martedì 1 luglio 2008

Cristo si è fermato a Eboli


Luigi Morsello

Carlo Levi (Torino, 29 novembre 1902Roma, 4 gennaio 1975) è stato uno scrittore e pittore italiano, tra i più significativi del Novecento.
Nasce in un' agiata famiglia di origine ebraica della borghesia torinese, il 29 novembre 1902. Fin da ragazzo dedica molto del suo tempo alla pittura, una forma d'arte che coltiverà con gran passione per tutta la vita, raggiungendo lusinghieri successi sia di critica sia di pubblico.

Dopo avere terminato gli studi secondari, s’iscrive a medicina all'Università di Torino. Nel periodo degli studi universitari, tramite lo zio, l'onorevole Claudio Treves (figura di rilievo nel Partito socialista), conosce Piero Gobetti, che lo invita a collaborare alla sua rivista La Rivoluzione liberale e lo introduce nella scuola di Felice Casorati, intorno alla quale gravita l'avanguardia pittorica torinese.

Levi, inserito in questo contesto multiculturale, ha modo di frequentare personalità come Cesare Pavese, Giacomo Noventa, Antonio Gramsci, Luigi Einaudi e, più tardi, importante per la sua evoluzione pittorica, Edoardo Persico, Lionello Venturi, Luigi Spazzapan. Nel 1923 soggiorna per la prima volta a Parigi e scrive il primo articolo sulla sua pittura nella rivista Ordine nuovo. Si laurea in medicina nello stesso anno e rimarrà alla Clinica Medica dell'Università di Torino come assistente fino al 1928, ma non eserciterà la professione di medico, preferendogli definitivamente la pittura e il giornalismo.

La profonda amicizia e l'assidua frequentazione di Felice Casorati valsero a orientare la prima attività artistica del giovane pittore, con le opere pittoriche Ritratto del padre (1923) e il levigato nudo di Arcadia, con il quale partecipa alla Biennale di Venezia del 1924. Dopo alcuni soggiorni a Parigi, dove aveva mantenuto uno studio, la sua pittura, influenzata dalla scuola di Parigi, subisce un ulteriore cambiamento stilistico, proseguito poi con la conoscenza, tra il 1929 e il 1930, di Modigliani. Con il sostegno di Edoardo Persico e Lionello Venturi, alla fine del 1928 prende parte al movimento pittorico cosiddetto dei "sei pittori di Torino", insieme a Gigi Chessa, Nicola Galante, Francesco Menzio, Enrico Paulucci e Jessie Boswell, che lo porterà ad esporre in diverse città in Italia ed anche in Europa (Genova, Milano, Roma, Londra, Parigi).

Levi, per una precisa posizione culturale coerente con le sue idee, considerava espressione di libertà la pittura, in contrapposizione non solo formale, ma anche sostanziale alla retorica dell'arte ufficiale, secondo lui sempre più sottomessa al conformismo del regime fascista e al modernismo ipocrita del movimento futurista.

Nel 1931 si unisce al movimento antifascista di “Carlo Rosselli. Per sospetta attività antifascista, nel marzo 1934 Levi si procurerà il primo arresto, e l'anno successivo, dopo un secondo arresto, fu condannato al confino nel piccolo centro lucano di Gagliano, oggi Aliano. Da questa esperienza nascerà il suo romanzo più famoso, Cristo si è fermato a Eboli, che nel 1989 verrà anche adattato per il cinema e la televisione da Francesco Rosi.

Nel 1936 il regime fascista, sull'onda dell'entusiasmo collettivo per la conquista etiopica, gli concede la grazia, e lo scrittore si trasferisce per alcuni anni in Francia e continua la sua attività politica. Rientrato in Italia, nel 1943 aderisce al Partito d'azione e dirige insieme ad altri Azionisti La nazione del popolo, organo del Comitato di Liberazione della Toscana.

Nel 1945, Einaudi pubblica Cristo si è fermato a Eboli, scritto nei due anni precedenti. In esso Levi denuncia le condizioni di vita disumane di quella popolazione contadina, dimenticata dalle istituzioni dello Stato, alle quali "neppure la parola di Cristo sembra essere mai giunta". La risonanza che avrà il romanzo mette in ombra la sua attività di pittore: ma la stessa pittura di Levi viene influenzata dal suo soggiorno in Lucania, diventando più rigorosa ed essenziale e fondendo la lezione di Modigliani con un sobrio, personale realismo.(Wikipedia).

Ho letto il libro e visto il film con uno straordinario Gian Maria Volentè.

Definire “Cristo si è fermato a Eboli” un romanzo, anche se di natura autobiografica, credo che sia inesatto.

È a mio avviso un diario dell’esperienza del confine di polizia, durato due anni, il 1935-36.

Rocco Scotellaro, amico personale di Carlo Levi, ha scritto: "Cristo si è fermato a Eboli è il più appassionante e crudele memoriale dei nostri paesi.".

Un memoriale, un diario degli anni trascorsi al confino in Lucania, prima ad Grassano e poi a Aleano (Carlo Levi nel libro riporta la pronuncia locale: Gagliano).

Perché Levi intitola il suo memoriale – romanzo – diario (così accontento tutti) “Cristo si è fermato a Eboli ?

È una domanda retorica, la risposta è insita nella domanda e nel titolo, ma lo stesso autore lo spiega, sono i contadini lucani che dicono "noi non siamo cristiani. Cristo si è fermato a Eboli".

Fatto sta che Eboli è diventata famosa in tutto il mondo civilizzato, o quasi, proprio perché un signore, poeta, medico e scrittore, che credo non è mai stato a Eboli, chiama così la sua opera letteraria.

Dunque, visto che Eboli non ha (più) nulla di pregevole, visto che c’è solo la fama (immeritata) data dalla celebre opera di Levi, ci si sarebbe aspettato, ci si aspetterebbe che Carlo Levi fosse celebrato in tutti i modi dall’amministrazione comunale di tutti i tempi successivi alla pubblicazione dell’opera.

E invece no, non è accaduto !

Non mi risulta che sia stata intitolata a lui una piazza, una strada, un vicolo, niente, quando mai.

Io abito ad Eboli, vi sono residente, sono arrivato a Eboli nel 1941, nel 1967 ho iniziato a lavorare nelle carceri come direttore, tornando ogni anno nel periodo estivo.

Mai sentito parlare a Eboli di Carlo Levi scoperto quasi per caso grazie a quella sua opera.

Solo adesso l’amministrazione comunale gli ha dedicato un busto marmoreo, che si può ‘ammirare’ in vari scatti fatti da me questa mattina.

Da qualche giorno sono state tagliate le erbacce, ma il busto è soffocato da un albero i cui rami lo coprono da una certa prospettiva. Inoltre, il lato a sinistra di chi guarda è deturpato da un croce rossa, (nel cerchio).

Io mi domando come mai non sia stato messo all’ingresso del paese.

Lì invece fa bella mostra di sé (si fa per dire) una anonima madonnina bianca, ma Eboli non ha storie di visioni, apparizioni, emissione di sangue e/o di lacrime.

Dunque perché la madonnina e non il busto di Carlo Levi ?

Boh !

7 commenti:

Unknown ha detto...

Non ho letto il libro.
Carolina

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Potrebbe essere giunto il momento di leggerlo ?
Bada, è una lettura che va fatta con tanta immedesimazione, occorre seguire Carlo Levi e mettersi al suo posto, vivendo con gli occhi della mente e della fantasia le atmosfere che vi sono descritte.
E' un memoriale, abbellito da una scrittura raffinatissima.
Lo devo rileggere per la terza volta, stavolta con molta maggiore maturità.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Ho modificato un segmento, avento trovato in Wikipedia qualcosa che non ricordavo e non potevo controllare.
Sono i contadini lucani che dicono di non essere cristiani, perchè "Cristo si è fermato a Eboli".
Non è dettaglio, ma una connotazione sociologica forte.
Il libro è memoriale, che si trasforma in saggio sociologico, storico, di costumi rurali...

Unknown ha detto...

Ricorda "Fontamara" per caso? Magari lo leggo, però ora per lavoro devo sforzarmi di leggere "Good People in Evil Times" della nipote di Tito, Svetlana Broz.
Carolina

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Non l'ho letto (sono tante le mie carenze), ma ho dato un'occhiata su Wikipedia e penso di sì, almeno per quanto riguarda il lavoro dei contadini, che consentiva loro appena di sopravvivere, cone nella Lucania del 1935.
A proposito, io sono nato ad Avigliano (Pz), ma per un puro accidenti, non sono lucano.
Magari è in inglese quel libro, che stai leggendo per lavoro, mi traduci il titolo?

Unknown ha detto...

Volentieri. In Italiano è "Buona gente in tempi di malvagità". La Broz è cardiochirurgo e ha operato in Bosnia durante la guerra jugoslava. Siccome è la nipote di Tito la gente si fidava di lei e le raccontava i casi di salvataggi di persone dell'etnia nemica, i "Giusti" della Jugoslavia in un certo senso. Lei ha raccolto le testimonianze e ne ha fatto questo libro.
Carolina

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Grazie