lunedì 15 settembre 2008

Alitalia, Operazione bidone

Nicola Cacace
L'Unità
14 settembre 2008


Che Berlusconi non abbia avuto avuto remore ad usare Alitalia in campagna elettorale è triste ma in linea con la cattive abitudini italiche. Che egli oggi persista nella sua spregiudicata campagna per sottrarsi alle responsabilità di una amara «frittata» è grave.

Che poi accusi «la sinistra di influenzare alcune categorie di dipendenti di Alitalia» è semplicemente scandaloso. Tutto questo significa due cose: o il presidente del Consiglio non sa come uscire da questa terribile empasse o il presidente del Consiglio prende per stupidi i lavoratori di Alitalia e 60 milioni di cittadini.


Ancora una volta Berlusconi ha dato una fregatura a tutti: alla società Alitalia che poteva essere salvata in modi economicamente e giuridicamente più dignitosi, ai 20mila lavoratori di Alitalia che avrebbero pagato prezzi sociali meno pesanti, ai 60 milioni di italiani che dovranno pagare miliardi di euro di debiti della società che invece Air France era disposta ad accollarsi, infine al Paese che al posto di una compagnia di bandiera si ritrova “cornuto e mazziato” con una società in fallimento che non può usare il potere contrattuale dell’ottavo mercato del mondo. Quello stesso potere che Air France era disposta a pagare ben più caro dei 16 capitani coraggiosi. A proposito dei quali non posso non esprimere amara perplessità per almeno per due di essi: l’Ad di Intesa Corrado Passera e il presidente di Cai Roberto Colaninno. Perché una grande banca come Intesa ha accettato di immolarsi in una vicenda così poco chiara come questa? Perché uno dei pochissimi industriali italiani che ha avuto il merito di investire i guadagni finanziari nell’industria manifatturiera, a differenza dei Benetton e Co., ha accettato di esporsi in prima persona in questa impresa?


La verità che sta venendo fuori è che questa sporca partita è stata giocata nel nome di un potente spauracchio, la “italianità” da difendere, occultando i veri obiettivi che erano il salvataggio di AirOne e delle banche che l’hanno finanziata legando ancora più strettamente a Berlusconi una ventina di industriali e banchieri in cambio di contropartite.

Come è stato scritto da autorevoli esperti rimasti senza risposta (Dragoni sul Sole 24 ore del 6 settembre): «Il progetto Fenice suona come il salvataggio di AirOne e delle banche che l’hanno finanziata, tra cui Unicredit e Morgan Stanley. Ci sarebbe più trasparenza se fosse fatta piena luce sulla reale esposizione di banca Intesa verso Toto». Perché né l’Ad né il presidente di Intesa, entrambe persone di grande spessore morale e professionale non hanno risposto alle obiezioni pubblicate sul giornale della Confindustria?


Noi speriamo ancora che l’opposizione, invece di limitarsi al solo commento politico e alle battute estemporanee sappia fare una analisi attenta di quanto sta accadendo in merito ad alcuni aspetti: a) i costi reali che pagheremo per una italianità che è e resterà solamente teorica, sia perché il famoso “lock up”, cioé l’impossibilità di vendere azioni prima di cinque anni, può essere facilmente aggirato, sia perché nessuna crisi di società europea, da Iberia a Sabena a Swiss Air, si è conclusa senza l’intervento di una compagnia aerea internazionale, come Air France, British Airways o Lufthansa; b)l’assurda equiparazione dei valori a 300 milioni di euro tra due realtà diversissime come Alitalia ed AirOne, quest’ultima fortemente indebitata; c) le banche creditrici di AirOne, di cui conosciamo solo alcuni nomi; d) se era giusto prevedere, come successo in precedenti casi di salvataggio - Iberia, Sabena e Swiss Air tra le altre - una riduzione dei costi del personale, era assurdo arrivare ad abolire diritti fondamentali come quello di anzianità; e) dopo la sospensione del titolo in Borsa, ora azioni ed obbligazioni sono carta straccia; f) gli esuberi, tra l’ipotesi Air France e quella Cai, sono quasi raddoppiati.


Infine, ma non per ultimo, perché non indignarsi nei confronti dell’accusa di Berlusconi «Prodi voleva svendere Alitalia» di fronte al disastro di oggi? E non dire invece che Berlusconi, per suoi scopi - salvare AirOne, far fare qualche buon affare a suoi amici, allargare l’area del consenso nell’ambiente industrial-bancario - sta rischiando di fregare Alitalia, 20mila lavoratori e gli italiani tutti.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

FINALMENTE, UNO CHE PARLA CHIARO !