giovedì 29 maggio 2008

AEREOPORTO DEDICATO A UN FANTASMA


Armando Voza

L’apertura dell’aeroporto Salerno-Pontecagnano è imminente (almeno così si dice) e ancora la disputa sul nome da dare alla struttura è ancora aperta.

Qualche tempo fa correvano nomi del tipo “aeroporto dei Picentini”, “aeroporto Costa d’Amalfi” e, più recentemente, su iniziativa di un’associazione ebolitana Voci di donne “aeroporto Umberto Nobile”, probabilmente il più appropriato.

Come dal nulla qualche mese fa sui giornali locali è apparsa una notizia che ha destato grande scalpore. Il Consorzio che gestisce la struttura aveva votato a favore di una delibera nella quale si dava all’aeroporto il nome di Flavio Gioia.

Ammettendo la mia ignoranza, non ho esitato a fare subito una ricerca su internet per capire chi fosse questo personaggio e, udite-udite, questo tal Flavio Gioia è un personaggio di fantasia, un uomo che non è mai esistito: un personaggio immaginario al quale la tradizione ha voluto attribuire l'invenzione della bussola.

Da un sito su internet ho tratto queste informazioni che offro all’attenzione dei lettori.

L'Enciclopedia Treccani offre una dettagliata descrizione in merito, partendo dall'errore commesso da G.G. Giraldi che nella sua opera De re nautica (1540) attribuì senza'altro l'invenzione della bussola “a tale Flavio di Amalfi”. Indicato dagli scrittori posteriore come Flavio di Amalfi o Flavio Campano, diventò finalmente Flavio di Gioia a opera dello storico Mazzella nella Descrizione del Regno di Napoli. Evidentemente il Mazzella voleva indicare correggendo, quello che a suo parere era il vero luogo natìo del presunto Flavio, e non il suo cognome. In seguito la particella “di” scomparve e rimase quindi definitivamente il nome Flavio Gioia. In sostanza tutta la vicenda parte dalla deformazione del nome di Flavio Biondo che nel 1453 (circa) diede notizia nella sua Italia Illustrata che la bussola era stata perfezionata dagli amalfitani.

La bussola, per uso nautico, era nota in Cina sin dal quarto secolo dopo Cristo. Tra i primi a servirsi della bussola nel Mediterranneo furono i marinai amalfitani nei loro viaggi verso l'Egitto e la Siria, perfezionandola e diffondendola intorno al 1100-1200 quando i trasporti e i commerci iniziarono a moltiplicarsi anche sotto la spinta delle Crociate.

Lo scultore cavese Alfonso Balzico (Cava 1825 - Roma 1901) era stato molto colpito dal personaggio di Flavio Gioia tanto che gli dedicò ben due lavori. Uno all'inizio della sua carriera artistica e uno in età più matura.

Come ricorda il professor G. Trezza, biografo del Balzico, lo scultore realizzò - intorno ai 27 anni - un busto colossale di Flavio Gioia (riportato dalla rivista Poliorama, novembre 1853) e secondo Michele Lassona, altro biografo del Balzico, il busto doveva trovarsi nella reale Accademia delle Belle Arti di Napoli. Il modello in gesso, oltre il naturale, si trova adesso nella Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma.

La seconda volta che Balzico dedicò la sua attenzione al “personaggio Flavio Gioia” fu quasi alla fine del secolo scorso. L'opera è ad Amalfi e per la sua realizzazione lo scultore utilizzò come modello il busto che tanti anni prima aveva lavorato. La rivista Il Torneo (12 agosto 1892) narra: “zitto, zitto, tranquillo, tranquillo, ne modellò la statua nel suo studio di Santa Susanna in Roma: il Flavio Gioia, col il suo abito marinaresco del '300 fissa l'occhio sulla scatoletta della bussola, e col dito della mano destra segue la direzione dell'ago. Sul volto maschio è come l'accenno di un sorriso, e nell'occhio malizioso brilla il pensiero dell'uomo, che dice allo strumento: te l'ho fatta!

Docente di matematica, divulgatore di grande successo internazionale, ma soprattutto figlio di un comandante di marina che lo ha portato con sé in molti viaggi attraverso gli oceani, Amir D. Aczel, la trama del suo libro dal titolo "L'enigma della bussola" parte proprio da Amalfi, dove un monumento ricorda Flavio Gioia, gloria cittadina e “inventore della bussola” nel 1302. Ma, come scopre ben presto Aczel consultando la biblioteca locale, Flavio Gioia fu solo un personaggio leggendario che riuniva in sé le capacità nautiche e imprenditoriali della gloriosa Repubblica marinara di Amalfi, bruscamente decaduta dopo il rovinoso maremoto del 1343 che ne distrusse completamente il porto mai più ricostruito.

Allora chi inventò veramente la bussola magnetica, lo strumento che consentì di solcare i mari in qualunque stagione e con qualunque tempo, superando l'aleatorietà dei venti, del cielo stellato e del volo degli uccelli?

L'invenzione ha in realtà molte date di nascita e molti padri distribuiti un po' in tutto il mondo. Pare che i cinesi usassero oggetti di magnetite fin dal primo secolo dopo Cristo non per navigare, ma per trarne oroscopi e orientare gli edifici secondo le regole del feng shui. La bussola vera e propria debuttò comunque nel Mediterraneo alla fine del Duecento, probabilmente sulle navi della Repubblica veneziana, anche se sembra che a farla conoscere agli armatori veneziani non sia stato Marco Polo, ma i mercanti arabi. Al fantomatico Flavio Gioia andrebbe dunque solo il merito di aver reso questo strumento più pratico ed efficace.

Il prof. Trezza ricorda che nel 1892 a Genova fervevano preparativi per festeggiare il quarto centenario della scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo e anche ad Amalfi si pensò di commemorare colui che, secondo il verso del Panormita, la rese gloriosa: “primam dedit mautis usum magnetis Amalphis" e additò il cammino ai grandi viaggiatori. Nella città salernitana si seppe che lo scultore Balzico, all'epoca residente a Roma, aveva già realizzato un Flavio Gioia e pare che tal Nicolangelo Protopisani, facoltoso amalfitano offrì allo scultore un anticipo di 4.000 lire per la realizzazione di una statua del Gioia, promettendone altre seimila alla fine del lavoro. Ma gli amalfitani non misero assieme la restante somma e il Balzico chiese l'annullamaneto del contratto.

La statua, però era stata fatta e partecipò anche all'Esposizione Universale di Parigi (1900), ottenendo in premio una medaglia d'oro. Terminata la mostra parigina, la statua tornò a Roma il 2 febbraio 1901 proprio mentre il grande scultore moriva. Il Flavio fu esposto poi per molti anni al Museo Balzico a Roma, museo privato inaugurato nel 1907 dalla
Regina Margherita.

Successivamente alcune opere dell'insigne artista, destinate a Cava de' Tirreni, furono rifiutate e quando gli eredi del Balzico nel 1917 decisero di chiudere il museo privato, donarono tutte le opere alla Galleria di Arte moderna e Contemporanea di Roma.

La statua di Flavio Gioia fu acquistata dalla città di Amalfi. L'inaugurazione avvenne nel 1926 in piazza Duomo. In tempi più recenti l'opera però venne trasferita nel piazzale antistante, nel luogo ove tuttora è collocata.

Nel frattempo restiamo in attesa dell’inaugurazione dell’aeroporto salernitano sperando che questi signori si ravvedano per evitare, un giorno, si aggiungere “scuorno” per i tempi biblici occorsi per l’apertura a “scuorno”, per un nome di una persona che non esiste.

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