giovedì 18 settembre 2008

Giustizia: detenuti italiani all’estero, record in Germania



Roberto Ormanni
Direttore de
IL PARLAMENTARE


Le carceri della Germania sono le più “affollate” di detenuti italiani. Il dato emerge da uno studio che il ministero della Giustizia ha condotto per fare il punto sulla posizione processuale degli italiani detenuti all’estero. Con mille 140 detenuti la Germania si aggiudica il primo posto nell’elenco stilato dagli uffici di via Arenula, raccogliendo poco meno della metà del totale degli italiani detenuti nel mondo che, complessivamente, sono duemila 820.

Nei penitenziari tedeschi sono 798 gli italiani che stanno scontando una condanna definitiva, mentre 342 sono in attesa di giudizio o di estradizione. Ai primi posti della singolare classifica seguono la Spagna con 336 detenuti, il Belgio con 280 e la Francia con 206. Mentre al quinto e al sesto posto figurano il Regno Unito che ospita nelle sue carceri 179 italiani di cui ben 114 in attesa di giudizio o di estradizione e gli Stati Uniti con 134 detenuti dei quali 115 con sentenza definitiva.

Tra gli obiettivi dello studio ministeriale, condotto in collaborazione con la Farnesina, c’è la necessità di intensificare i rapporti di cooperazione giudiziaria con quei Paesi esterni all’area Schengen che non hanno obbligo di comunicare l’eventuale arresto di cittadini italiani. Ciò allo scopo di valutare in quali casi sia opportuna una richiesta del ministero della Giustizia allo Stato estero per trasferire in Italia il detenuto.

“Si tratta di una richiesta facoltativa – spiegano i funzionari del ministero – che però in alcune circostanze è indispensabile per sottrarre il cittadino italiano ad un regime di detenzione che non sarebbe compatibile con i principi della nostra Costituzione”.

Un compito non facile: “Mentre in ambito comunitario i dati relativi agli italiani vengono aggiornati anno per anno – dicono alla Giustizia – altri Paesi inviano comunicazioni solo quando si procede a specifiche attività in cooperazione giudiziaria o quando vengono avanzate richieste di rogatoria”.
Tra i Paesi extracomunitari gli Stati Uniti e la Svizzera sono quelli con i quali “i rapporti sono costanti e collaudati”, in altri casi invece le comunicazioni “avvengono a singhiozzo”.

Come con il Marocco, dove un paio di anni fa, in occasione di un incendio in un carcere causato da una rivolta, morirono alcuni detenuti italiani e la notizia venne ufficialmente comunicata all’Italia diverse settimane dopo.

Attualmente in Marocco si trovano 27 detenuti italiani di cui 16 condannati con sentenza definitiva.
Nelle carceri dei Paesi Sudamericani sono in tutto 370 gli italiani, nella maggioranza accusati di reati collegati all’associazione mafiosa, al narcotraffico e alla tratta di esseri umani. Al primo posto si colloca il Venezuela con 48 detenuti, seguito dal Brasile con 43 detenuti, Argentina (27), Ecuador (26), Perù (23), Colombia (22), mentre un solo italiano si trova nelle carceri del Nicaragua e un altro nel Paraguay.

I reati contestati ai duemila 353 italiani “ospiti” delle carceri in tutta Europa comprendono invece accuse di corruzione, riciclaggio, contrabbando e, soprattutto in Spagna e Germania, anche omicidio. Perfino Lettonia, Finlandia e Norvegia possono “contare” su due detenuti italiani a testa, accusati di furto, mentre uno è in Polonia e un altro in Serbia e la Romania raggiunge quota 9, di cui 6 in attesa di estradizione. L’unico Paese dell’Europa con il quale non sono stati ancora stipulati accordi per il trasferimento di detenuti è l’Albania, nelle cui carceri si trovano 5 italiani.

L’area geografica meno… gettonata dalla criminalità italiana è l’Africa sub-sahariana: Costa d’Avorio, Eritrea, Senegal e Zimbawe, insieme, raggiungono 7 detenuti italiani, contro i 23 dell’Australia, gli 11 della Thailandia e altrettanti in India. Solo 3, invece, sia in Giappone che in Indonesia. Nell’ultimo biennio, però, il dato relativo all’Asia e all’Oceania è aumentato di quasi un terzo.

Sono diverse le pratiche in corso per il trasferimento in Italia di detenuti all’estero, soprattutto da Paesi asiatici, del Medio Oriente e dell’Africa. Ma le norme prevedono, oltre al consenso o alla richiesta dell’Italia o del detenuto stesso, anche il nulla osta del Paese di provenienza. E il Brasile, ad esempio, ha negato il trasferimento anche per due narcotrafficanti accusati anche in Italia e per il capo di un’organizzazione che trafficava in esseri umani condannato nel Paese sudamericano ma indagato per analoghi reati anche in Italia.

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