, si fa complice?
Perché si pecca per atti ma anche per omissioni, ce lo insegnano al catechismo fin da bambini, Ella che va a messa ogni domenica lo sa meglio di noi. Perciò quelle due o tre parole, quei cinque secondi di senso dello Stato, ce li aspettiamo. Sono un atto dovuto. Non certo per equità, di cui non c’è traccia nelle sue misure legislative benché ce ne sia overdose nelle sue porta-a-porta, ma per un più irrinunciabile senso del pudore, che anche in un governo dalla parte dei privilegiati non dovrebbe mancare, sia pure in dosi omeopatiche.
Gli uomini e le donne della Casta hanno il potere di imporre sacrifici, tagliare pensioni già di sopravvivenza, tassare tenori di vita non lontani dalla povertà. Lo stanno facendo senza risparmio e con qualche penosa lacrima di coccodrillo. Non possono, nello stesso fiat, con quelle tasse arricchirsi e arricchire sodali devoti, omertosi complici e altri “compagni di merende”. Perché non sarebbero più tasse, sarebbe bottino, sarebbe rapina, sarebbe infamia. Vorrebbe dire giustificare ogni montare della collera nel “terzo Stato”, fino all’odio.
Sarebbe istigazione a delinquere, perversa volontà di sciogliere ogni “contratto sociale”, che giustificherebbe ogni eccesso di rivolta. Quei cinque secondi di verità e di decenza sono il debito minimo che Ella deve onorare con gli italiani onesti.
Il Fatto Quotidiano, 27 Dicembre 2011
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