di Luigi Morsello
Naturalmente, faceva caldo, per cui l’amico Vincenzo Mottola mi suggeriva di andare a prendere ‘qualcosa di fresco’ al bar, invito da me prontamente accettato.
Siamo andati ad un bar di viale Amendola, del quale ovviamente ometto il nome, ci siamo accomodati in una situazione apparentemente di tutto conforto, essendo entrambi settuagenari abbiamo ordinato due succhi di frutta freschi ‘a piacere’, intrattenendoci in conversazioni amichevoli.
Dopo un po’ sopravvenne il dr. Luigi “Gigi” Cardullo, mio amico d’infanzia (abitavamo entrambi nel palazzo Nigro, detto anche Sing Sing per la sua forma, negli anni ’40 e ’50, rispettivamente io al secondo piano e Gigi al terzo).
Ci siamo trattenuti, io e Vincenzo Mottola, per un po’, anche dopo che Gigi Cardullo era andato via.
Io feci rimarcare la circostanza che gli ombrelloni sotto i quali erano posizionati gli arredi (tavolini e sedie) era ‘graticati’ dalla presenza, piuttosto fastidiosa, di piccioni.
I ‘simpatici’ volatili erano piuttosto invadenti, svolazzando di qua e di là, all’evidente ricerca di cibo. Ebbi l’impressione che non temessero l’uomo, il che significava che venivano tollerati da tutti, avventori e gestori del bar.
Intorno all’ora di pranzo mi accommiatai da Vincenzo Mottola e me ne andai a casa.
Ivi giunto mia moglie notò subito qualcosa di anomalo.
Premetto che indossavo sandali, jeans ed una camiciola di lino blu.
D’un tratto mia moglie, allarmata, disse di togliere subito la camiciola, riservandosi a subito dopo la spiegazione del perché.
Quindi, mi fece notare che la parte posteriore era piena di insetti, letteralmente centinaia di animaletti, che risaltavano bene sul fondo scuro della camiciola.
Allora pensai che, forse, ne avevo anche sui jeans ed era proprio così, sempre sulla parte posteriore. Tolsi anche i jeans e mia moglie, allarmata, infilò immediatamente i due indumenti in lavatrice, per disinfestarli.
Quindi, mi riferì che aveva appreso da letture sui settimanali e da servizi televisivi, che il ‘pidocchio’ dei piccioni selvatici era molto pericoloso per l’uomo e, addirittura, in alcuni casi mortali, riferendomi l’episodio di una studentessa a Pavia che amava studiare a ridosso di una finestra che deva sui tetti di un edificio contiguo e che era stata ricoverata d’urgenza in rianimazione al Policlinico per gravi complicazioni polmonari, causate dai ‘pidocchi’ dei piccioni che infestavano quel tetto e non solo, a Pavia.
Allora ho cominciato a riflettere.
Casualmente, in bagno, dove la camiciola era stesa ad asciugare, notai che alcuni di quegli insetti, biancastri, erano ancora presenti sulla stessa, sopravvivendo ad un ciclo di lavaggio: si muovevano !
E no, così non andava bene ! allora mi sono premurato di fotografarne qualcuno, ne erano rimasti all’incirca una diecina, in ordine sparso.
Mi sono anche premurato di fotografare quelli che gravitano intorno a dove io abito, in attesa che una vecchietta di buon cuore, ma del tutto ignara e indifferente ai rischi (in una precedente circostanza ragguagliata che non doveva dar da mangiare ai piccioni la stessa rispondeva facendo spalluccie ed affermando che erano creature di Dio che avevano anch’esse diritto di vivere e lei avrebbe continuato a dar lorda mangiare): erano lì in attesa del pasto !
Ma ho voluto fare anche una ricerca in Internet, piuttosto faticosa perché trovavo solo siti di disinfestatori, le cui ‘verità’ non mi sembravano molto affidabili (tutti dicevano che potevano causare “60 malattie, alcune delle quali mortali e contagiose per l'uomo, quali psittacosi, criptococcosi, istoplasmosi, ornitosi e salmonellosi. Sono anche vettori per parassiti quali pidocchi, acari, pulci e zecche, rinvenibili in elevate quantità nei siti di nidificazione e nei posatoi”).
Nel corso della ricerca ho trovato un documento a firma di Cristina KHOURY e Michele MAROLI Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate, Istituto Superiore di Sanità, Roma, molto difficile da riprodurre.
Continuando la laboriosa ricerca, ho finalmente trovato uno studio del prof. Claudio Genchi, ordinario di malattie parassitarie, preside della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Milano, corredato da una vasta bibliografia, che è a disposizione di chi me ne facesse eventualmente richiesta, del quale riproduco i passi più significativi.
“ASPETTI SANITARI LEGATI ALLA PRESENZA DEL COLOMBO (Columba livia forma domestica) NELLE AREE URBANE
Claudio Genchi, Ordinario di Malattie Parassitarie, Presidne della.Facoltà di Medicina Veterinaria - Università degli studi di Milano – E-MAIL:
1. INTRODUZIONE
Il fenomeno dell'urbanizzazione dei colombi (Columba livia forma domestica) e il loro costante incremento demografico sono problemi di particolare attualità in relazione alle implicazioni di natura sanitaria,ambientale, biologica e giuridica che comporta. Negli ultimi anni sono sempre più numerosi i singoli cittadini e le amministrazioni che segnalano situazioni di degrado ambientale o richiedono interventi mirati a risolvere i problemi igienico sanitari legati alla presenza di colonie troppo numerose di questi uccelli.
Dal punto di vista ambientale è noto il danno arrecato agli edifici a causa dell'azione meccanica esercitata dagli uccelli e per il depositarsi degli escrementi, danno che diventa incalcolabile quando siano interessati edifici e monumenti di interesse artistico-storico.
Dal punto di vista igienico-sanitario il colombo rappresenta per la salute pubblica un potenziale pericolo sia per la possibilità di veicolare microrganismi patogeni, sia a causa dell’accumulo di materiale organico prodotto dai volatili, substrato ottimale per lo sviluppo di ulteriori microrganismi patogeni. Inoltre l'esplosione demografica di questi volatili ha portato ad un progressivo indebolimento della popolazione dei colombi, rendendola più sensibile ed esposta all'attacco di diversi agenti patogeni.
Studi epidemiologici hanno dimostrato come i colombi urbani risultino interessati da quadri patologici piuttosto ampi ed articolati, comprendenti anche antropozoonosi, caratterizzati da andamenti discontinui con periodiche punte di virulenza e frequenti casi di mortalità nell'ambito delle colonie (Pacetti et al., 1994; Manfredi et al., 1997). Da non sottovalutare inoltre l'emergenza più volte segnalata di episodi di contaminazioni di stabili e ambienti domestici da artropodi parassiti del colombo con gravi ripercussioni sulla salute umana.
I fattori che hanno concorso alla esplosione demografica della popolazione di colombi sono molteplici, fra i quali l'abbondante e costante disponibilità di cibo, la presenza sul territorio urbano di spazi ottimali per il rifugio e la nidificazione, l'uniformità delle condizioni micro e macroambientali fornite dall’ambiente urbano e l'assenza di predatori, con conseguente espansione del periodo di fertilità. Inoltre anche le modificazioni sociali, economiche e comportamentali dell'uomo negli ultimi decenni, tra cui il suo atteggiamento più benevolo e tollerante nei confronti di questa specie animale rispetto ad altre che vivono talora a stretto contatto con l'uomo (topi, ratti, pipistrelli, etc.), hanno contribuito al preoccupante aumento di questa popolazione animale.
Tra i vari rischi connessi alla presenza del colombo, le infestazioni causate dagli argasidi assumono sul piano epidemiologico e della salute pubblica un significato di particolare rilievo. Argas reflexus, Fabricius 1794 (Arachnnida: Acari) è un artropode ectoparassita temporaneo del colombo selvatico Columba livia livia, Gmelin 1789, che in questi ultimi anni si è posto all'attenzione di quanti si interessino di problematiche connesse alla salute pubblica per la sua capacità di infestare edifici adibiti ad uso civile, conseguenza della progressiva, stretta associazione tra l'acaro e le popolazioni di colombi sinantropici (Cagnoli et al., 1985; Sixl, 1975; Dusbabek, 1976; Haag, 1984; Dautel et al., 1991).
2.2 Ruolo patogeno e rischi connessi con la salute umana
Fin dalle prime segnalazioni (Raspail, 1833), la maggior parte delle infestazioni umane da A. reflexus sono state messe in evidenza in seguito alla penetrazione attiva della zecca nell'ambiente domestico (la maggior parte dei pazienti riferisce di essere stato aggredito durante le ore notturne). Ugualmente, fin dall'inizio il morso degli argasidi si è imposto all'attenzione del sanitario per i "fenomeni gravissimi" che è in grado di sostenere (Terrenzi, 1894) e per "l'effettiva perniciosità" per l'uomo (Brighenti, 1935).
Il morso dell'acaro comporta l'insorgenza di una sintomatologia polimorfa che può essere schematizzata come segue:
1. reazioni flogistico/tossiche, localizzate o generalizzate, di diversa gravità
2. reazioni allergiche
3. sindromi a carattere infettivo da agenti patogeni trasmessi.
Sono state osservate forme benigne locali, con la formazione di un pomfo reattivo più o meno evidente, fino ad esitare in sindromi febbrili con cefalea, dolori articolari e linfoadeniti con interessamento dei linfonodi satelliti (Brighenti, 1935; Genchi 1990), nausea e dispnea (Dausbabek e Rosiky, 1976), orticaria, angioedemi, shock anafilattico, edema della glottide, ipotensione (Coudert et al., 1973; Miadonna et al.,
1982; Ottoboni et al., 1990).
La presenza di elevate quote di tossine nei liquidi salivari della zecca, necessarie per il rapido e intenso pasto di sangue, riversate nella ferita causata dall'apparato boccale dell'acaro, facilitano l'insorgenza di sindromi morbose a carattere generale. Se da un lato, infatti, l'azione irritante e tossica esercitata dalla saliva e dagli escreti prodotti dalle ghiandole coxali nel corso del pasto di sangue per il rapido riequilibrio del bilancio idrico dell'acaro sembrano esercitare un ruolo determinante sull'insorgenza delle lesioni reattive, non vi è dubbio che l'elaborazione da parte dell'ospite di immunoglobuline di classe E, che rappresenta uno dei meccanismi fondamentali nel controllo immunitario delle infestazioni da artropodi, è il principale responsabile della sintomatologia allergica. Per altro lo shock a seguito di morsicature da argasidi sembra un evento non del tutto raro, tenuto conto che dal 1975 ad oggi gli episodi descritti in letteratura sono almeno 5 (Grzywacz e Kuzmicki, 1975; Miadonna et al. 1982; Simeoni, 1989, comunicazione personale), di cui 2 con il 7 coinvolgimento di più membri dello stesso nucleo familiare (Zerboni et al., 1985; Ottoboni et al. 1990). Un caso con esito mortale è stato da ultimo segnalato in Milano nel 1991 (Falagiani, comunicazione personale, 1991), ma casi di shock mortale erano già stati descritti nel 1986 (Buysson, 1896).
Si tratta di una patologia in larga parte sommersa, tenuto conto che la problematica è pressochè sconosciuta al medico e come tale sfugge ad una precisa diagnosi. A tale riguardo va ancora sottolineato che circa il 12-15% della popolazione italiana è costituito da soggetti atopici e come tali esposti ad un rischio elevato di reazione allergica grave al morso dell'acaro.
Tenuto conto della patogenesi del fenomeno allergico, della predisposizione dei soggetti atopici a reazioni gravi e al rischio obiettivo da parte di inquilini che abitano in stabili contaminati di essere più volte sottoposti al morso dell'acaro, il fenomeno appare grave e tale da necessitare di un pronto e drastico intervento da parte delle Autorità sanitarie competenti.
A tale proposito va ricordato che spesso il primo contatto con l'acaro passa del tutto inosservato o confuso con lesioni conseguenti alla puntura o al morso di altri artropodi e solo raramente il paziente è sottoposto ad esami di accertamento specifici. Nella Tabella 2 sono riportati i risultati per anticorpi IgE Argas-specifici ottenuti dal controllo di soggetti sospetti negli anni 1987-1992. Su 181 sieri di pazienti con anamnesi di sospetto morso di argaside, 48 (26.5%) sono risultati positivi per anticorpi sierici contro antigeni salivari dell'acaro con vari gradi di risposta RAST. A tale riguardo va notato che, a causa dei complessi fenomeni di interazione che caratterizzano la risposta immunitaria agli antigeni parassitari, mentre la risposta positiva è sicuramente indicativa dell'avvenuto contatto tra parassita e ospite, una risposta negativa non esclude che il soggetto sia stato morso dalla zecca.
Ancora sul piano della salute pubblica, di particolare rilievo è il ruolo di vettore sostenuto da questo artropode. Appare inutile ricordare che le zecche sono riconosciute tra i vettori biologici più efficienti: è noto infatti che il sangue ingerito durante il pasto dalla zecca viene "processato" all'interno dell'organismo dell'acaro e quindi "rigurgitato" nella ferita dell'ospite. In tal modo il passaggio di microrganismi patogeni dalla
zecca verso l'ospite è particolarmente efficiente, facilitato anche dai meccanismi replicativi attivati dal pasto di sangue. Negli argasidi tali meccanismi sono accelerati e resi più potenti. Soprattutto negli stadi ninfali e di adulto, il bilanciamento idrico nel corso del pasto avviene in buona parte tramite il rilascio di liquidi metabolici dalle ghiandole coxali. Questi sono particolarmente abbondanti e possono infettare la ferita praticata dall'apparato boccale della zecca.
In Francia, Argas reflexus è stato trovato naturalmente infetto dai virus Grand Arbaud (GA) e Ponteves (PTV), entrambi della famiglia Bunyaviridae (Hannoun et al., 1970), mentre sperimentalmente è risultato essere in grado di trasmettere il virus Tahyna (TAH) e West Nile (WN) (Hannoun e Rau, 1970) e il virus della encefalite da zecche (TE) (Wegner, 1964). Più volte è stata richiamata l'attenzione sul possibile ruolo dell'argaside nella trasmissione della Malattia di Lyme (Borrelia burgodorferi). Il sospetto era stato emesso sulla base dei dati anamnestici e dei risultati di esami di laboratorio effettuati su due pazienti nella città di Bolzano (Pacetti et al., 1988) e di prove sperimentali condotte da Staneck e Simeoni (1989), indicazioni riprese anche dalla stampa medica di grande diffusione. E’ però importante notare che successive indagini condotte su numerose popolazioni di piccioni hanno dimostrato l’assenza di questo microrganismo, il che porta a concludere che in condizioni naturali Argas reflexus è poco idoneo alla trasmissione della spirocheta 8 (Fabbi et al. 1995) mentre ne conferma il ruolo vettore per Borrelia anserina, specifica degli uccelli e appartenente a un diverso genotipo.
Da ultimo, tenuto anche conto delle elevate percentuali di sieropositività per Chlamydia (20-40%) osservate in colombi provenienti da diverse aree urbane (Pacetti et al., 1994; Manfredi et al., 1997) e delle segnalazioni di infezioni umane conseguenti al morso della zecca (Facco et al., 1991), non è possibile escludere che altri agenti zoonosici possano essere trasmessi dalla zecca in condizioni naturali nel corso del pasto di sangue.
4. CONCLUSIONI
La presenza di colonie di colombi spesso in precario stato di salute e l'invasione da parte degli argasidi di locali adibiti ad abitazione civile è una problematica emergente e sotto certi aspetti drammatica tenuto conto delle obiettive difficoltà di intervento, della capacità della zecca di adattarsi all'ospite umano (vedi anche Benoit-Bazille, 1910) e delle scarse probabilità di una diagnosi precoce di morsicatura sul paziente umano, unico evento in grado di proteggere con una certa efficacia da rischi di lesioni gravi.
Sul piano pratico, accanto all’obbligo di interventi di disinfestazione (meglio dei carbamati sarebbe consigliare l'uso di piretroidi, sostanze dotate di minore tossicità e persistenza) e l’allestimento di opportuni dispositivi per l'allontanamento dei colombi dagli stabili volti al controllo di Argas anche al fine di evitare la possibile emergenza di infestazioni zoonosiche da Ornithomya avicularia (già riportate da Galli Valerio, 1936) e da pidocchi (Columbicola columbae e Lipeurus columbae) recentemente rilevati in abitazioni civili e locali pubblici, è necessario intervenire in modo da ridurre la numerosità delle popolazioni di colombo anche al fine di ottenere una popolazione in migliore stato di salute e in grado di meglio resistere nei confronti dei vari agenti di malattia, inclusi quelli trasmissibili all’uomo.
Tenuto conto delle caratteristiche di urgenza che riveste il problema, è indispensabile che da subito vengano fatti rispettare (dove esistano) o adottati provvedimenti mirati a proibire la distribuzione di cibo ai colombi e ad aumentare le misure di igiene urbana. La causa principale del notevole incremento demografico della popolazione di colombi è da imputare essenzialmente all'intervento dell'uomo. Infatti i colombi cittadini hanno una larga disponibilità di cibo reperibile fra i rifiuti urbani o distribuito direttamente dagli zoofili. La disponibilità di cibo è uno dei principali fattori in grado di regolare l'espansione demografica delle popolazioni animali. La grande quantità di alimento fornito dall'uomo interferisce con i meccanismi di selezione naturale ed annulla gli effetti di questo importante elemento di regolazione. Esperimenti in tal senso hanno dimostrato che la popolazione di piccioni può essere riportata entro condizioni di sviluppo fisiologico e sopportabili sia per quanto riguarda il disturbo arrecato da questi uccelli, sia per il loro stato sanitario semplicemente controllando la distribuzione del cibo e con una attenta applicazione delle norme di pulizia e igiene urbana (Haag-Wackernagel, 1995).
Un primo intervento deve essere quindi mirato a rendere consapevole il cittadino che l'offerta indiscriminata di cibo non è un atteggiamento "zoofilo" e che anzi, nella attuale situazione, può essere causa di gravi danni per la popolazione di colombi. Infatti la mancata selezione naturale nei confronti dei soggetti più deboli e malati facilita la diffusione di malattie, con grave rischio anche nei confronti dei soggetti apparentemente sani.
Altro metodo più volte preso in considerazione per un piano di controllo demografico della popolazione di colombi è rappresentato dalla sterilizzazione farmacologica consistente nella somministrazione di mangime contenente sostanze ormonali ad attività anticoncezionale, oppure alla sterilizzazione chirurgica (vasectomia) dei soggetti di sesso maschile. Questi metodi che possono essere attuati dopo un preciso censimento delle colonie presenti sul territorio urbano, prevedono modalità di intervento differenziati:
- la sterilizzazione farmacologica non necessita di catture, ma si pone come una modalità d'intervento non mirata alla specie colombo, con possibile diffusione nell'ambiente di sostanza potenzialmente nocive per
altre specie animali e per l'uomo;
- la sterilizzazione chirurgica invece prevede la cattura dei piccioni e l'intervento di vasectomia dei maschi; questa tecnica oltre comportare manualità complesse, legate all'intervento chirurgico, e spese elevate, potrebbe risultare poco efficace considerato il comportamento sessuale delle femmine che risultano essere non strettamente monogame.
L'efficacia di entrambi gli interventi dovrebbe essere testata su colonie "stabili" e di numero limitato di soggetti. Si tratta di metodi che messi in atto di concerto ad altre misure di controllo demografico, possono contribuire al contenimento numerico della popolazione di colombi.
È invece piuttosto ben documentato il fatto che una semplice e drastica riduzione numerica dei piccioni come quella che si può ottenere con la cattura e la soppressione o la "deportazione" dei volatili ottiene scarsissimi risultati. Si verrebbero infatti a creare dei vuoti biologici che verrebbero rapidamente riempiti dai nuovi nati e dai giovani soggetti che, trovando ottimali condizioni di sviluppo legate in modo particolare a condizioni innaturali di superalimentazione, riporterebbero in breve tempo la popolazione alla stessa o ad una maggiore consistenza numerica. È inoltre un metodo che non ottiene il consenso della pubblica opinione, degli zoofili e delle associazioni protezionistiche.”
Tanto mi preme di segnalare, con lettera aperta, alle autorità comunali e sanitarie competenti, perché provvedano a quanto previsto per legge.
4 commenti:
CHE ROBA!!!!!!
Anche qui in Puglia dove abito io c'è questo problema in alcune zone della città, che i colombi hanno eletto a loro domicilio stabile.
Però il Comune si è fatto carico del problema e ha cercato di 'sfamare' gli uccelli con mangime anticoncezionale.
Purtroppo c'è sempre qualche cittadino che offre cibo 'normale'...
e non si sa come andrà a finire!
Anche perchè la nuova amministrazione comunale (Pdl) NON sta facendo NIENTE a riguardo.
Vedi:
http://www.mesagnesera.it/content/view/2219/1/
Questo articolo mi ha impressionata non poco.
E' un grosso problema per la salute pubblica e questi sciagurati pensano a 'cazzeggiare' facendoci credere (a chi ci crede!) che tutto si sta mettendo al meglio.
Ah, poveri noi!
Madda
Che tu sia benedetto! Questa piaga dei colombi nacque con la meravigliosa idea, venuta qualche decennio fa, a non so quale sindaco di Venezia,il quale per liberarsi dalla sovrabbondante popolazione locale di pennuti e per non dispiacere alle associazioni dei protettori degli animali, lanciò ai comuni questo messaggio:"vi regaliamo i colombi" Abboccarono in molti, col risultato che oggi vediamo. Un untore , quel sindaco, che col suo gesto non ha risolto il problema della sua città, ma lo ha esteso a moltissime città italiane.
Ho altresì notato che tra i missionari dediti all nutrimento dei piccioni ci sono, in genere, individui di scarsa cultura e non proprio noti per un buon rapporto con il prossimo(umano), infatti reagiscono come belve quando ci si azzarda a consigliar loro di lasciar perdere. Non mi risulta che nessuno di questi benefattori si sia mai posto il problema della povertà e della fame, che pure c'è, di quegli umani che per disgrazia o per incapacità, avrebbero bisogno di un concreto aiuto .
Già ebbi modo di lamentarmi con te di questa piaga, e non passa settimana che sotto casa io non trovi uno o due cadaveri abbandonati di piccioni residenti nella zona. A nessuno passa nemmeno per l'anticamera del cervello di avvertire e sensibilizzare le autorità. Ma, se glielo suggeriamo, i suddetti missionari magari organizzeranno funerali ed onoranze con fiori e preci.
Che mondo stupido!
rossana
ehi, una sentina di pericoli! Io sapevo che i piccioni portano la meningite, adesso anche queste complicazioni polmonari...
Carolina
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