mercoledì 17 settembre 2008

Norme anti-rom, l’Europa riapre il caso Italia



Paolo Soldini
L'Unità
17 settembre 2008


La vertenza tra il governo italiano e la Ue sulle impronte ai bimbi rom non è affatto «chiusa» come avevano cercato di farci credere. Sono bastate le indiscrezioni (di fonte certa) sull’audizione del commissario alla Giustizia Jacques Barrot davanti agli eurodeputati della commissione parlamentare Libertà civili per demolire le bugie di Maroni e del governo con cui si era accreditato, in Italia, l’«accordo» dell’esecutivo comunitario con le misure anti-nomadi. Come se non bastasse, mentre nel vertice sui rom ieri a Bruxelles, la rappresentante del governo italiano veniva pesantemente contestata, si è andata profilando una nuova occasione di scontro. Alla delegazione di sette deputati della commissione Libertà civili che da domani saranno a Roma, si sono aggregati, senza che nessuno li avesse invitati, alcuni tra i peggiori esponenti della destra razzista e xenofoba di casa nostra, tra cui i fascisti Roberto Fiore e Luca Romagnoli e il collega di partito di Maroni Mario Borghezio, con la trasparente intenzione di «bilanciare» le prevedibili critiche della delegazione «vera».

Ma andiamo con ordine. Barrot, forse di malavoglia, davanti ai parlamentari europei ha dovuto sbugiardare Maroni su due punti. Il primo sono le assicurazioni distribuite a destra e a manca dal ministro sul fatto che la sua risposta alle sollecitazioni al chiarimento venute dalla Commissione di Bruxelles era consistita sic et simpliciter nell’invio dell’ordinanza originaria e che quindi era stata quella l’oggetto dell’«assoluzione» di Bruxelles. Falso, falsissimo. Barrot ha chiarito che da Maroni sono state inviate alla Commissione «spiegazioni» dell’ordinanza che escludevano, tra l’altro, che la raccolta dei dati fosse prevista su base etnica e correggevano precedenti indicazioni inaccettabili.

Ma c’è di più e (per Maroni) di peggio: secondo il commissario le ordinanze italiane contemplano comunque due misure che contrastano esplicitamente con il diritto comunitario. Si tratta dell’obbligo di registrarsi imposto ai nomadi, anche a quelli di cittadinanza europea, entro tre mesi e dell’obbligo di certificare la provenienza delle proprie risorse. Ufficialmente la Commissione non può emettere giudizi su questi due aspetti, mancando ancora la loro approvazione da parte delle Camere italiane, ma ufficiosamente Bruxelles manda a dire a Roma che se non ci sarà una nuova correzione, la normativa italiana verrà considerata illegittima. Il rischio dell’apertura di una procedura di infrazione, oltreché di una pioggia di ricorsi alla Corte europea, dunque, non è affatto sventato. Il problema (per Maroni) è che cedendo anche su questi punti, dell’ordinanza sbandierata a suo tempo ai quattro venti come fulgido esempio di «tolleranza zero» non rimarrà assolutamente nulla. Zero, appunto.

Mentre Barrot a porte chiuse metteva mestamente la parola fine sull’operazione «salvate il soldato Maroni» che era stata messa in piedi nei giorni scorsi tra Bruxelles, Roma e Parigi, ieri si consumava un’altra indegnissima farsa. Per la visita a Roma decisa un paio di settimane fa dalla commissione parlamentare Libertà civili è stata scelta una delegazione che, com’è abitudine, rappresenta tutte le componenti politiche dell’europarlamento. Oltre al presidente Gérard Deprez (liberale), ne fanno parte, infatti, Roberta Angelilli (destra Uen), Giusto Catania (sinistra Gue), Claudio Fava (Pse), Elly de Groen-Kouwenhoven (Verdi) e le due deputate di origine rom Lìvia Jàròka e Viktòria Mohàcsi. Accanto ai sette designati, però, si sono autonominati Fiore, Romagnoli, Borghezio più un gruppetto di esponenti del Pdl come Alfredo Antoniozzi (candidato trombato alle provinciali di Roma), l’ineffabile Elisabetta Gardini, Stefano Zappalà e l’indimenticato Carlo Casini del «movimento per la vita» con l’evidente missione di fare numero e rumore durante la visita ai campi nomadi. A questo punto, le organizzazioni di difesa dei diritti civili e molti parlamentari socialisti, liberali, verdi e di sinistra hanno deciso anch’essi di presentarsi venerdi nei campi rom che saranno oggetto della visita, quello in via Tenuta Piccirilli, quello di Salone e il famigerato Casilino 900.

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