di GIOVANNI VALENTINI
Con la brutalità e la rozzezza connaturate alla sua identità, il regime televisivo non poteva escogitare uno strumento migliore del diktat estivo sui talk-show della Rai per dimostrare quanto sia fondato l'allarme sulla libertà d'informazione in Italia. Nel mezzo della sua crisi più grave, il governo Berlusconi impone un nuovo black-out al servizio pubblico, dopo quello pre-elettorale delle ultime regionali, nel disperato tentativo di occultare la propria debolezza e precarietà. Un'altra operazione di censura preventiva, attuata con la compiacenza del vertice di viale Mazzini, per mettere la sordina ai dissensi e alle critiche, per impedire il confronto alla luce del sole e quindi per escludere gran parte dell'opinione pubblica dal dibattito democratico.
Nel Paese dei cittadini teledipendenti, si realizza così il paradosso che
È dunque un'informazione sotto sorveglianza, in libertà vigilata, quella che
Ma non c'è solo l'arroganza o la protervia della videocrazia in questa deriva illiberale. C'è soprattutto l'impotenza di un governo che sente ormai franare il terreno sotto i piedi, chiuso nel bunker del proprio isolamento, vacillante sul vulcano delle tensioni interne alla sua ex maggioranza, nell'angoscia esistenziale degli ultimi giorni di Pompei. E allora, tenere il più possibile all'oscuro il popolo della libertà negata diventa allo stesso tempo un bisogno e un'illusione, un bisogno di sopravvivenza e un'illusione di forza estrema.
Siamo evidentemente all'epilogo, insieme drammatico e grottesco, di una stagione della vita politica italiana che è durata fin troppo. Può anche darsi che questa fase di logoramento ed esaurimento duri ancora per qualche tempo, oltre l'estate o magari oltre l'autunno. È chiaro, tuttavia, che la fine è già cominciata e prima arriverà meglio sarà per il Paese e per tutti noi.
Con i detriti del malcostume e della corruzione, l'agonia del berlusconismo minaccia ora di trascinare con sé l'economia nazionale, l'assetto democratico dello Stato, l'equilibrio tra i poteri istituzionali. E di travolgere perfino quel tanto di etica civile che ancora ispira buona parte della popolazione, di destra o di sinistra. Non c'è black-out televisivo che possa nascondere a lungo un tale degrado: prima o poi, i riflettori si accenderanno fatalmente sulla crisi di un sistema di potere incline a fare politica per fare affari e più volentieri malaffari.
Un regime fondato sulla televisione, sul controllo dell'informazione o disinformazione televisiva, tenta dunque di ricorrere in extremis prima al bavaglio per la stampa e poi al silenzio della stessa tv per ingannare ancora una volta i cittadini, condizionare l'opinione pubblica e manomettere il consenso popolare. Ma in estate - si sa - fortunatamente la gente in vacanza legge di più i giornali e guarda meno la televisione. E forse avrà anche più tempo per riflettere e giudicare con maggiore libertà.
(04 agosto 2010)
4 commenti:
Glielo dicevo io che quel ddl. sarebbe stata la zappa su i auoi piedi..mai toccare internet.. mossa sbagliata!!
Normale che avrebbe oscurato la sua cara e amata TV affinchè non divulghi che il re.. è in agonia.. quasi quasi gli mando un talismano per affrettare le cose, la sofferenza la trovo disumana :))
Che fai, riti voodu?
Sono poliedrica e mi dico sempre che non è mai troppo tardi per imparare cose nuove.. o no??
GIUSTO!
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