domenica 28 settembre 2008

Quanto durerà il regno di Berlusconi



Eugenio Scalfari
La Repubblica
28 settembre 2008


I PILOTI hanno firmato il contratto da dirigenti, gli assistenti di volo firmeranno da lunedì; gli uni e gli altri hanno ottenuto miglioramenti rispetto alle condizioni iniziali e hanno ceduto su alcuni privilegi che contrastavano con il buon senso e con la natura ormai interamente privata della nuova compagnia di volo. Che peraltro di volo ancora non è, tanto che non può ancora intestarsi gli "slot", le licenze necessarie per far decollare gli aeroplani.

La vicenda tempestosa e ardua dell'Alitalia è dunque arrivata al suo positivo esito finale? Positivo forse sì, finale non direi. Ci saranno, per Colaninno, per Fantozzi e per il governo ancora parecchie gatte da pelare e non sarà un quieto vivere.

Bisognerà anzitutto superare il giudizio della Commissione di Bruxelles sulla legittimità del contratto d'acquisto della polpa di Alitalia che dovrà essere stipulato entro il 30 ottobre tra la Cai di Colaninno e la vecchia Alitalia di Fantozzi.

Secondo le norme europee la scelta iniziale avrebbe dovuto esser fatta mettendo in pubblica gara i possibili acquirenti interessati, ma questa gara non c'è stata; il governo aveva l'idea fissa dell'italianità ed è andato dritto su quella strada, ma ora, prima che il contratto Colaninno-Fantozzi sia stipulato, l'Unione europea potrebbe eccepire e addirittura dichiarare nulla la procedura seguita. Sarebbe una vera catastrofe, non tanto per il Paese ma certamente per il governo; perciò non credo che la Commissione di Barroso e di Almunia si prenderà una simile responsabilità, ma il rischio in teoria esiste.

C'è tuttavia un secondo ostacolo: il prestito dei 300 milioni effettuato con due decreti rispettivamente dal governo Prodi già dimissionario e dal subentrante governo Berlusconi. Quel prestito deve essere rimborsato da Alitalia al Tesoro.

Chi lo deve rimborsare? Fantozzi o Colaninno? La "bad company" di Fantozzi è per il 49 per cento del Tesoro e in più è in liquidazione. Colaninno però quel prestito non l'ha ricevuto perché all'epoca la sua cordata ancora non esisteva. Dunque è discutibile individuare il debitore. Ma esistono dei beni materiali. Per esempio gli aerei e gli "slot".

Potrebbero essere sequestrati dal creditore Tesoro e rivenduti fino a realizzare i 300 milioni. Oppure, anche qui, Bruxelles potrebbe chiudere un occhio visto il buon esito della vicenda.

Infine c'è il problema dell'antitrust. Se e quando nel capitale di Cai entrerà un'impresa straniera il controllo dell'antitrust passerà dall'Autorità italiana a quella europea, rispetto alla quale non vale il decreto Tremonti che ha sospeso i controlli dell'antitrust sull'operato di Cai.

Infine c'è appunto il tema del socio straniero e della quota azionaria da riservargli. Berlusconi vorrebbe che l'arrivo dello straniero avvenisse il più tardi possibile per sfruttare a lungo la rinascita della Compagnia tricolore e desidererebbe che la quota non superasse il 15 per cento del capitale, ma su questo tema la scelta spetta soltanto alla Cai. Si sa che Colaninno preferirebbe Lufthansa che però vorrebbe una quota azionaria maggiore.

Si vedrà, ma questa comunque non è una questione che possa mettere a rischio l'operazione, semmai la rafforza in proporzione diretta alla maggiore o minore presenza straniera.

Gran parte di queste gatte da pelare Padoa-Schioppa, ai suoi tempi, le aveva evitate: la gara internazionale ci fu, la proposta di Air France non prevedeva che lo Stato si accollasse i debiti, non c'era dunque bisogno di alcun prestito se si fosse firmato quell'accordo. Eppure ancora oggi Tremonti svillaneggia il suo predecessore perché secondo lui condusse malissimo quel negoziato il cui fallimento - è bene ripeterlo - fu dovuto all'azione congiunta del personale di volo e di Berlusconi.

Questo è quanto e questo rimarrà agli atti.

* * *
Tuttavia la luna di miele tra il Cavaliere e una robusta maggioranza di italiani continua. Anzi si rafforza. Nonostante le ristrettezze economiche, nonostante alcuni buchi non da poco nella politica finanziaria del governo, nonostante un bel po' di misure oggettivamente sbagliate, nonostante il disagio crescente di vaste categorie sociali e professionali, la luna di miele perdura. Si consolida.

Diventa strutturale o almeno così sembra. Come mai? Alcuni osservatori si sono posti il problema e hanno dato le loro risposte. In particolare su questo giornale che per sua natura e per la qualità dei suoi lettori è il più sensibile a queste questioni e forse il meglio attrezzato per affrontarle.

Il ministro della Cultura, Sandro Bondi, in una lettera pubblicata ieri su Repubblica ci rimprovera perché secondo lui noi non abbiamo capito il fenomeno Berlusconi. Lo attribuiamo - erroneamente - alle sue capacità di demagogo, al suo dominio televisivo e/o alla dabbenaggine di tanti italiani che ripongono in lui la loro fiducia.

"Non avete capito niente" incalza Bondi. "Berlusconi avrà pure i difetti che voi gli avete cucito addosso, gli italiani saranno pure un popolo di allocchi al seguito di un pifferaio, ma la sua vera natura è di essere un modernizzatore e un semplificatore. Conserva le tradizioni ma le modernizza. Decide. Fa girare le ruote della storia. Insomma è uno statista. Se la sinistra non si rende conto di questo e non depone i suoi pregiudizi elitari, scomparirà". Così a un dipresso il nostro ministro della Cultura, che è assolutamente convinto di quanto ci scrive.

Non si stupisca Bondi se, dal canto mio, dico che c'è del vero nella sua visione berlusconista: un modernizzatore che conserva le tradizioni, trasforma l'antropologia sociale e riforma lo Stato. Non un fenomeno effimero ma durevole.

Ce n'è stato più d'uno nella storia dell'Italia moderna. Alcuni di grande livello, altri di mediocre spessore, altri ancora pessimi. Cavour, Giolitti, De Gasperi appartengono alla prima categoria; Bettino Craxi alla seconda. Alla terza - quella dei pessimi - Benito Mussolini. Dove collochiamo l'attuale "premier"?

Bisognerebbe lasciare il giudizio agli storici che rivisiteranno il passato a qualche decennio di distanza, ma anche noi contemporanei abbiamo il diritto di esprimerci. Secondo me Berlusconi va collocato a buon titolo tra i pessimi. La sua modernizzazione procede a ritroso, non è una riforma ma una controriforma. Il suo rispetto delle tradizioni riguarda la loro ritualità e non la loro viva sostanza. Basti guardare al suo rapporto con la Chiesa, che è addirittura blasfemo: non riguarda il cristianesimo ma gli interessi della gerarchia. La stessa cosa avviene quando affronta temi di fondo: la sicurezza, l'immigrazione, la giustizia, la scuola, l'economia, il federalismo, la Costituzione.

Nei primi anni del Novecento Sidney Sonnino lanciò lo slogan "torniamo allo Statuto" (quello promulgato mezzo secolo prima dal re di Sardegna Carlo Alberto). Credo che anche a Berlusconi piacerebbe tornare allo Statuto albertino mettendo se stesso al posto del re. Tutto il resto va di conseguenza.

Gli italiani sono un popolo di allocchi? Non più e non meno di tutti i popoli del mondo. Guardate alla campagna elettorale in corso negli Stati Uniti. Guardate a quella francese di un anno fa: può decidere una battuta, una foggia, un gossip, una promessa lanciata al momento giusto.

Il dominio dei "media" non conta? Non si capisce, se non contasse, perché chi quel dominio ce l'ha non se ne sbarazza nemmeno per tutto l'oro del mondo.



Gli individui di qualunque latitudine pensano innanzitutto alla propria felicità e si arrangiano per realizzarla. Poi, se hanno tempo e spazio, considerano anche la felicità del loro popolo, il bene comune.
"Quando il popolo si desta / Dio si mette alla sua testa / la sua folgore gli dà": così cantavano i poeti del nostro Risorgimento. Ma bisogna che il popolo si desti, cioè che gli individui divengano un popolo. Il che avviene molto di rado.


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Immanuel Kant scrisse nella sua Critica della ragion pura che il peggior pregiudizio è non avere pregiudizi. Lo ricorda Todorov nel suo saggio sull'illuminismo. Sembra un paradosso ma coglie invece un aspetto importante della realtà perché il pre-giudizio è un'ipotesi di lavoro che serve ad orientare la ricerca di una soluzione. Chi non ha un'ipotesi di lavoro procede alla cieca, agisce e decide sulla base dell'emotività propria e di quella della folla. Dei sondaggi. Delle reazioni degli alleati e degli avversari.

Il modernizzatore-tradizionalista-controriformista non ha alcun pre-giudizio. La sua bussola sono i sondaggi e il favore della folla. La folla è la somma degli individui, non è un popolo. La folla è cera molle nelle mani di chi sappia manipolarla. Si tratta di un'arte, non di una scienza e in quell'arte il Nostro è maestro. Perciò è il massimo fautore d'una società "liquida", dove i nuclei associativi, i contropoteri, la pluralità organizzata siano ridotti al minimo.

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La società liquida è un tipico aspetto della modernità a patto che i contropoteri e le istituzioni di garanzia siano in grado di tutelare l'eguaglianza di tutti i cittadini, la libertà di accesso, l'esercizio dei diritti. Se questi presupposti mancano o sono deboli la società liquida non è un aspetto della modernità ma un ritorno all'antico, dal popolo alla plebe. Inoltre favorisce il rafforzamento di corporazioni e di mafie.

La globalizzazione porta con sé società liquide, professionalità ondivaghe e precarie, diritti incerti, mercati senza regole, contropoteri evanescenti. Le crisi assumono ampiezze e intensità mai viste prima, come avviene per gli uragani che sconvolgono i mari e le terre di pianura senza montagne che frenino il furore del vento.

Di fronte a crisi globali lo Stato si ripropone come l'assicuratore di ultima istanza. Riassume i pieni poteri. Non tollera controlli. Semplifica. Spazza via gli ostacoli. Confisca i diritti che possono frenarlo. In una società globale e liquida il potere si identifica con i governi nazionali. Il nazionalismo torna ad essere preminente nelle scale valoriali. I fondi sovrani diventano strumento di potenza e volontà di potenza. Guardatevi intorno e vedrete che questa è la realtà che ci circonda. E per tornare ai casi nostri, di noi italiani, importa poco stabilire se il "format" berlusconiano sia una causa o un effetto, se sia duraturo o precario. Quel "format" c'è ed è all'opera da quindici anni. Non accenna a indebolirsi.

Dobbiamo unirci a chi lo applaude? Dobbiamo scegliere l'indifferenza e l'estraneità? Dobbiamo capirne la natura e resistergli? Il mio pre-giudizio è di resistergli avendone capito la natura. Sono molto affezionato ad un pre-giudizio che non mi impedisce di comprendere il diverso da me né di sognare e operare per una società dove i diritti e i doveri siano eguali per tutti e non ci sia solo tolleranza ma amore. In un mondo democraticamente ideale la tolleranza è offensiva rispetto all'amore e la tolleranza zero è una turpe bestemmia. Lo dicono anche i preti e questa volta sono d'accordo con loro.

(28 settembre 2008)

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Sconsolata analisi di Eugenio Scalfari, che qualifica Berlusconi come un pessimo e finto liberalizzatore, così come lo fu Benito Mussolini.
Condividete ?