
Roberto Ormanni
Direttore de
IL PARLAMENTARE
Ricostruiamo le tappe della vicenda: il 15 maggio scorso il tribunale di Napoli dichiara il fallimento di IFF, accogliendo il ricorso di McDonald Italia, che aveva accumulato alcune centinaia di migliaia di euro di debiti in conseguenza del mancato pagamento delle royalties alla casa madre (i licenziatari pagano royalties del 7 per cento sugli incassi di cui il 2 per cento va alla McDonald Italia e il resto al gruppo statunitense).
A giugno nella gestione della IFF subentrano il curatore fallimentare e il giudice delegato.
La società conserva, naturalmente, i suoi dipendenti, 104 in totale, che restano di fatto “ostaggi” del fallimento. Ma la situazione non è disperata: la IFF è titolare di diversi punti McDonald in Campania e solo quello a ridosso degli scavi di Pompei aveva un fatturato di circa 12mila euro al giorno. Il compito del curatore è dunque quello di riprendere l’attività, sotto il controllo del giudice fallimentare e del comitato dei creditori, rimettere in sesto i conti, pagare i debiti, assicurare lo stipendio ai lavoratori e chiudere la procedura mettendo all’asta una società sostanzialmente risanata che dunque avrebbe buone speranze di tornare sul mercato.
Ma quando il curatore si mette al lavoro vengono al pettine i primi nodi: si accerta che nei mesi precedenti al fallimento la IFF, amministrata da Ilenia De Angelis, aveva dato in affitto, con un contratto di tre anni, ad un’altra società, la IF (Italiana Food), amministrata da altre persone ma partecipata dalla stessa De Angelis, tutti i McDonald precedentemente gestiti.
Un’iniziativa che di fatto avrebbe penalizzato la gestione del fallimento, finalizzata a valorizzare ciò che resta dell’azienda per pagare i debiti. Perciò, poco prima della pausa estiva, il curatore fallimentare ottiene dalla magistratura l’autorizzazione a sequestrare McDonald dati in affitto per farli rientrare nella procedura fallimentare.
L’obiettivo della curatela infatti è sempre quello di riavviare l’attività per salvaguardare posti di lavoro, stipendi e il valore dell’azienda che dovrà essere liquidata.
A questo punto però, inaspettatamente, a sbarrare il passo al curatore è la stessa McDonald Italia che, in considerazione del maggior credito vantato tra tutti quelli iscritti al fallimento, controlla la presidenza del comitato dei creditori.
Una sorta di “conflitto di interessi” dal momento che McDonald, pur avendo, almeno in teoria, la necessità di recuperare i propri crediti dal fallimento, blocca però la riapertura dei punti vendita negando l’autorizzazione ad adoperare il marchio.
In tale situazione di stallo si inseriscono una serie di incontri promossi da McDonald Italia, che ottiene una “mediazione” dal Comune di Napoli, tra gli amministratori giudiziari, i rappresentanti dei lavoratori e gli stessi vertici di McDonald.
Nel corso delle trattative i vertici di McDonald dichiarano di voler lasciare Napoli “che è invivibile” e propongono di assumere gli oltre 100 dipendenti presso altre strutture direttamente gestite dalla multinazionale. In cambio però, i lavoratori devono essere prima licenziati dal fallimento, o devono dimettersi. Una manovra, secondo la curatela fallimentare che per questo non dà il proprio consenso, che mira ad azzerare l’anzianità dei dipendenti e ad incassare i contributi previsti per le nuove assunzioni.
La gestione del fallimento chiede perciò nuovamente l’autorizzazione ad usare il marchio e riaprire l’attività. McDonald sembra “ammorbidirsi” ma vuole in cambio la prelazione in caso di vendita. Anche su questo punto però il curatore fallimentare non può accogliere la richiesta perché la vendita di una società nel corso di una procedura fallimentare deve avvenire al termine di un’asta e sarebbe contro gli interessi del fallimento bloccare le offerte con un diritto di prelazione.
Nei prossimi giorni è fissato un nuovo incontro tra le parti. Intanto, la McDonald ha bloccato anche le forniture alimentari che, per contratto, devono provenire da una società, la Italog, controllata anche questa da McDonald.
Contemporaneamente il curatore fallimentare, in occasione dell’ultima udienza alla quale era presente anche una rappresentanza dei lavoratori, ha accertato che la McDonald ha già avviato i colloqui finalizzati all’assunzione dei dipendenti della IFF. Naturalmente le condizioni sono le dimissioni e la perdita di anzianità.
Sarebbero in molti, però, i dipendenti disponibili ad accettare la proposta. Il rischio è di finire senza lavoro o all’asta giudiziaria per essere acquistati da un’altra società licenziataria. La prospettiva di lavorare direttamente per la casa madre compenserebbe, in pratica, la riduzione dello stipendio a causa della perdita di anzianità.
Ma i responsabili della procedura fallimentare non ci stanno. Sottolineano che una delle ragioni per le quali i lavoratori accettano le condizioni della McDonald è che ormai da due mesi sono senza stipendio (la IFF aveva garantito, già prima dell’apertura del fallimento, il pagamento degli stipendi fino a luglio). Inoltre il conflitto di interessi tra il ruolo imprenditoriale della McDonald e la qualifica di presidente del comitato dei creditori (che con la recente riforma del diritto fallimentare ha ricevuto molti dei poteri di direzione della procedura che un tempo spettavano al giudice) è stato evidenziato dal curatore ai magistrati fallimentari. In pratica si è creata una situazione anomala nella quale il presidente del comitato dei creditori, che dovrebbe agire nell’esclusivo interesse del fallimento e dunque di tutti i creditori, è in realtà, sul mercato, un concorrente dell’azienda che è sottoposta alla procedura e oltre a bloccare la ripresa dell’attività che consentirebbe il pagamento dei debiti, addirittura ne vuole assumere i dipendenti.
In sostanza la McDonald Italia da società che si limita a cedere l’uso del marchio McDonald e a vigilare sull’”impero degli hamburger” per conto del gruppo statunitense, ricevendo in cambio le royalties pari al 2 per cento del fatturato di tutti i fast food presenti in Italia, sarebbe interessata ad entrare direttamente sul mercato, controllando in proprio alcuni punti vendita. Evidentemente in questo modo riuscirebbe ad aumentare notevolmente il proprio fatturato, aggiungendo gli incassi diretti alle royalties.
Tuttavia questa nuova strategia d’impresa della McDonald Italia potrebbe portare alla sua sostituzione, per ordine del giudice, alla presidenza del comitato dei creditori del fallimento in Campania.

3 commenti:
Non si può che auspicare che la magistratura della sezione fallimentare del tribunale di Napoli tuteli gli interessi dei lavoratori dipendenti contro lo strapotere della multinazionale McDonald, alla quale si vorrebbe che anche la sezione fallimentare della Procura della Repubblica di Napoli dedicasse tutta la propria attenzione.
Buongiorno Luigi, ho da poco letto che a livello mondiale, tralaltro, la McDonald sta accumulando una serie di sconfitte non da poco, sia a livello di debiti che a livello di taglio del personale.
Ci stiamo forse accorgendo che la qualità dell'alimento non è forse delle migliori? Certo che un Frico Friulano od una Bufala Napletana saranno meglio, giusto?
Avrei bisogno di un consiglio:
Gli avvocati di berlusconi non si sono presentati all'ultima udienza del processo Mills, ed è stata nominata una giovane avvocatessa d'Ufficio: bene, questa persona avrebbe potuto in qualche modo confermare la colpevolezza del Premier, in un gesto estremo? Oppure aveva la sola facoltà di rimandare il processo?
Le lascio anche il link della notizia:
http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/politica/giustizia-11/processo-mills/processo-mills.html?rss
Almeno simbolicamente, sarebbe stato bellissimo un messaggio del genere ...
Buon Weekend, Willy
Tu vuoi una delucidazione più che un consiglio.
La risposta è: la giovane avvocatessa di turno non conosceva un processo così importante se non per ciò che si è letto sulla stampa, certamente non aveva vocazioni suicide, non poteva far altro che chiedere i termini a difesa per studiarsi le carte processuale, cioè un rinvio dell'udienza che la corte ha concesso nonostante l'opposizione del P.M., del tutto coerente, vista la palese strumentalità dell'assenza dei due avvocati, finalizzata a prendere tempo per arrivare alla prescrizione del reato, solo, bada bene, per l'avv. Mills.
E' di tutta evidenza che una sua condanna (di Mills) per frode processuale investirebbe anche chi lo avrebbe corrotto per mentire in un processo a suo carico, non ricordo quale, e cioè quel Silvio Berlusconi che per via del lodo Alfano non è processabile fino alla fine del suo mandato elettorale.
Il discorso è molto più lungo, ma quanto precede mi pare sufficiente per rispondere alla tua domanda.
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