venerdì 31 luglio 2009

"Il clan appoggiava il simbolo col sole". La gola profonda racconta il sistema

Il pm Desireè Digeronimo

BARI - I voti, tre tornate elettorali distinte, la criminalità organizzata, un pentito. E poi un sole, attorno al quale ruota tutto quanto il resto. C'è anche questa storia agli atti d'indagine della procura di Bari, un tassello che fa ipotizzare al pm Desireè Digeronimo l'aggravante mafiosa. La vicenda comincia a fine maggio, qualche giorno prima del primo turno delle elezioni comunali a Bari. Davanti alla Digeronimo, che solitamente si occupa di malavita, è seduto Giacomo Valentino, il numero due del clan Strisciuglio, il più importante a Bari, pentitosi da qualche mese. Parlano di racket e di droga, quando il capo della Squadra mobile, Luigi Liguori, gli chiede: "Durante le elezioni come vi comportate?".

Valentino sorride e racconta. "Io sono uscito a fine 2004 e so qualcosa delle elezioni regionali del 2005. C'era qualcuno che ci chiedeva i voti - dice, in sintesi - e noi davamo il nostro appoggio elettorale: i soldi arrivavano perché attaccavamo i manifesti ma soprattutto perché ci davano una mano con i circoli".

Siamo al quartiere Libertà, il regno degli Strisciuglio. "Facevano risultare le associazioni come sezioni di partito, così non avevamo problemi con la polizia e potevamo rimanere sempre aperti". Ma chi pagava? "Non lo so, a me la politica non interessa - risponde Valentino - Era mio fratello che gestiva la cosa. Comunque mi sembra che erano quelli con il simbolo del sole".

Il primo interrogatorio finirà lì. Poi Valentino, difeso dall'avvocato Gianfranco Grandaliano, sarà ascoltato in almeno altre due occasioni dagli uomini del comando operativo dei carabinieri che hanno preso in mano l'indagine. Il capitano Michele Cataneo gli chiederà una serie di riscontri e Valentino li offrirà, fino a identificare anche una persona. Ma chi sono quelli con il simbolo del sole?

A quella competizione hanno il sole due partiti: i Socialisti autonomisti (un computer e dietro un sole) di Alberto Tedesco e il Partito socialdemocratico (Psdi) di Mimmo Magistro. I due movimenti a quelle elezioni corrono insieme, con un logo che raccoglie entrambi i simboli e quindi tutti e due i soli. Dopo le regionali del 2005, poi, si divideranno: Tedesco a sinistra e Magistro a destra.

I carabinieri, però, seguendo la traccia dell'apertura dei circoli proseguono le indagini e si rendono conto che il sistema non cambia: dalle politiche del 2006, quelle del 2008 fino alle comunali del 2009 molti di quei circoli restano aperti. Alcuni rimarranno nella disponibilità del Psdi, altri invece passeranno con un altro partito del centrodestra gestito dalla terza persona identificata da Valentino.

Spiega Magistro, che è anche segretario nazionale del Psdi: "Io di questa storia non so nulla. E' vero che abbiamo circoli in quel quartiere ma è anche vero che abbiamo dato mandato di chiuderli nei giorni scorsi: non abbiamo avuto riscontri a queste amministrative, significa che non hanno votato per noi alle elezioni". Dice invece Tedesco: "Io questo Valentino non so nemmeno che sia. E poi se avesse fatto riferimento al mio simbolo avrebbe indicato il computer, che era in primo piano, e non il sole".

(31 luglio 2009)

La prova che Berlusconi è mafioso

Papi Berlusconi: prostitute e cocaina ai suoi festini.. ecco come ci vedono all'estero

Governo, 15 mesi di vita spericolata


di TITO BOERI


TRA i politici italiani va di moda Vasco Rossi. Oggi Berlusconi, nella conferenza stampa in cui presenterà i risultati dei primi 15 mesi del suo quarto governo, probabilmente farà molte bollicine. E cercherà di convincere tutti che il suo esecutivo è stato perfetto ed è andato al massimo. Ci lascerebbe senza parole. Quindi preferiamo scriverle prima.

Il Berlusconi IV ha effettivamente avuto una vita spericolata, nel mezzo della recessione più grave del Dopoguerra. Non sono condizioni in cui è facile governare, benché avesse tutti i numeri per farlo. La grande crisi era e rimane globale, importata dall'estero, quindi certamente non imputabile al Governo. Anche se il nostro paese era già ben avviato verso una recessione e la prima manovra economica, quella varata in 5 minuti, non ne teneva affatto conto, la crisi sarebbe stata molto meno intensa di quella stiamo vivendo. A queste turbolenze se ne sono poi aggiunte altre tutt'altro che inevitabili. Ma questo è un altro discorso.

È stato anche un Governo molto attivo. Sui media. Uno stillicidio di annunci. Serviti a guadagnare tanti titoli sulle prime pagine dei giornali, a occupare, se ce n'era ancora bisogno, ampie fasce dei Tg in prima serata. Non pochi, comunque, i provvedimenti varati. Un contrasto abissale rispetto all'immobilismo del Governo Prodi. Ma non c'è stata alcuna riforma, se non quella ancora tutta in fieri della pubblica amministrazione. Molti provvedimenti ad hoc, transitori, in deroga o in proroga. Ci lasceranno un'eredità pesante nel paese delle eccezioni e delle complessità normative. Renderanno più difficile il controllo della spesa pubblica. Se ne è già accorto l'esecutivo perché nella legge di assestamento di bilancio ha dovuto rifinanziare per 10 miliardi misure la cui entità era stata in origine sottostimata.

Rimane una distanza siderale fra dichiarazioni di principio e atti concreti. Purtroppo in Italia c'è una memoria corta. Anzi cortissima. Cerchiamo allora di ricordare, spulciando il sito www.lavoce.info
, cosa è successo di alcuni provvedimenti che hanno a lungo occupato le prime pagine dei giornali.

Il Governo è indubbiamente avviato a soluzione il grave problema dei rifiuti in Campania. Da una settimana sono anche state pubblicate le graduatorie delle università che dovrebbero servire a distribuire il 7% dei fondi di finanziamento ordinario agli atenei. Il meccanismo di riparto, a quanto si sa, rende l'intervento poco più che simbolico. Ma anche i simboli contano.

Si sono persi nel nulla la convenzione fra il ministero dell'Economia e l'Abi sui mutui prima casa e la Robin tax, che avrebbe dovuto tassare petrolieri, banche e assicurazioni. La crisi, con il calo dei tassi e dei prezzi del greggio, ha reso questi provvedimenti, già di per sé inefficaci, del tutto anacronistici. Basti pensare alle tasse trasformatesi in aiuti alle banche. Chi aveva sbandierato queste misure non si potrà certo vantare di avere previsto la crisi. Sorte analoga è toccata alla detassazione del lavoro straordinario che rischiava di aggravare ulteriormente le perdite occupazionali. Svolta a U. Roba da ritiro della patente. Ma bene essersi accorti dell'errore non troppo tardi.

Poco successo hanno avuto i Tremonti bond, varati con grave ritardo dopo che le banche avevano rischiato di essere travolte dalla tempesta. Nessuno sembra volerli, tranne forse i Prefetti che avrebbero dovuto monitorarne l'utilizzo. Caduto nel vuoto anche l'impegno a mantenere inalterati i livelli di credito concessi alle piccole imprese applicando "condizioni di credito non penalizzanti". Se è vero, come lamentato più volte dal ministro dell'Economia, che le nostre piccole imprese sono strozzate dalle banche, anche il rifinanziamento del fondo di garanzia sembra essere stato del tutto inefficace. Dei ben quattro piani casa annunciati, ne è rimasto uno, per ora solo sulla carta, che non prevede nulla a sostegno dell'edilizia popolare. Innumerevoli anche gli annunci di opere infrastrutturali. Anche quei pochi progetti approvati riceveranno dal Cipe "finanziamento parziale", uno stratagemma per aprire i cantieri, ma creare in partenza le condizioni perché, come sempre, le opere non vengano completate.

Non si è persa nel nulla l'abolizione dell'Ici sulla prima casa. Come pure il blocco delle addizionali Irpef (comunali e regionali) e Irap. Ma a questo punto la legge delega sul federalismo fiscale, che predica l'autonomia tributaria, "un senso non ce l'ha". Singolare che queste misure vengano oggi sbandierate nei documenti del governo, come volte a "sostenere i redditi e di ridurre la pressione fiscale". Peccato che sia il blocco delle addizionali che la riduzione dell'Ici siano stati introdotti a pressione fiscale invariata. Significa che verranno coperte da altre tasse, quelle che tipicamente colpiscono il lavoro. Oppure sui poveri. Per non "mettere le mani nelle tasche dei cittadini", si è infatti fatto ampio ricorso a imposte sui giochi, tasse che colpiscono i ceti meno abbienti. Non si è persa traccia neanche delle misure che servono a proteggere da scalate i gruppi di controllo delle nostre società (ad esempio riducendo i vincoli all'acquisto di azioni proprie).

Chi invece non è stato protetto sono i più poveri. Molti i "titoli" sul contrasto della povertà: dal bonus famiglia, alla social card, al fondo di credito per i nuovi nati. Misure una tantum, poco più che simboliche e troppo selettive per raggiungere chi davvero ne ha bisogno. I dati Istat di ieri confermano che l'Italia, più di altri, vede crescere drammaticamente la povertà durante le crisi. Il fatto è che non ha strumenti universali di contrasto alla povertà. E i nostri ammortizzatori sociali sono pieni di buchi. Lo sapeva questo governo (a dispetto delle dichiarazioni sui nostri ammortizzatori "migliori del mondo"). Lo sapevano anche i Governi di centro-sinistra che non avevano fatto questa riforma. Ma con una crisi così dura all'orizzonte la riforma era davvero improrogabile. Non ci sono attenuanti per questo operato.

Poco consola il fatto che Alitalia, che continua a perdere 2 milioni al giorno nonostante alcuni incredibili titoli di giornale, sia stata privatizzata. Lo Stato ha incassato poco più di 1 miliardo per cedere, inter alia, 64 aeromobili, tutti i diritti di atterraggio e decollo e il marchio. Lasciando in eredità al contribuente una massa debitoria, di gran lunga superiore a quanto incassato.

Infine, nell'anno del G8 e delle grandi dichiarazioni sui sostegni all'Africa, sono state quasi dimezzate le risorse per la cooperazione allo sviluppo. E i famosi Global Legal Standards, che promettono battaglia senza quartiere ai paradisi fiscali e all'evasione fiscale, sono stati approvati appena in tempo per fornire una cornice all'introduzione dello scudo fiscale, un premio a chi ha esportato illegalmente capitali e alle organizzazioni criminali. Sulle intenzioni di questo governo nella lotta all'evasione fanno testo lo smantellamento di un insieme di importanti provvedimenti di prevenzione dell'evasione e la riduzione delle sanzioni in caso di mancato o ritardato pagamento delle imposte. La riduzione dei controlli sui posti di lavoro, volti a prevenire il lavoro nero, ci espone ancor di più al rischio di immigrazione clandestina, che sfrutta proprio l'ampia area di irregolarità presente nel nostro paese. Bene ricordarsi che i disperati che arrivano sulle coste siciliane rappresentano meno del 10% dei clandestini che oggi arrivano in Italia. In Africa si è troppo poveri per emigrare. È l'unica area del mondo rimasta in gran parte tagliata fuori dai grandi flussi migratori degli ultimi due decenni. Ma abbiamo fatto patti col diavolo pur di non far arrivare gli africani da noi.

(31 luglio 2009)

Cruciverba per burlarsi della politica



UNA "settimana enigmistica" per ridere della sinistra e, quindi, anche di se stessi. Il 31 luglio il Manifesto avrà in allegato una nuova iniziativa editoriale. Si intitola "La sinistra enigmistica" e contiene parole crociate, puzzle, quiz, test, anagrammi e tanti altri giochi per l'estate, tutti, ovviamente, a sfondo politico.

Ci saranno molte vignette di Pat Carra, un oroscopo tutto particolare, il Papi quiz di Alessandro Robecchi (in onore delle vicende sessuali del premier), nonché brevi racconti di Valerio Evangelisti, Sandrone Dazieri, Marco Philopat, Nicola Lagioia, Eliana Bouchard, Angelo Ferracuti e tanti altri.

L'inserto, di 64 pagine con copertina a colori, è venduto oggi con il quotidiano comunista al prezzo di 6 euro e, per tutto il mese di agosto, si potrà acquistare in edicola anche da solo al costo di 5 euro.

(31 luglio 2009)

Il governo sul comune infiltrato. "Riconsiderare lo scioglimento"


"Il Consiglio dei ministri ha deliberato di riconsiderare la proposta di scioglimento del consiglio comunale di Fondi". Riconsiderare. E' questa la parola chiave all'interno di un comunicato che sembra essere una risposta alle proteste di stamattina dell'Italia dei Valori e del Pd, che hanno manifestato per sollecitare un'intervento del governo sulle infiltrazioni mafiose ("accertate", tengono a sottolineare i parlamentari dell'Idv) nel comune in provincia di Latina.

Questa mattina il parlamentare dipietrista Stefano Pedica aveva srotolato davanti all'ingresso principale di Palazzo Chigi uno striscione con una scritta inequivocabile: "Via la mafia dalle istituzioni". Il Pd invece aveva effettuato un sit in. "Ci risulta - ha detto Pedica - che anche questa volta il Consiglio dei ministri non prenderà nessuna decisione riguardo lo scioglimento del comune di Fondi per infiltrazioni mafiose, accertate e dichiarate dal prefetto di Latina. Ci sono stati 17 arresti e nessuno fa nulla".

In seguito, la protesta si è spostata all'interno della sala stampa della sede del governo, occupata dallo stesso Pedica, accompagnato dal deputato Francesco Barbato e dalla senatrice Giuliana Carlino. Doveva tenersi una conferenza dei ministri Sacconi e Gelmini, che poi si è tenuta in un'altra sala. Curiosa coincidenza, dato che lo scorso 24 luglio Pedica aveva, per lo stesso motivo, interrotto un'altra conferenza della Gelmini. Per Barbato "il governo", evitando di sciogliere il comune di Fondi e altri in Campania con "infiltrazioni mafiose e camorristiche", sta "facendo da copertura alla criminalità organizzata".

Infine, nel pomeriggio il comunicato del Consiglio dei ministri, che riconsidera "la proposta di scioglimento del consiglio comunale di Fondi, a suo tempo formulata dal ministro dell'Interno, sulla base di una nuova relazione che lo stesso ministro dovrà sottoporre al consiglio dei ministri alla luce delle modifiche introdotte dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, che entrerà in vigore nei prossimi giorni e che detta nuove norme per lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose".

Ma il Partito Democratico critica quella che ritiene una mossa attendista. "Il Cdm ha solo preso tempo - dice Laura Garavini, capogruppo Pd in commissione Antimafia - altro che riconsiderazione! Perchè aspettare? In realtà, oggi il governo ha solo dato un nuovo duro colpo alla legalità, creando incertezza in tutto il territorio di Fondi e aprendo una ferita nella democrazia di tutto il paese".

(31 luglio 2009)

Il Ft: "Silvio è una vergogna ma l'Italia non sta meglio"


di VINCENZO NIGRO


Partendo dalle rivelazioni sugli scandali di sesso che mettono in serio dubbio il ruolo di Silvio Berlusconi come primo ministro, una lunga analisi pubblicata oggi tra i commenti del Financial Times getta una luce veramente preoccupante sulle possibilità di ripresa del quadro politico italiano. Quello che in Italia molti provano a rimuovere, all'estero ormai viene percepito con chiarezza sempre più netta: "Berlusconi guida un regime basato sulla proprietà di un impero dei media che si allarga al controllo della televisione pubblica", ma a questo si aggiunge il fatto che "non c'è né un leader alternativo, né un movimento per il cambiamento capace di offrire al paese una alternativa di governo credibile".

Il commento è firmato da Geoff Andrews, autore di "Not a normal country: Italy after Berlusconi", e anche in questo caso liquida rapidamente i comportamenti di Berlusconi: "le quotidiane rivelazioni sui suoi scandali sessuali indicano a molti che è inadatto a guidare un governo. Eppure nella copertura internazionale e nella crescente condanna per il comportamento del capo del governo, vengono trascurati alcuni problemi più decisivi che vanno al cuore del declino italiano e la cui correzione non sarebbe possibile semplicemente rimuovendo Berlusconi dal suo incarico".

Per Geoff Andrews un problema centrale è la "corruzione al cuore del governo e la mancanza di trasparenza e responsabilità che mina gli sforzi per combatterla. C'è una cultura dell'illegalità che attraversa la società italiana, dall'evasione fiscale, al ruolo delle mafie criminali, agli scandali delle partite di calcio truccate (...) E ci sono due motivi perché tutto questo potrà continuare. Uno, Berlusconi guida un regime costruito sul suo impero mediatico che include il controllo delle televisioni nella quasi totalità e di buona parte della stampa scritta. Anche la Rai, la tv di Stato, ha evitato di seguire in maniera adeguata il caso di Patrizia D'Addario sul suo canale principale".

La seconda ragione che rallenta il miglioramento per il Ft è "la continua incapacità a rinnovare il sistema politico italiano dai tempi di Tangentopoli". La sinistra italiana ha attraversato una seria crisi di identità, ha cambiato nome di continuo negli scorsi anni ma ha fallito nell'individuare una agenda delle riforme che questo periodo di opportunità le chiedeva". Per il Ft è stato Berlusconi ad approfittare del vuoto politico aperto dalla sinistra: "Sin dal suo arrivo sulla scena politica nel 1994 Berlusconi ha rimodellato la cultura e i valori della politica italiana a sua immagine (...) Il fallimento della classe politica italiana nel riformarsi ormai da alcuni decenni ha avuto come risultato il fatto che il populismo di Berlusconi sia stato capace di rispondere alla paure quotidiane degli italiani, per quanto inverosimile possa apparire agli osservatori stranieri".

La parte finale del commento è molto pessimista: "Anche quando Berlusconi dovesse lasciare la scena - e nonostante la sua crisi non c'è motivo di ritenere che questo avvenga presto - c'è poca speranza che la collaborazione incrociata fra i partiti possa portare a un nuovo sistema elettorale, maggiore responsabilità pubblica, maggiore indipendenza dei media, maggiore competizione per aprire i mercati". Andrew conclude dicendo che "la condanna internazionale dei comportamenti del premier ha portato se non altro all'inizio di un processo di auto-analisi nel paese. Vedremo se questo porterà a maggiore introspezione oppure produrrà l'energia necessaria a rilanciare uno spirito di riforme per il futuro".

(31 luglio 2009)

Un Premier come Cetto Laqualunque

ANTONIO DI PIETRO
31 luglio 2009


E' semplice riempirsi la bocca con frasi del tipo: "ripristiniamo la Cassa del Mezzogiorno, creiamo la Banca del Sud e un nuovo ente per la gestione unificata del piano investimenti".

Il debito pubblico non e' "un bordello" dove si entra, ci si serve e si esce senza pagare. Questo Silvio Berlusconi lo sa benississimo, visti i suoi vizietti privati in pubblica veste. E allora il governo deve dirci: quale copertura hanno gli investimenti promessi al Sud? Come si collocano nel DPEF che rappresenta una sorta di business plan nazionale e che non prevedeva questa partita? Oppure cosa viene sacrificato del DPEF per finanziare questo gettone extra per lo sviluppo del Meridione a cui finora il governo ha solo tagliato fondi?

Non saranno per caso i soliti soldi del Monopoli? O il governo e il Presidente del Consiglio sperano che qualcun altro si faccia carico dell'impegno preso, ad esempio l'Unione Europea, così come a suo tempo i cittadini si fecero carico del debito di Alitalia? La verita' e' che il governo, come e' suo solito fare, riversera' interamente il finanziamento sulle spalle gia' ricurve del debito pubblico al 117%?

E ancora, ripeto, se si stanzia una cifra e' perche' si hanno dei progetti di sviluppo: non si stanziano, quindi, 27 miliardi di fondi "a prescindere" altrimenti la conclusione che se ne può trarre fin d'ora e' che i siciliani non ne vedranno un centesimo.
E, ancora, questo fantomatico "nuovo ente per il Sud" da chi verra' nominato? Perche' espropriare le regioni del compito di decidere le priorita' dei propri cittadini? Non sara' mica per evitare che i soldi vengano gestiti da giunte ostili alla corte di Re Silvio? Come al solito conosco le risposte così come sapevo che il Partito del Sud sarebbe morto in culla.

La verita' e' che il Meridione sara' ostaggio di se stesso finche' si affidera' al voto di scambio per ottenere favori, posti di lavoro fittizi e vane promesse per un futuro che questa classe politica non potra' mai offrirgli.

"Più fondi per nulla", uno slogan degno di "Cetto Laqualunque", di Antonio Albanese, che mostra la disinvoltura nell'alimentare un meccanismo perverso che e' alla base dei fenomeni baresi, di cui si parla in queste ore, e che coinvolgono sì la sinistra ma con intrecci anche nel centrodestra di Raffaele Fitto. Fenomeni di corruzione e collusione con la criminalita' che mostrano ramificazioni bipartisan in un gioco a più squadre con un'unica regola: frodare lo Stato ed i cittadini.

giovedì 30 luglio 2009

Storica telefonata di Montanelli a "Il raggio verde" vs Feltri - Annozero - 23/04/2009

Randy Pausch: the Last Lecture

BEPPE GRILLO
30 Luglio 2009


Un anno fa, il 25 luglio 2008, moriva Randy Pausch, professore di informatica alla Carnegie Mellon University. Era padre di tre figli. La sua ultima testimonianza è stata "the Last Lecture", il discorso che si tiene prima di morire, se si sa di dover morire. Che discorso terremo ai nostri figli quando dovremo lasciarli? Che cosa lasceremo loro in eredità? La voce di Randy in questo pantano che è l'Italia di oggi, sembra una voce del Grande Spirito.

Testo dell'ultima lezione:

Se c'è un elefante nella stanza, è meglio presentarlo
Vivere i sogni dell'infanzia
L'importanza di avere buoni genitori
Divertiti e mostra gratitudine

Se c'è un elefante nella stanza, è meglio presentarlo
"Vi parlerò di una conferenza che ho tenuto a settembre. Nell’Università di Carnegie Mellon, c’è una tradizione accademica chiamata “Last Lecture”: se ipoteticamente sapessi che stai per morire e dovessi tenere un’ultima conferenza, cosa diresti ai tuoi studenti? Per me la cosa non è ipotetica. C'è un elefante nella stanza: avevo sconfitto un cancro al pancreas, ma ora è tornato dopo operazioni, chemioterapia, radiazioni. I medici mi hanno detto che non c’è più niente da fare e che ho solo qualche mese di vita.
Queste sono le mie T.A.C. e mostrano che il cancro pancreatico si è espanso al fegato con una decina di tumori. A me questo non piace. Io ho tre bambini piccoli, sia chiaro: mi fa schifo. Ma non posso fare niente per evitare il fatto che morirò. Sto seguendo i trattamenti medici, ma so benissimo come andrà a finire questo film. E non posso controllare le parti della storia solo movendo le mani.
Se non vi sembro abbastanza triste per la mia situazione, me ne scuso. Ma ho deciso di non essere oggetto di pietà. Infatti anche se sto per morire presto, sono molto forte fisicamente. Probabilmente più forte della maggior parte delle persone che sono in questa sala.

Vivere i sogni dell'infanzia
Quindi oggi non parleremo della morte, parleremo della vita e di come viverla. Nello specifico, di sogni d’infanzia e come fare per realizzarli. Posso dire di aver avuto un’infanzia felicissima. Riguardando gli album fotografici devo dire che non sono riuscito a trovare una foto in cui non stessi ridendo. Ho avuto un’infanzia veramente felice. Io sognavo, sognavo sempre. Era un tempo facile per sognare. Quando tu accendi la TV e vedi degli uomini atterrare sulla Luna, tutto è possibile, e non dovremmo mai perdere questo spirito.
Quali erano i miei sogni da bambino? Giocare nella NFL, la Lega Nazionale di Footbal. Questo è uno di quei sogni che ho realizzato. Ed è importante farlo notare perché anche se non riesci a realizzare un sogno, puoi ottenere molto tentando di realizzarlo. C’è un detto che adoro: “L’esperienza è quella che ottieni, quando non ottieni quello che desideri”.
Giocai in una lega per molto tempo. Avevo un grande allenatore, Jim Gram. Era un allenatore alla vecchia maniera, e mentre ci allenavamo mi rimproverava per tutto il tempo: Così per tutte le due ore. E alla fine di un allenamento, uno dei suoi assistenti mi disse: "Coach Gram è molto duro con te!" io dissi. "Sì". Mi disse: "Quando fai un lavoro fatto male e nessuno te lo dice, vuol dire che si sono arresi con te; quando qualcuno continua a correggerti per due ore, lo fa perché ci tiene che tu lo faccia meglio".
Il prossimo sogno è “Walt Disney Imagineering”. Quando avevo otto anni, la mia famiglia mi portò a Disneyland, in California. Fu un’esperienza incredibile: le passeggiate, gli show, le attrazioni. Mi dissi: "Wow, mi piacerebbe costruire cose del genere quando sarò grande!". Così mi laureai e cercai di fare parte del gruppo di persone che crea la magia. Quello che ottenni fu un’amabile lettera di rifiuto. Guardo questa lettera tutt’ora, dà una tale ispirazione! Queste cose passano, lavorai duro e diventai un giovane ingegnere di ricerca visuale nella mia facoltà. Questo sono io. Sviluppai le abilità che erano valide per Disney, e trovai l’opportunità di lavorare lì e far parte del gruppo di immaginaria dove lavorammo nella “Passeggiata sul tappeto magico di Aladino”. Mi portò via più di quindici anni per farlo e moltissimi tentativi. Imparai che quando un muro si presenta sul nostro cammino è per una ragione; non è lì per impedirci di fare qualcosa, ma perché noi possiamo mostrare quanto vogliamo quella cosa.

L'importanza di avere buoni genitori
Quali sogni volete realizzare? Ve ne suggerisco uno: avere buoni genitori! Io ho dei grandi genitori. Questa è mia madre nel suo settantesimo compleanno. Io sono quello sulla macchina blu e sono appena stato doppiato. Questo è mio padre nel giorno del suo ottantesimo compleanno. Viveva sempre con un sentimento di felicità, sempre. La felicità è un sentimento che dovrebbe mai andarsene.
Mio papà: che uomo incredibile! Ha fatto la Seconda Guerra Mondiale, fece parte della Grande Generazione. Tristemente mio padre è morto un anno fa, e fu quando mia madre frugò nelle sue cose che scoprì che durante la Seconda Guerra Mondiale ricevette una medaglia di bronzo al valore. In cinquant’anni di matrimonio, non la mostrò mai. E’ un grande messaggio di umiltà che ho potuto imparare da mio padre.
Ora mia mamma: le madri sono quelle persone che ti amano anche quando le tiri i capelli. Questo è il tipo di relazione che ho avuto con mia madre. E parlando di umiltà, lei era sempre li a mantenere in ordine. Quando mi stavo laureando a scuola, avevo esami veramente duri. E me ne stavo a casa preoccupandomi di quanto dure fossero le prove per il dottorato. Mia madre mi diceva: "Sappiamo come ti senti. Ricorda solo che alla tua età tuo padre stava combattendo contro i tedeschi nella Seconda Guerra Mondiale!". Il giorno in cui mi laureai era molto orgogliosa, e mia mamma mi presentava a tutti dicendo: "Questo è mio figlio! È un dottore, ma non di quelli che aiutano la gente". Probabilmente una delle cose più importanti che i miei genitori fecero, fu che mi lasciarono dipingere le pareti della mia camera da letto. Un giorno dissi loro che volevo dipingere le cose sulle pareti e loro dissero: "Ok!". Dipinsi una nave spaziale; vivevamo in un ranch e misi un ascensore per vedere dove mi avrebbe portato; potete vedere che fossi un secchione, misi un’equazione quadratica. Ma la cosa grande fu che me la lasciarono fare. Pensarono che lasciare che io esprimessi la mia creatività fosse più importante di avere una parete pulita. Fui davvero benedetto ad avere genitori che la pensassero così. I miei genitori mi insegnarono a rispettare le persone più delle cose. Quando comprai la mia auto ero molto emozionato, brillava incredibilmente. Questi sono i miei nipoti Christopher e Lara. Ogni mese li portavo via per un week-end per dare respiro a mia sorella e suo marito. E prima di salire sulla mia auto nuova mia sorella continuava a dirgli: "Questa è l'auto nuova dello zio Randy. Mi raccomando, non sporcatela, ecc.". E loro scoppiarono a ridere, perché nel frattempo io alle sue spalle avevo aperto una lattina e la stavo rovesciando incurante sui sedili posteriori. Lei corse verso di me gridandomi: "Cosa stai facendo?!" Le dissi: "È una 'cosa', soltanto una 'cosa'". Ne fui molto orgoglioso perché alla fine della settimana mentre stavamo tornando a casa, mio nipote si sentì male e vomitò tutto sui sedili posteriori della mia auto; e non mi importa quanto valore potesse avere una cosa pulita e brillante, perché non è paragonabile a quanto mi sono sentito bene sapendo di non aver fatto sentire in colpa un bambino di otto anni solo perché aveva il raffreddore.

Divertiti e mostra gratitudine
Il prossimo: è meglio che tu decida presto di essere “Tiger” o “Igor”. Tiger è energetico, ottimista, curioso, entusiasta e si diverte; e mai, mai sottovalutare l’importanza di divertirsi! Io sto per morire presto, e ho deciso di divertirmi oggi, domani e ogni altro giorno che mi rimane.
Se vuoi realizzare i tuoi sogni, è meglio che giochi onestamente con gli altri. Un consiglio che è difficile seguire è dire la verità. Seconda cosa: quando sbagli chiedi scusa! Una buona scusa è formata da tre parti: "Mi dispiace"; "Era colpa mia", "Cosa posso fare per rimediare"? La maggior parte della gente salta le terza parte; è da questo che puoi capire chi è sincero. L’ultima cosa è che tutti abbiamo persone o cose che non ci piacciono. Io non ho mai incontrato persone che sono totalmente cattive. Se aspetti a sufficienza, ti mostrano il loro lato buono. Non puoi affrettare la cosa, ma puoi essere paziente.
Mostra la gratitudine: quando raggiunsi i dieci anni come membro della facoltà, avevo ragazzi nel mio laboratorio di ricerca e li portai una settimana a Disneyworld a mie spese. I miei colleghi mi dissero: "Ti sarà costato un sacco; perché l’hai fatto?". Risposi: "Questi ragazzi hanno lavorato per me giorno e notti per anni e grazie a loro ho ottenuto il miglior lavoro della mia vita. Quindi, perché non avrei dovuto farlo?" La gratitudine è una cosa molto semplice e potente.
Ultima cosa: non credo che preoccuparsi di tutto risolva veramente i problemi. Questo è Jackie Robinson, il primo giocatore nero della Lega Maggiore, e nel suo contratto c’era scritto che non doveva lamentarsi se la gente gli sputava addosso. Non importa se sei Jackie Robinson, o uno come me che ha ancora pochi mesi da vivere. Puoi scegliere se sfruttare il tempo che ti rimane per energia e sforzo, o spenderlo preoccupandoti, o spenderlo giocando il gioco duro che probabilmente ti aiuterebbe di più.
Vi ho detto che questa era una parte della conferenza dell’Università, ed è importante perché ho tenuto questa conferenza. La conferenza non parla soltanto di come raggiungere i sogni d’infanzia. È molto più che questo, è come vivere la tua vita, perché se tu vivi la tua vita nella maniera corretta, i risultati si prenderanno cura di loro da soli. I sogni verranno da te. ”Se vivi adeguatamente i sogni verranno da te".
Sarebbe bellissimo se qualche persona traesse beneficio da questa conferenza, ma la realtà è che io non ho tenuto questa conferenza per le quattrocento persone venute all’Università. Ho tenuto questa conferenza soltanto per tre persone, perché quando saranno grandi possano vederla. Grazie." Randy Pausch

VA PENSIERO

Allevi, la musica e l'Osservatore


ROBERTO COTRONEO
30 luglio 2009

Abbandoniamo per un giorno i temi politici. E concentriamoci su quelli culturali. Ieri su un giornale molto particolare, "L'Osservatore Romano" è apparsa una recensione davvero interessante. Il critico musicale Marcello Filotei scrive un articolo fortemente polemico nei confronti del pianista Giovanni Allevi e della sua musica. Dice: "Giovanni Allevi non è affatto "strambo", è costruito con una cura assoluta ed è la rappresentazione oleografica del compositore, così come se l'aspetta chi non ha molta consuetudine con le sale da concerto". E più avanti: " il compositore marchigiano arriva e offre al pubblico quello che già conosce... E questa è la forza culturalmente pericolosa dell'operazione Allevi: convincerci che tutto quello che non capiamo non vale la pena di essere compreso. Rassicurati sul fatto che "non siamo noi ignoranti, sono loro che non sanno più scrivere una bella melodia", potremo finalmente andare fieri di non avere mai ascoltato Stravinskij".
La recensione del quotidiano della Santa Sede è molto stimolante. Non tanto per il fenomeno Allevi, che di per se ha pochissimo di interessante, quanto sul fatto che il pianista marchigiano definisce la sua musica: "classica contemporanea".
In realtà la musica classica sta ad Allevi come la pizza napoletana sta a quella che vendono surgelata in Germania. E Allevi stesso è un fenomeno commerciale, che porta con se tutti i luoghi comuni sulla musica, sul pianoforte, sull'esecuzione pianistica. Qualunque persona di media cultura musicale capisce immediatamente di che musica si tratta: roba da aereoporto o studio dentistico, perfetta per rimanere in sottofondo. Ma é soprattutto una musica che non ha ambizioni, né di essere ricordata, né di essere ascoltata con emozione.
Eppure è ormai qualche anno che ci si sente ripetere sempre la stessa cosa. Allevi compositore strambo, ragazzino capace di incantare quando siede alla tastiera. E invece se lo ascolti dal vivo ti accorgi che il suo suono non è mai pulito, che la dinamica pianista di Allevi è incerta, e che persino la tecnica non è al livello di un pianista degno di questo nome. Per non parlare del livello delle composizioni. Ma queste cose non le scrive nessuno, perché i critici dei giornali non sono critici, ovvero non sono persone con una preparazione specifica per capire certe cose, ma sono giornalisti che esprimono giudizi. Ovvero persone prive di una vera preparazione che si inventano canoni che non esistono.
Il critico dell'"Osservatore" aggiunge: "In un Paese come l'Italia - dove c'è chi, come Alessandro Baricco, arriva a scrivere e dirigere film per spiegare che Beethoven è sopravvalutato - è abbastanza frequente che si cada nel tranello dell'artista svagato. Certo non è colpa dell'artista in questione, ma di un sistema scolastico fatto di flauti dolci e Fra Martino campanaro che spesso non fornisce gli strumenti per distinguere Arisa da Billie Holiday, figuriamoci Puccini da Allevi".
Io direi che è colpa di tutti.
Di tutti quelli che hanno inventato casi, fenomeni, scrittori, geni della musica, artisti che non avevano peso e valore, per moda e per debolezza, e perché proni a un'industria culturale capace di manipolare i media. Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi. È quello che vado a ripetere qui da mesi. Il crollo culturale di un paese che va di pari passo con il crollo morale. Riguardo ai flauti dolci, magari si insegnasse davvero a suonarli, sarebbe già qualcosa.

Federalismo all'italiana - un paradosso


30/7/2009
LUIGI LA SPINA


Dicono che bisogna essere ottimisti a tutti i costi. Allora, prendiamo la situazione dall’unico effetto positivo. La polemica sull’identità italiana, esplosa per le tentazioni sul «partito del Sud», per le provocazioni leghiste sulla scuola, per le esitazioni sui finanziamenti per i 150 anni dell’unità d’Italia, hanno finalmente fatto uscire dall’ipocrisia, dalla reticenza, dall’ambiguità una questione fondamentale per il nostro Paese: come sia difficile e pieno di rischi l’esperimento di costruire uno Stato federale con un processo contrario a quello normale. Cioè, non per aggregazione, ma per disaggregazione.

Tranne qualche rara eccezione, infatti, il riconoscimento di comuni interessi o il desiderio di rafforzare le difese contro un nemico lontano hanno indotto Stati o regioni a stringersi in un patto federale. Così è stata, in Europa, l’esperienza della Germania o della Svizzera. Così si è costituito il maggiore Stato federale del mondo, gli Stati Uniti d’America.

Molto raramente la strada è stata percorsa al contrario. Si potrebbe citare, forse, l’esempio della Spagna post-franchista, se il paragone con l’Italia non fosse inficiato, tra l’altro, da una differenza fondamentale: il paese iberico è stato unificato alla fine del XV secolo in un impero tra i più potenti del mondo, il nostro festeggia, appunto, solo i 150 di vita.

Così, questo arduo passaggio da uno stato centralista a una struttura federale è ulteriormente complicato dall’evidente fragilità di una coscienza nazionale illanguidita nella popolazione e sostanzialmente assente nella classe politica a cui è toccato in sorte di condurre questa trasformazione. Tramontati i partiti di ispirazione risorgimentale, già sopravvissuti stentatamente dopo la seconda guerra mondiale in una posizione di estrema minoranza, si sono estinti anche quelli che avevano costruito l’Italia repubblicana: i democristiani, i comunisti, i socialisti. Gli eredi, in realtà, non sentono la costituzione dell’Italia come elemento fondante della loro ragione sociale: il partito di Berlusconi ne ha utilizzato il nome soprattutto per l’effetto di aggregazione emotiva dei suoi militanti, da tifo calcistico. Il Pd sventola il tricolore perché è l’unica bandiera che unifica quella rossa, ormai impresentabile, e quella scudocrociata, ormai dimenticata.

La realtà italiana d’oggi, nel processo federalista, può essere riassunta molto semplicemente: la sinistra si è sostanzialmente messa fuori gioco, attraverso una lotta intestina per la leadership che la sta emarginando da qualsiasi vera e sensibile influenza sulla politica nazionale. Sulla scena, allora, conduce la danza la Lega, con una abile strategia di avanzate provocatorie e di ritirate opportunistiche. Il Pdl reagisce debolmente all’azione leghista, con il rischio di una spaccatura interna tra nord e sud che la mediazione di Berlusconi fatica sempre di più a mascherare.

Il partito di Bossi, con una certa lucidità strategica, bisogna ammetterlo, punta a scardinare i capisaldi fondamentali sui quali, nei fatti, è stata costruito lo Stato italiano in questi 150 anni di esistenza: l’esercito, la scuola pubblica, la lingua. Tutti sanno, per esperienza o per un minimo di conoscenza storica, che quel poco o tanto di coscienza nazionale esistente nel nostro paese è stato ottenuto dalla leva militare obbligatoria, dalla riforma crociana e gentiliana dell’istruzione e dalla Tv. La prima ha ibridato, per la prima volta nel secolo scorso, i nostri giovani su tutto il territorio. La seconda ha unito le culture localistiche in una retorica unitaria. La terza è stata capace di estendere l’italiano alla grande maggioranza dei cittadini.

Non è casuale, allora, che le offensive leghiste si concentrino su questi tre campi. Con la negazione di un ruolo internazionale del nostro esercito, con il tentativo di regionalizzare la scuola, con il desiderio di imporre, nella tv pubblica, una riscrittura della storia in chiave antiunitaria.

Quello che più colpisce, di fronte allafiacca reazione, è la confusione intellettuale, l’incertezza morale e politica di chi, almeno a parole, dice di non condividere questo piano disgregativo. Dopo la proposta leghista di un ritiro delle nostre truppe dall’Afghanistan, anche l’accenno di Berlusconi alla necessità di una exit strategy, se non afferma una ovvietà, può essere considerato un sintomo di questo atteggiamento difensivo e sostanzialmente cedevole. Ma l’ultimo esempio, quello più clamoroso, è la risposta della Gelmini sull’emendamento leghista proposto in commissione sulla scuola. Esclusa, per fortuna, la follia del test di dialetto per gli insegnanti, il ministro si dichiara, però, sostanzialmente favorevole a una specie di regionalizzazione dei professori. Il responsabile dell’istruzione pubblica dovrebbe apprezzare, invece, il valore di uno scambio culturale e umano tra allievo e docente provenienti da parti diverse del nostro Paese. Anzi, se non ci fossero evidenti problemi economici e familiari, andrebbe scoraggiata e non incentivata l’assimilazione regionalistica di chi sta sulla cattedra e di chi sta sotto. In tempi di crescente immigrazione multietnica, è davvero deprimente dover parlare ancora di accenti diversi nel pronunciare la nostra lingua. Perché nella scuola italiana, come sappiamo tutti, il problema è la qualità degli insegnanti, non il loro luogo di nascita.

Cosa ne è delle donne ai tempi del Cavaliere


di MICHELA MARZANO


CENE, balli, barzellette, "ragazze-immagine" in abiti neri e trucco leggero, bellissime escort i cui volti si sovrappongono fino a sfumare l'uno nell'altro... No, non si tratta del copione di un film di serie B, ma di un rituale che, in questi ultimi anni, si è banalizzato in Italia, ripetendosi in modo ossessivo nel cuore stesso del potere, a Palazzo Grazioli come a Villa Certosa, eco di un mondo in cui le donne non sono più che delle controfigure sbiadite.

"Casting", "fashion", "book": le donne, ormai, nell'Italia di Berlusconi, non sembrano più contare per quello che fanno o sanno fare, per le loro competenze professionali, per la loro preparazione o per la loro storia (dolorosa, a volte; difficile, sempre), ma per il ruolo che giocano, per come appaiono, per ciò che non esprimono. Le donne sono sempre più corpi e volti ritoccati per sottomettersi tutti ad un'unica ingiunzione: sii bella e seducimi! "Io sono una bambola" afferma con fierezza una show girl alla televisione, credendo così di essere irresistibile. "Le donne belle vanno sempre con gli uomini ricchi e potenti", sembra confermare Vittorio Sgarbi in una recente intervista telefonica tirando fuori la carta ormai usata e abusata dell'apologia dell'italiano "scopatore". Ma cosa dicono questi corpi sottomessi (alle diete, alla chirurgia plastica, allo sport, allo sguardo dell'uomo), il cui volto rifatto ha ormai perso ogni segno di singolarità e di vulnerabilità? Che tipo di relazione con l'altro possono stabilire? Si può ancora parlare di relazione e di desiderio quando l'alterità (l'irriducibile alterità dell'altro, come direbbe Levinas) scompare sotto la maschera di un oggetto di piacere e di pulsione intercambiabile? Quale donna si rivolgerebbe oggi al truccatore che vuole nasconderle le occhiaie come fece Anna Magnani, che "ci aveva messo degli anni per farsele e non voleva nasconderle"?

"Ad un volto", scriveva Deleuze, "possiamo porre due generi di domande, a seconda delle circostanze: a cosa pensi? Oppure: cosa ti succede, che cos'hai, che cosa senti o che cosa provi?". È attraverso il viso che ognuno di noi può esprimere la propria singolarità e la propria specificità: un viso non è mai "un" viso in generale, ma sempre "il" viso di qualcuno che porta su di sé i segni del tempo che passa, delle emozioni vissute, dei dolori, delle gioie. Cosa accade allora quando "il" viso diventa "un" viso, uno qualsiasi tra i tanti, conforme alle norme in vigore, ma inespressivo: un "volto angelico" di una ragazza, il cui nome può essere Noemi, ma anche Roberta, Barbara, Patrizia, Lucia? Perché in fondo poco importano nome e viso di queste ragazze. Si tratta quasi sempre di giovani donne sorridenti e sognanti. E quando non sono più tanto giovani, tutte continuano a avere le labbra formose, il naso rifatto, le rughe cancellate, l'abito nero, il trucco leggero... per continuare a occupare la scena di una vetrina luccicante, per non smettere mai di sedurre i maschi, per incarnare l'immagine della donna perfetta che continua a guardarsi nello specchio deformante del piacere virile.

Perché allora così poche persone insorgono contro questa mascherata tutta italiana che da anni cancella "il" viso delle donne, per ridurle al ruolo subalterno e umiliante della semplice comparsa teatrale, come se, per continuare a esistere, le donne fossero ormai costrette a interpretare sempre lo stesso personaggio? Perché tante donne credono che il solo modo per emergere dalla massa informe dell'anonimato sia quello di ridursi a oggetti di pulsioni, contemplate per il corpo-feticcio che incarnano, e ridicolizzate - senza per questo scomporsi - per la loro incompetenza professionale davanti alla telecamera?

Non si tratta di criticare le scelte personali di alcune donne. In fondo, ogni persona è libera di fare quello che vuole della propria vita. Perché non diventare una velina? La questione, qui, riguarda la libertà. Quale libertà resta oggi alle donne in un paese in cui il potere in carica propone loro un modello unico di riuscita e di comportamento? Quale libertà resta quando si fa loro credere che il desiderio non sia altro che pulsione? Il desiderio, che è il sale della vita, e che spinge ognuno di noi ad andare verso l'altro, non può ridursi alla voglia frenetica di "consumare" corpi seducenti e impeccabili; il desiderio emerge e si sviluppa solo quando l'altro, l'oggetto del nostro desiderio, resta giustamente "altro": colui o colei che è ciò che io non sono, che ha ciò che io non ho e che, nonostante tutto, al di là della seduzione e dei rapporti sessuali, rimane irraggiungibile. A differenza di un pezzo di pane o di un bicchiere d'acqua che si consumano quando si ha fame o sete, la donna non è un semplice oggetto che può essere consumato a proprio piacimento. E non per ragioni morali (la "moralina", direbbe Nietzsche). Ma perché, molto più semplicemente, in ogni relazione umana c'è un "resto", qualcosa dell'altro che non si può distruggere perché l'altra persona sfugge sempre alla "presa" e, in quanto persona, resiste alla volontà dell'altro di assimilarla a sé. È in questo "resto" che risiede la sua specificità e la sua umanità. Un volto che dice "no" e che si oppone all'onnipotenza del potere, della ricchezza, della violenza. Solo nei film pornografici il volto scompare e non esprime più nulla, producendo un sistema nel quale gli uomini e le donne non sono altro che due polarità complementari: l'attività e la passività, il potere e la disponibilità. Tutto si riduce a ripetizione, accumulazione e moltiplicazione: la ripetizione ossessiva degli stessi gesti; l'accumulazione delle donne come trofei di caccia; la moltiplicazione delle conquiste... Fino a che non emerge un mondo in cui, guardando o essendo guardati, tutti restano intrappolati nella ripetizione di un atto che simula il sesso senza più nessun riferimento all'incontro sessuale, come mostra magistralmente Kubrick nella scena dell'orgia del suo ultimo film, Eyes Wide Shut. Un mondo che, in fondo, altro non è che il vecchio sistema patriarcale in cui gli uomini amano delle donne che non desiderano e desiderano delle donne che non amano, come diceva Freud, e in cui le donne sono costrette a scegliere a quale gruppo appartenere: le "madonne" o le "puttane".

Con il 1968 e la rivoluzione sessuale degli anni Settanta, questo sistema era stato rimesso in discussione: la libertà per le donne di disporre finalmente del proprio corpo aveva come finalità principale il raggiungimento di un'uguaglianza a livello di diritti che doveva permettere a tutti di diventare soggetti della propria vita. Uomini e donne uguali. Uomini e donne capaci di costruire la propria vita, di lottare per affermarsi, di mostrare il proprio valore e le proprie competenze. Che cosa resta, nell'Italia di oggi, di questa rivoluzione? Che messaggio dà alle adolescenti di oggi un paese il cui presidente del consiglio è fiero del proprio machismo? Un paese in cui un personaggio pubblico celebre può dichiarare senza vergogna che "chi scopa bene, governa bene"? Guardando quello che accade negli altri paesi europei, l'Italia "liberista e moderna" sfigura, presentandosi come l'emblema stesso del ritorno all'atavico machismo dei paesi mediterranei. È questo che stupisce e scoraggia quando ci si rende conto che l'unico modello femminile valorizzato oggi in Italia è quello della bambola impeccabile la cui sola preoccupazione è l'immagine del proprio corpo e la seduzione maschile. Non perché non ci si debba occupare del proprio corpo, ma perché quando il corpo non è altro che un oggetto di consumo, la donna perde la possibilità di esprimersi indipendentemente dallo sguardo degli uomini.

Facciamo, allora, in modo che il ventunesimo secolo, col pretesto di essere "alla moda", non sia la tomba di tutte le conquiste femminili del secolo scorso.

(30 luglio 2009)

Dl anticrisi, sì a Napolitano. Domani il governo vara i correttivi


Sarà esaminato domani mattina, alle 9,30 dal Consiglio dei ministri, il decreto con le correzioni al dl anticrisi. Il presidente Giorgio Napolitano aveva chiesto correttivi "contestuali" alla promulgazione della legge di conversione del decreto. Inaccettabile, quindi, l'ipotesi affacciata in ambienti della maggioranza di approvare solo a fine agosto il decreto ad hoc con le modifiche su Corte dei conti e competenze del ministero dell'Ambiente in materia di energia, e forse anche su Bankitalia.

Era stato Tremonti a provocare sconcerto e fastidio nel Quirinale quando è trapelata l'indiscrezione che le correzioni non sarebbero più arrivate per venerdì ma forse il 7 agosto, nell'ultimo Consiglio dei ministri prima delle ferie, o addirittura il 28, nel primo dopo la ripresa. Non c'era dunque la "contestualità" raccomandata dal presidente.

Il Colle ha subito ricordato che nell'unico precedente raffrontabile - la Finanziaria 2007 del governo Prodi - si era intervenuti appunto in assoluta contestualità, facendo in modo che non entrasse mai in vigore la norma da correggere, il 'comma fuda' con la riduzione dei termini di prescrizione per i risarcimenti del danno derivante alla pubblica amministrazione da responsabilità amministrativa.

Dunque anche in questo caso la legge di conversione del decreto potrà essere promulgata solo nel momento in cui sia stato già varato anche il dl correttivo. E' intendimento del governo, come trapela oggi, varare il provvedimento correttivo nello stesso giorno in cui si attende che il Senato converta in legge il dl anticrisi. Appunto, domani mattina.

I dubbi degli esperti: "Rischi per lotta evasione"
Mentre si attende l'esame dei correttivi non mancano i dubbi degli esperti. I tecnici del servizio di bilancio del Senato, nel dossier dedicato al decreto legge anticrisi, scrivono che la nuova edizione dello scudo fiscale potrebbe avere, seppure indirettamente, conseguenze sul sistema fiscale nel suo complesso.

Come osservato dalla Corte dei conti, rilevano gli esperti di palazzo Madama, se la norma sullo scudo fiscale "venisse percepita dai contribuenti come un segnale di indebolimento delle regole fiscali, potrebbe determinarsi una situazione nella quale 'gli effetti di deterrenza delle misure anti-evasione rischierebbero di essere largamente vanificate".

I magistrati contabili: "Procure a rischio chiusura"
"C'è il rischio concreto di chiusura delle procure. Ai magistrati contabili viene di fatto tagliata la possibilità di indagine". E' l'allarme dell'associazione magistrati della Corte dei conti, preoccupati per le conseguenze delle limitazioni imposte alla loro azione dalle misure inserite nel decreto anticrisi. I magistrati contabili si appellano al Quirinale, affinchè l'annunciato decreto correttivo intervenga efficaciemente a modificare le norme ripristinando il campo di giurisdizione della Corte dei conti. "Confidiamo sull'attenzione del Quirinale - hanno aggiunto i magistrati - affinchè il correttivo sia contestuale all'entrata in vigore del decreto anticrisi. Bisogna evitare che le disposizioni perverse entrino in vigore anche per un solo minuto, altrimenti si aprirebbe una sanatoria per tutte le indagini in corso". Per ora non si parla di scioperi, ma in prospettiva "non è escluso".

(30 luglio 2009)

Il Partito del Sud non s'ha da fare

ANTONIO DI PIETRO
30 Luglio 2009


Il partito di Forza Italia e' nato su commissione di Cosa Nostra, e' scritto nella sentenza di condanna a nove anni di Marcello Dell'Utri, e la riprova inequivocabile di cio' furono quei 61 seggi su 61 assegnati dall’isola al partito di Arcore alle politiche del 2001.Oggi senza i voti della circoscrizione Sud, e della Sicilia in particolare, il Pdl non sarebbe mai andato al governo per ben quattro volte e l’Udc di Totò Cuffaro avrebbe gli iscritti di un circolo Acli.


La minaccia del Partito del Sud è un chiaro monito rivolto a Silvio Berlusconi che non sta facendo, evidentemente, quanto promesso in quell’antico patto di cui Marcello Dell’Utri è stato garante per quasi un ventennio.


Il Partito del Sud è il segnale che gli accordi politici alla base di Forza Italia in Sicilia sono in discussione. A questo segnale se ne aggiungono altri che potrebbero comunque far parte dello stesso puzzle: la monnezza di Palermo, l’agitazione della Giunta, Lombardo, i messaggi di Riina su mandanti di Stato per le stragi di Capaci e via D’Amelio, le dichiarazioni di Ciancimino jr, la recente condanna a 10 anni e 8 mesi per associazione mafiosa di Mercadante, ex deputato di FI, definito dal pentito Giuffrè “la creatura di Provenzano”.


I messaggi lanciati in questi mesi dall’isola parlano chiaro: i 140 milioni di euro a Scapagnini per il fallimento del comune di Catania e gli 80 milioni all’amico Cammarata per scongiurare quello di Palermo non bastano più. E così il Premier promette nuovi soldi alla Sicilia e lo fa ancor prima di spiegare come verranno utilizzati e con quali coperture finanziarie. Evidentemente l’importante è porre l’accento sulla cifra, prima che sulla destinazione e sulla reale disponibilità. Evidentemente le persone a cui è rivolto il messaggio ne conoscono la destinazione.


Venerdì al Cipe saranno sbloccati quattro miliardi per la Sicilia. Lo hanno deciso a palazzo Grazioli durante uno dei tanti vertici privati in cui si dispone di soldi pubblici. I commensali del vertice erano: il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, per cui la Giunta della Camera martedì ha negato l’autorizzazione a procedere per l’accusa di favoreggiamento; il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, che istituì nel 2002 il volo Alitalia Albenga-Fiumicino per arrivare prima da casa al Parlamento; Raffaele Fitto ministro per i Rapporti con le Regioni, indagato dalla Procura di Bari per corruzione, falso e illecito finanziamento ai partiti; il fido ministro della Giustizia Angelino Alfano, quello del Lodo e del bavaglio alle intercettazioni, per intenderci; e, “dulcis in fundo”, il deus ex-machina, ringalluzzito da questa nuova aureola con cui ha deciso di reinventarsi a metà tra una rockstar e un attore di B-Movie: Silvio Berlusconi che non necessita di presentazioni poiché è ben noto alle procure di mezza Italia. Ecco, ad una compagine del genere non affiderei neanche il budget per un buffet matrimoniale, figuriamoci quattro miliardi per la Sicilia.


“Per il meridione d’Italia non si è fatto mai abbastanza”: in termini di lotta alla criminalità è vero, ma in quanto a soldi nel meridione d’Italia si sono spesi interi Pil nazionali senza risultati apprezzabili: perché? Nelle mani di chi finiscono questi immensi finanziamenti? E come vengono gestiti? La risposta la sappiamo, basti pensare alle indagini Why Not e Poseidon dell’ex pm Luigi de Magistris, e a centinaia di altre simili, che questo sistema politico non poteva permettersi ed ha ostacolato con ogni sua energia.


La verità è che i soldi in questi decenni non sono stati destinati ai cittadini, né ad opere utili allo sviluppo reale del meridione, né all’imprenditoria giovanile.


Il Sud ha bisogno di investimenti, esteri e nazionali, ma prima bisogna riportarvi la cultura dello Stato, anzi lo Stato, di cui Falcone e Borsellino si erano fatti interpreti. Senza lo Stato e le sue garanzie, i capitali esteri, che spesso costituiscono la risorsa principale per lo sviluppo di importanti aree turistiche, non confluiranno mai nel meridione e quelli statali finiranno sempre nelle mani sbagliate.

mercoledì 29 luglio 2009

L'anno in cui nelle scuole morì l'autorità


29/7/2009
MARIO VARGAS LLOSA


Alcuni anni fa ho visto a Parigi, alla tv francese, un documentario che mi è rimasto impresso e le cui immagini sono talvolta riportate all’attualità con una forza esplodente dagli eventi quotidiani. Il filmato raccontava i problemi di un liceo della periferia di Parigi in uno di quei quartieri in cui le famiglie francesi povere vivono con gli immigrati di origine sub-sahariana, latino-americani e arabi del Maghreb. Questo istituto d’istruzione secondaria pubblico i cui alunni costituiscono un arcobaleno di razze, lingue, costumi e religioni, era stato scenario di violenze.

Bastonate ai professori, stupri nei bagni e nei corridoi, risse tra bande a colpi di coltello e di spranghe, e, se non ricordo male, persino rivoltellate. Non so se ci fossero stati morti, ma certamente parecchi feriti e la polizia, perquisendo le aule, aveva trovato armi, droghe e alcol. Il documentario non voleva suscitare allarme, al contrario tranquillizzare, mostrando che il peggio era ormai passato e che, con la buona volontà di autorità, insegnanti, genitori e alunni, le acque si stavano calmando. Con evidente soddisfazione, per esempio, il preside faceva notare che, grazie al metal detector appena installato e sotto il quale gli studenti dovevano passare per entrare a scuola, si potevano confiscare i pugni di ferro, i coltelli e le altre armi da punta e da taglio. E, così, i fatti di sangue avevano avuto una drastica riduzione. Si erano approvate disposizioni per fare in modo che sia i professori sia le allieve non si muovessero mai da soli, anche per andare in bagno, ma sempre almeno in due. Al fine di evitare, in questo modo, aggressioni e imboscate. E ancora: la scuola aveva a disposizione permanentemente due psicologi per dare consigli a studenti e studentesse - quasi sempre orfani di almeno un genitore, con alle spalle famiglie devastate dalla disoccupazione, dalla promiscuità, dalla delinquenza e dalla violenza - disadattati o attaccabrighe irriducibili. Ma la cosa che più mi ha impressionato del documentario è stata l’intervista a una docente che faceva, con naturalezza, un’affermazione di questo tipo: «Adesso va tutto bene, ma occorre sapersi giostrare». Spiegava che, per scongiurare le aggressioni e le botte di prima, lei e altri insegnanti s’erano accordati di ritrovarsi, a un’ora stabilita, all’uscita più vicina della metropolitana e di camminare in gruppo sino alla scuola. Così riducevano i rischi d’essere aggrediti dai «voyous». Quella professoressa e i suoi colleghi che, ogni giorno, andavano al lavoro come se andassero all’inferno, s’erano rassegnati. Avevano imparato a sopravvivere e non sembravano neppure immaginare che il mestiere d’insegnare potesse essere qualcosa di diverso da questa loro quotidiana via crucis.

In questi giorni ho finito di leggere uno dei piacevoli e sofistici saggi di Michel Foucault nel quale, con la consueta verve, il filosofo francese sostiene che l’insegnamento, proprio come la sessualità, la psichiatria, la religione, la giustizia e il linguaggio, è sempre stato, nel mondo occidentale, una di quelle «strutture di potere» erette per reprimere e manipolare il corpo sociale grazie a sottili, ma efficaci forme di sottomissione e di alienazione per eternare i privilegi e il controllo del potere da parte dei gruppi sociali dominanti. Bene, se prendiamo in considerazione anche il solo campo dell’insegnamento, notiamo che, a partire dal 1968, l’autorità che castrava gli istinti libertari dei giovani è finita in mille pezzi. A giudicare, però, da quel documentario che avrebbe potuto essere girato in molti altri angoli della Francia e dell’Europa intera, il crollo e il discredito dell’idea stessa di insegnante e di insegnamento - e, in ultima analisi, di qualsiasi forma di autorità - non sembra aver portato alla liberazione creativa dello spirito giovanile, ma, piuttosto, trasformato le scuole così liberate in istituzioni in preda al caos, nel migliore dei casi, e, nel peggiore, in piccole satrapie di bulli e di precoci delinquenti.

È evidente che il Maggio ’68 non mise fine all’«autorità» - che, già da tempo, stava vivendo un processo di generale sfinimento in tutti i settori, dalla politica alla cultura - in particolare nel campo dell’insegnamento. Ma la rivoluzione dei ragazzi-bene, crema delle classi borghesi e privilegiate di Francia, che furono i protagonisti di quel divertente carnevale all’insegna dello slogan «Proibito proibire», ha consegnato al concetto di autorità il suo atto di morte. E dato legittimità e glamour all’idea secondo cui ogni autorità è infida, dannosa, scivolosa e che il più nobile ideale di libertà consiste nel disconoscerla, negarla, distruggerla. Il potere non si sentì minimamente toccato da quest’emblematica arroganza dei giovani ribelli che, senza che la maggior parte di essi lo sapesse, portavano sulle barricate gli ideali iconoclasti di pensatori come Foucault.

Basti ricordare che nelle prime elezioni svoltesi in Francia dopo il Maggio ’68, la destra gollista ottenne una sonora vittoria. Ma l’autorità, nel senso latino di auctoritas, non di potere, bensì, come la definiscono i dizionari, di «prestigio e credito che si riconosce a una persona o a un’istituzione per la sua legittimità o qualità o competenza in una qualche materia», non rialzò la testa. Da allora, in Europa come in buona parte del resto del mondo, praticamente non esistono figure politiche o culturali capaci di esercitare il magistero, nel contempo morale e intellettuale, dell’«autorità» classica che, a livello popolare, era incarnata dai maestri, parola che un tempo aveva un suono così bello perché associata al sapere e all’idealismo. In nessun campo tutto ciò è stato tanto catastrofico per la cultura come nell’insegnamento. Il maestro, spogliato di credibilità e di autorità, trasformato spesso in strumento del potere repressivo, vale a dire del nemico al quale per raggiungere la libertà e la dignità d’uomini bisognava resistere, arrivando, persino, ad abbatterlo, ha perduto la fiducia e il rispetto senza i quali gli era praticamente impossibile adempiere alla sua funzione di educatore, di trasmettitore di valori e di conoscenze. Di più: li ha persi non solo agli occhi dei propri alunni, ma anche a quelli degli stessi genitori e dei filosofi rivoluzionari che, come l’autore di Sorvegliare e punire, identificavano nel maestro uno dei sinistri strumenti di cui - proprio come gli agenti di custodia delle carceri e gli psichiatri dei manicomi - l’establishment si serve per mettere le briglie allo spirito critico e alla sana ribellione di bambini e adolescenti.

Molti maestri, in perfetta buona fede, credettero a questa degradante demonizzazione di se stessi e contribuirono, gettando benzina sul fuoco, ad aggravare la rottura facendo proprie alcune delle più avventate affermazioni dell’ideologia del Maggio ’68 nel settore dell’insegnamento come, per esempio, considerare anormale rimproverare i cattivi studenti, far loro ripetere l’anno e, persino, dare voti e stilare graduatorie tra gli allievi in base al rendimento scolastico perché, attraverso tali «distinguo», si diffonderebbero l’infausto concetto di gerarchia, l’egoismo, l’individualismo, la negazione dell’idea che tutti siamo uguali, e il razzismo.

È vero che queste estremizzazioni non sono riuscite a infettare tutti i settori della vita scolastica, ma una delle conseguenze perverse del trionfo delle idee - delle dispute e delle fantasie - del Maggio ’68 è stata la brutale accentuazione della divisione tra classi a partire proprio dalle aule di scuola. L’insegnamento pubblico è stato una delle grandi conquiste della Francia democratica, repubblicana e laica. Nelle sue scuole e nei suoi collegi, di altissimo livello, le ondate di studenti godevano d’una uguaglianza di opportunità che correggeva, in ogni nuova generazione, le asimmetrie e i privilegi legati alla famiglia d’origine o alla classe sociale d’appartenenza, aprendo ai bambini e ai giovani dei settori meno fortunati la strada del progresso, del successo professionale e del potere politico.
L’impoverimento e il disordine sofferti dall’insegnamento pubblico, sia in Francia sia nel resto del mondo, hanno attribuito all’insegnamento privato - al quale, per motivi economici, ha accesso solo un settore sociale minoritario d’alto reddito, meno toccato dalle distruzioni della presunta rivoluzione libertaria - un ruolo preponderante nella formazione dei dirigenti di oggi e di domani nell’ambito della politica, delle professioni e della cultura. Non è mai stato così vero il detto: «Nessuno sa per chi lavora». Credendo di lavorare alla costruzione di un mondo davvero libero, senza repressioni, mancanza di diritti e autoritarismo, i filosofi libertari come Michel Foucault e i suoi incoscienti discepoli hanno, in realtà, lavorato molto alacremente perché, grazie alla grande rivoluzione da loro propiziata nel campo dell’istruzione, i poveri continuassero a essere poveri, i ricchi, ricchi, e gli atavici detentori del potere seguitassero a tenere la frusta nelle loro mani.

Colpevoli di lesa maestà

29 Luglio 2009

Cos'è la violazione della privacy oggi in Italia? Fare una domanda al dipendente Pecorella su Don Peppino Diana il prete ucciso dalla camorra e riprenderlo mentre ti insulta? Venire querelato per violazione della privacy dal dipendente Pecorella? Essere incensurato e ricevere, a seguito della querela, la visita alle 6.30 del mattino di tre poliziotti solo due giorni dopo? E' violazione della privacy trovarsi trattato come un criminale, la casa perquisita e portato in commissariato? Cari pecorelli di tutta Italia, la vostra privacy sta finendo. Se i due ragazzi avessero querelato per violazione della privacy il dipendente Pecorella, questi avrebbe ricevuto la visita della Polizia alle 6.30 del mattino di due giorni dopo? Siamo ancora uguali di fronte alla legge?

Testo dell'intervista:
A. Didoni: Tutto inizia il 19 luglio, a Milano, quando partecipiamo alla commemorazione della morte di Salvatore Borsellino in una manifestazione dove si chiede verità sulla strage di via D'Amelio.
Il giorno dopo, lunedì 20 luglio, partecipiamo nel pubblico assieme ad alcune persone di Milano contro le mafie a una trasmissione su Telelombardia, Iceberg, che tratta proprio di questo tema. In studio ci sono degli ospiti piuttosto importanti, abbiamo Nando Dalla Chiesa, abbiamo il figlio di Ciancimino (Vito n.d.r.) che attualmente sta parlando ai magistrati proprio in merito a questa trattativa, Nuzzi, l'autore di Vaticano spa e l'onorevole Gaetano Pecorella. Durante la trasmissione l'onorevole Pecorella fece questa dichiarazione: "se pensiamo a questa trattativa tra Stato e mafia si rischia di perdere fiducia nelle istituzioni". Io sono pienamente d'accordo che i cittadini debbano avere fiducia nelle istituzioni, credo anche che le istituzioni abbiano il dovere, però, di guadagnarsi questa fiducia. Ecco perché in diretta un ragazzo che era con me, Dario, fa una domanda all'onorevole Pecorella riguardo a Dell'Utri, co-fondatore del partito in cui Pecorella è, gli chiede se non prova imbarazzo del fatto che Dell'Utri sia stato condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. L'onorevole Pecorella risponde che Dell'Utri è stato eletto regolarmente quindi il problema non si pone. Viene data velocemente la pubblicità dal conduttore Parenzo, e io colgo l'occasione dello stacco pubblicitario per fare un'altra domanda all'onorevole Pecorella, gli chiedo come mai nel 2003, visto che era sia presidente della Commissione giustizia alla Camera sia l'avvocato del presidente del Consiglio, quindi due incarichi importanti, come mai decide di assumere le difese anche di Nunzio De Falco, boss dei Casalesi condannato all'ergastolo come mandante dell'omicidio di Don Peppino Diana, il prete anticamorra di cui parla nel suo libro anche Saviano. Il conduttore mi chiede: "ma perché? Nunzio De Falco non ha diritto di essere difeso?" io rispondo: "certo, assolutamente!", ma non era la mia domanda, e tanto meno stavo mettendo in dubbio il fatto che un avvocato possa decidere chi difendere, è nel diritto di ogni avvocato. Però da cittadino mi sento anch'io di chiedere conto di questa scelta che riguarda il piano morale di difendere Nunzio De Falco. Lui si arrabbia, comincia a dirmi che io con quella faccia lì non so niente perché se avesse letto la sentenza lei avrebbe riscontrato che Don Peppino Diana teneva in casa le armi della mafia.
Io non metto in dubbio che all'interno delle carte processuali ci sia stata questa accusa, però l'ho trovato un modo un po' infelice di ricordare un martire dell'antimafia. La stessa reazione l'ha avuta Nando Dalla Chiesa che ha interrotto l'onorevole Pecorella dicendogli: "difendi pure Dell'Utri ma non infangare i morti ammazzati dalla camorra". Finita la trasmissione, fuori dagli studi decido, proprio per passione civile, di chiedere all'onorevole Pecorella di chiarirmi meglio questo fatto. Dario che era con me aveva con sé una telecamerina digitale, quindi la accende, nel momento in cui esce l'onorevole Pecorella io lo saluto, gli dico: "buonasera onorevole, posso farle una domanda?" lui risponde: "no!" Allora io gli dico: "semplicemente un chiarimento in merito a quanto detto prima sulla morte di Peppino Diana". In quel momento una signora che si qualifica come moglie dell'onorevole mi si pone davanti e mi dice: "cosa volete da mio marito? Lui ha gia risposto!" perché faccio queste domande al marito: "le vada a fare a Saviano..." nel frattempo Dario stava continuando a riprendere l'onorevole Pecorella che non diceva nulla, a un certo punto la signora si pone anche davanti alla videocamera di Dario, gli dice le stesse cose: "...andate via!" ci dà dei cretini e dei poveracci. Lo stesso Pecorella ad un certo punto, preso dalla rabbia si avvicina a Dario, gli dà del cretino e gli tira uno schiaffo sulla telecamera chiudendogli lo sportello. In quel momento anche Nuzzi interviene dice: "no no basta" a noi, allontana l'onorevole Pecorella, sinceramente in quel momento lì abbiamo deciso di andarcene perché l'obiettivo nostro era quello di fare una domanda che ovviamente non riguardava la privacy dell'onorevole Pecorella, la quale non ci interessa minimamente, e avere una risposta in merito ad una dichiarazione che io trovavo da chiarire! Questo non è successo, ce ne siamo andati, io a casa mia, Dario a casa sua, Dario non considerando il video di rilevante importanza non lo ha nemmeno scaricato nel computer, tenendolo nella telecamerina, sta di fatto che giovedì mattina, alle 6:30, Dario riceve la visita di tre poliziotti con un mandato di perquisizione per sequestrare il corpo del reato che era questa cassettina. Che poi era la schedina della telecamera. Si ritrova querelato per violazione della privacy dall'onorevole Pecorella e viene portato in commissariato dove gli fanno vedere una foto mia chiedendogli chi sono, lui poi mi fa presente per telefono quello che è successo io rimango sbigottito. Ad un certo punto durante la mattinata ricevo anch'io una telefonata da parte dei Carabinieri di Vimodrone, comune in cui vivo, mi invitano a presentarmi per parlare col comandante, io nel pomeriggio mi reco presso la caserma dei Carabinieri e mi consegnano un verbale dove mi si attesta che sono indagato per concorso in violazione della privacy dell'onorevole Pecorella.
Il mio amico è stato querelato perché aveva una telecamera in mano mentre io sono indagato per concorso in violazione della privacy essendo l'altra persona, quello che faceva le domande. Non credo assolutamente di aver fatto nulla di sbagliato, di aver infranto la legge, credo che oggi il giornalismo non sia quello che deve essere, non soddisfa i miei bisogni e quelli di tanti cittadini di sapere la verità, e di rivelare magari realtà scomode ma che comunque bisogna ricordare.
blog: la cassettina è stata sequestrata?
A.D.:
blog: per cui non avete nemmeno potuto pubblicare quello che avete girato
A.D.: assolutamente! visto quello che era...
blog: perciò questa azione, secondo voi, a cosa è servita?
A.D.: bè, se devo dire la mia opinione è stato un chiaro atto di intimidazione da parte di un potente verso 2 signori nessuno che volevano fare una domanda e che probabilmente hanno toccato un nervo scoperto
blog: vuole lanciare un messaggio all'onorevole Pecorella?
A.D.: il messaggio che vorrei lanciare è semplicemente che non mi trovo nell'accusa che mi ha fatto, non mi sento colpevole, non credo di avere violato la sua privacy, non credo di essere colpevole di nulla. Quello che faccio lo faccio per passione civile, per informarmi e informare. La cassetta, visto la reazione che avete avuto, non aveva alcun valore, né di informazione né d'altro
blog: colpisce la velocità di azione
A.D.: colpisce molto la velocità perché da lunedì se non sbaglio lui ha fatto la querela martedì e già giovedì la Polizia si è presentata in casa di Dario, che voglio dire è anche un bravissimo ragazzo che poteva avere in casa la famiglia, per fortuna in quel momento era da solo, poteva trovarsi in una situazione imbarazzante senza aver fatto nulla di male. Trattato come un criminale.
blog: un'azione di questo tipo vi inibirà per il futuro oppure è come se non fosse successo nulla per cui alle prossime occasioni. Continuerete a fare domande?
A.D.: continuerò a fare domande perché, ripeto, è una cosa che mi viene da dentro, informarmi e informare credo sia un dovere e un diritto. Non invaderemo mai la privacy, cercheremo di non infrangere mai la legge, non è il nostro obiettivo perché sennò sarebbe stupido quello che facciamo, quindi anche se non fa piacere ricevere una querela da un personaggio così importante la cosa non è...
blog: sotto inchiesta tra l'altro
A.D.: sotto inchiesta tra l'altro e infatti ho evitato di parlare di questo perché non era inerente al fatto, però diciamolo, è un'intimidazione che però non mi fermerà. Non ci fermerà.

Why Not e' morta


29 Luglio 2009
Antonio Di Pietro


Le dimissioni del procuratore Luigi Apicella dalla magistratura ci hanno lasciati sgomenti. Ancora una volta, abbiamo dovuto constatare come i poteri forti riescano a tirare i fili e a condurre il gioco, in spregio a tutte le regole democratiche. Per questo, mi preme segnalarvi una riflessione di un bravo pubblico ministero che ha seguito, in prima persona, l’inchiesta Why Not: Gabriella Nuzzi. La sua considerazione è amara, ma veritiera.

Tra l’altro è bene ricordare che Gabriella Nuzzi è stata un pubblico ministero di Salerno, trasferita dal suo ufficio dal Csm, su richiesta del ministro Alfano, proprio per aver osato indagare sul malaffare giudiziario di Catanzaro.

Anche a lei va la nostra solidarietà per il coraggio dimostrato allora nel fare il suo dovere e per quello di oggi nel rivendicarlo.

"L’addio del Procuratore Apicella alla magistratura è un gesto che desta profonda amarezza e sconcerto, che non può e non deve essere “liquidato” nelle brevi, laconiche parole pronunciate dal Presidente dell’A.N.M.

Occorre riflettere a fondo sulle ragioni di questa “scelta” obbligata.

L’opinione pubblica e le forze sane interne delle istituzioni hanno il diritto di conoscere la verità, del perché un intero apparato istituzionale, sulla base di un’inaccettabile menzogna (l’inscenata “guerra tra Procure”) e con tanta unanimità di intenti, abbia attaccato così violentemente dei servitori dello Stato, tolto loro le funzioni inquirenti, bloccato le indagini nelle quali erano impegnati, messo in atto una meticolosa opera di distruzione della loro reputazione personale e professionale.

Siamo stati lasciati soli, nel silenzio e nella indifferenza di chi, per dovere istituzionale oltre che morale, avrebbe dovuto accertare i fatti e tutelarci, in balia di attacchi di ogni genere, senza alcuna possibilità di difesa, senza diritto alcuno (per quanto mi riguarda, neppure quello ad essere madre), folli artefici di un disastro istituzionale o, piuttosto, testimoni scomodi di una verità devastante, in attesa che, lenta e silente, giunga finalmente la nostra eliminazione, la quiete ritorni e la normalizzazione del “sistema” sia definitivamente compiuta.

Stiamo pagando un prezzo altissimo per quella verità ed è in nome di essa che è necessario fare al più presto chiarezza su quanto è accaduto e sta accadendo, perchè nessun magistrato sia più costretto a lasciare, per il proprio onore, il lavoro che ama.

Dott.ssa Gabriella Nuzzi
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