
La Repubblica
11 settembre 2008
"Bene - dice Travaglio - sono spiacente di informare lorsignori che, dopo lunghe ricerche, ho finalmente trovato l'assegno e l'estratto conto della carta di credito Diners con cui pagai il conto di quella vacanza all'hotel Torre Artale di Trabia. L'assegno, emesso il 19 agosto 2002 dal mio conto presso il San Paolo-Imi di Torino e poi negoziato dal Banco di Sicilia (che lo conservava nei suoi archivi di Palermo), ammonta a 2.526,70 euro. I restanti duemila euro li pagai con la carta Diners (versamento datato 18 agosto 2002)". "So che nessuno mi chiederà scusa per aver messo in circolo quelle menzogne sul mio conto. Ma - conclude Marco Travaglio - spero almeno che, in cuor suo, si vergogni".
La risposta di Giuseppe D'Avanzo
Ricapitoliamo, una buona volta questo affare, le questioni che sono in discussione e i benedetti "fatti" che, per Marco Travaglio, dovrebbero farmi vergognare.
Partiamo dai "fatti".
Travaglio non parla mai di Giuseppe Ciuro, come se la presenza di questo signore fosse marginale. Al contrario, è essenziale. E non per sostenere che l'integrità di Travaglio è compromessa dalle vacanze comuni con un infedele poliziotto poi definito da una sentenza "criminale" e condannato a quattro anni e mezzo di galera. Quando vi ho fatto cenno in maggio, volevo dimostrare quanto fragile e pericoloso fosse un metodo di lavoro che - abusando della parola "verità" - declina la conoscenza di Schifani con un tizio, quattro anni dopo indagato per mafia, come prossimità alla mafia. Come mafiosità.
Travaglio sembra non comprendere di che cosa voglio discutere. O forse non ne ha voglia. Gli interessa soltanto difendere se stesso (lo capisco) e insultare e invitare i suoi lettori a farlo (lo capisco meno).
Purtroppo anche la sua difesa, presentata come definitiva, come esaustiva, è alquanto debole, se si deve proprio parlarne. Cincischia un po' sulle mie fonti. Fa confusione. Fa credere che la mia fonte sia l'avvocato di Michele Aiello. Chi lo ha mai detto o scritto?
Ho scritto: "Marco [Travaglio] e Pippo [Ciuro] sono in vacanza insieme, concludono per approssimazione gli investigatori di Palermo. Che, durante le indagini, trovano un'ambigua conferma di quella villeggiatura comune. Prova maligna perché intenzionale e non indipendente. Fonte, l'avvocato di Michele Aiello. Il legale dice di aver saputo dal suo assistito che, su richiesta di Pippo, Aiello ha pagato l'albergo a Marco. Forse, dicono gli investigatori, un residence nei dintorni di Trabia". E' di tutta evidenza che l'avvocato di Aiello non è la mia fonte, nonostante gli sforzi di confondere le acque.
Ma queste, come direbbe Michele Santoro, sono "quisquilie". Travaglio vuole dimostrare, "carta canta", che si è pagato di tasca sue le sue vacanze siciliane.
Travaglio tiene, soprattutto, a smentire una frase del mio articolo.
Questa: "[Dice l'avvocato che] Aiello ha pagato l'albergo a Marco".
Con enfasi, annuncia dal suo sito: "Ho finalmente trovato l'assegno e l'estratto conto della carta di credito Diners con cui pagai il conto di quella vacanza all'hotel Torre Artale di Trabia. L'assegno, emesso il 19 agosto 2002 dal mio conto presso il San Paolo-Imi di Torino e poi negoziato dal Banco di Sicilia (che lo conservava nei suoi archivi di Palermo), ammonta a 2.526,70 euro. I restanti 2 mila euro li pagai con la carta Diners (versamento datato 18 agosto 2002)".
Ora Travaglio sa - e lo ha ammesso - che con il "criminale" Giuseppe Ciuro ha trascorso una vacanza nel 2003.
Racconta al Corriere della Sera (15 maggio 2008): " [L'anno successivo, mese di agosto del 2003] Andai con la famiglia per dieci giorni al residence Golden Hill di Trabìa [si confonde: il Golden è ad Altavilla Milicia] dove di solito alloggiavano Ciuro e Ingroia [è un pubblico ministero del pool di Palermo] e ci fu quella buffa storia dei cuscini poi finita nei brogliacci delle intercettazioni".
"Ma al Golden Hill chi pagò il conto?", chiede il Corriere.
Risponde Travaglio: "Io ho pagato la prima volta il doppio di quanto stabilito e per il residence ho saldato il conto con la proprietaria. Tutto di tasca mia, fino all'ultima lira e forse se cerco bene trovo pure le ricevute".
E' il saldo del soggiorno al Golden Hill, dunque, a dover essere confermato, se proprio si vuole. Perché l'avvocato di Aiello indica, come pagato dal suo assistito a vantaggio di Travaglio, il soggiorno al residence di Altavilla (2003) e non le vacanze all'Hotel Artale di Trabìa (2002).
Dice infatti al Corriere (15 maggio 2008) l'avvocato Sergio Monaco, difensore di Aiello (e naturalmente le sue parole, come quelle di Aiello, non sono oro colato): "Posso solo dire che l'ingegner Aiello conferma che a suo tempo fece la cortesia a Ciuro di pagare un soggiorno per un giornalista in un albergo di Altavilla Milicia. In un secondo momento, l'ingegnere ha poi saputo che si trattava di Travaglio".
Ora sono sicuro che Travaglio, come ha trovato i cedolini del pagamento del 2002, possa agevolmente rintracciare anche quelli dell'anno successivo.
E' quel che mi auguro perché Travaglio dovrebbe sapere, come lo so io, che vivere delle colpe altrui è un po' "come vivere a spese altrui".
Per vergognarsi c'è allora tempo. Più urgente è ragionare. Non di Aiello, ma di Ciuro e di un modello giornalistico.
Vediamo qual è, a mio avviso, il nocciolo della discussione.
Marco Travaglio, in maggio, è ospite a Che tempo che fa.
Questo è l'esordio
(il video è su Youtube).Travaglio: "L'elemento di originalità [della situazione italiana] è che noi non siamo stati sempre così. E' molto istruttivo quando vengono elette le alte cariche dello Stato. Tutti i giornali pubblicano tutti i nomi dei personaggi che hanno ricoperto quella carica. E uno si rende conto che una volta avevamo De Gasperi, Einaudi, De Nicola, Merzagora, Parri, Pertini, Nenni, Fanfani. Possiamo fare una lunga lista, poi uno arriva e vede Schifani. E' la seconda carica dello Stato... Schifani... Mi domando chi sarà quello dopo. In questa parabola a precipizio c'è soltanto la muffa; probabilmente, il lombrico (applausi scoscianti)... dalla muffa si ricava la penicillina: era dunque un esempio sbagliato (nuovi applausi con rumorose risate, ride anche Travaglio)".
Sarà dunque un lombrico, il successore di Schifani. Il lombrico è il nome comune dei vermi della famiglia dei Lombricidi. Le parole di Travaglio significano dunque questo: dopo Schifani, soltanto un verme potrà fare il presidente del Senato.
Temo che quest'affermazione - che marca l'altro come indegno - non possa essere considerata "un fatto" da nessuno - sia che faccia giornalismo o che con il giornalismo non abbia nulla a che fare. Non è neanche un'opinione sostenuta da un argomento, più o meno condivisibile.
Il prossimo presidente del Senato non sarà un uomo magari più screditato e opaco di Schifani. No, Schifani è già ai bordi dell'umanità. Già annuncia l'arrivo dell'inumano, la "parabola a precipizio" nel regno animale.
La logica di valore e disvalore dispiega qui tutta la sua distruttiva consequenzialità. Crea una definitiva svalutazione nel non-umano: è il disvalore assoluto. Io non so se Travaglio se ne renda conto (non credo), ma forse si potrà convenire che in questa logica di guerra "per una justa causa" che non riconosce "un justus hostis" si odono echi - questi, sì - inquietanti. Era Grigorj Pjatakov a gioire della condanna di Zinov'ev e Kamenev dalle pagine della Pravda (21 agosto 1936) con queste parole: "Questa gente ha perduto l'ultima sembianza di umanità. Essi devono essere distrutti come carogne".
Bollare la parte avversa come disumana, anzi come prossima alla non-umanità, consente sempre di scatenare una guerra assoluta, di coltivare un'inimicizia assoluta contro un nemico assoluto. In questo contesto "emozionale" (e chi lo sa perché in studio si rideva e sghignazzava: anche questo meriterebbe "un'analisi a sé"), Travaglio affronta le "amicizie mafiose" di Schifani.
Mi chiedo può essere considerato giornalismo, buon giornalismo, andare in televisione e presentare non il presidente del Senato, ma semplicemente un uomo, come un quasi-verme? Davvero è "giornalismo dei fatti" sostenere, a freddo e fino a quel momento senza alcuna delucidazione (e quale poi poteva essere?) che un tipo è poco più di un verme? Non è neanche un'opinione. E' soltanto un nudo insulto, una consapevole offesa, un rito di degradazione. Davvero avrebbe diritto di cittadinanza in un altro paese occidentale alla voce giornalismo? Io penso che sia soltanto un'operazione vocale sulla psiche altrui, una sofisticazione del "malumore dilagante".
Le spiegazioni infatti, a Che tempo che fa, verranno soltanto dopo qualche domanda, quando Travaglio dirà: "E' chiaro che se il clima politico induce a un rapporto di distensione tra l'opposizione e la nuova maggioranza... Schifani ha avuto delle amicizie con dei mafiosi. Io devo fare il giornalista. Io devo raccontarlo. Lo ha raccontato Lirio Abbate, nel libro che ha scritto con Gomez e viene celebrato, giustamente, come un giornalista eroico minacciato dalla mafia. Ora o si ha il coraggio di dire che Lirio Abbate è un mascalzone e un mentitore o hanno il coraggio di prendere nota di quello che scrive e chiedere semplicemente alla seconda carica dello Stato di spiegare i rapporti con quei signori che sono poi stati condannati per mafia".
Non solo Schifani è poco più che un verme, è anche uno vicino alla mafia. Questa è la "verità" di Schifani che Travaglio ha voluto raccontare.
Si vedono qui gli abissi sopra i quali si svolgono le accorte e sapientissime requisitorie del processo politico: già Schifani era un "quasi verme", volete che non sia anche un criminale, un mafioso? Evocare "la mafia" dopo la non-umanità di quell'uomo non è "pescare nel medium sublogico" (come forse direbbe Franco Cordero): non solo Schifani è poco più che un verme, come vi ho già detto, è anche uno vicino alla mafia. E ora giudicatelo voi!
Questa è la "verità" di Schifani che Travaglio ha voluto raccontare. Ma un decente giornalismo può davvero considerare quelle parole accettabili come "la verità" (di "verità" parla in lettere, interviste, conferenze stampa)? Di che cosa è fatta quella "verità"?
Avere incrociato un mafioso - meglio un tipo che soltanto dopo è stato indagato e condannato per mafia - vuol dire davvero essere, sempre e in ogni caso, necessariamente, complice della mafia?
Molto mi è stato (e mi è ancora) rimproverato il ricordo della vacanza sconsiderata di Travaglio. Le carinerie che mi sono state riservate oscillavano e oscillano tra il "maiale" e il "venduto".
In realtà, ho voluto soltanto applicare (Travaglio sembra non comprendere le mie obiezioni) il cosiddetto principio tu quoque: atti uguali vanno valutati a uguali parametri. Chiedo: aver trascorso una vacanza con un tipo che poi si è rivelato un criminale, e dunque in piena innocenza e senza alcuna consapevolezza, vuol dire davvero essere per riflesso un criminale?
Mi sembrava (e ancora mi sembra) che il tu quoque potesse svelare di quale grana era fatta la perfomance di Travaglio, il suo giornalismo, la sua deprecazione, l'approccio alla realtà che è chiamato a raccontare. A me sembra che Travaglio ne abbia un'immagine artificiale, stretta in un ordine rigido. Tutto il bene da una parte, tutto il male dall'altra. Ne consegue una morale assoluta, incompatibile con il caso, l'imprevisto, il dubbio, l'ambivalenza, l'innocenza (e non dimentico che anche il mio lavoro si è mosso spesso lungo quelle strade).
Questa convinzione di Travaglio - una volta lontana dal rendiconto di un esito processuale - riduce ogni cosa alla coppia amico/nemico, buono/cattivo, bene/male, interno/esterno. Crea le particolari condizioni per cui egli (o chi come lui) "può provare tutto ciò che crede e credere a tutto ciò che può provare" perché, se è lecito citare in un'occasione come questa Hannah Arendt, confonde la logica formale con il "pensiero" e la coerenza con la "verità". Alla fine, per far tornare i conti, è un modello che deve "aggiustare" le carte perché non è sempre vero che il giornalismo di Travaglio sia fatto soltanto di "dati concreti" e di "fatti". A volte, è costruito con disinvoltura e anche con qualche omissione, come questa sua ultima e infelice replica.

1 commento:
Chi è Giuseppe D'Avanzo.
"Giuseppe D'Avanzo (Napoli, 10 dicembre 1953) è un giornalista italiano, che attualmente scrive sul quotidiano La Repubblica.
L'attività giornalistica.
Laureato in filosofia e giornalista professionista, dopo aver lavorato al Corriere della Sera, nel 2000 è approdato a La Repubblica. Ha curato con il giornalista Carlo Bonini, suo decennale collaboratore, i principali scoop investigativi nei quali la cronaca nera s'è incrociata con la politica, soprattutto estera e militare.
Le inchieste
Il "Nigergate" - che vide approdare nel discorso sullo Stato dell'Unione di George W.Bush la falsa notizia del tentativo di Saddam Hussein di acquistare uranio del Niger, tipo "yellowcake" - fu da lui ricollegato ad un dossier costruito a Roma in ambienti contigui ad ambasciate africane ed al Sismi, il servizio d'intelligence militare italiano.
Il rapimento di Abu Omar fu da lui ripetutamente ricollegato non solo ad attività clandestina della CIA in territorio italiano, ma ad una vera e propria operazione congiunta degli statunitensi con il Sismi: la pubblicazione di indizi in tal proposito si valse delle prime indagini condotte dalla Procura di Milano, ma parve anche indirizzarle in un feed-back alquanto inusuale, accennando alla possibilità che la rilevazione satellitare delle utenze di telefonia mobile dei rapitori indicasse che sul luogo del rapimento vi fossero anche agenti italiani.
La strada così aperta condusse all'individuazione della sinergia illecita tra il cosidetto "tiger team", una squadra di esperti informatici della Telecom-Italia e Sismi, che si sarebbe svolta sia per depistare le precedenti indagini, sia per mettere sotto controllo una serie di personaggi pubblici italiani. L'indagine in proposito è ancora in corso, ma le notizie sul "centro d'ascolto" di via Nazionale si sono arricchite nel 2006 della notizia che lo stesso D'Avanzo sarebbe stato tra gli intercettati.
Le critiche sulle fonti
Spesso, le inchieste del team Bonini-D'Avanzo hanno fatto discutere. Probabilmente per reazione a tale ricca messe informativa, s'è più volte affacciata l'ipotesi[1] che D'Avanzo e Bonini abbiano fonti direttamente nel mondo degli agenti segreti.
Tale "fisiologico" precipitato delle rivalità tra testate ha registrato un'impennata dopo la scoperta (nel caso Telecom-Sismi) che il giornalista Renato Farina era a "libro paga" del Sismi. Farina, allora vice direttore del quotidiano Libero, venne difeso da Giuliano Ferrara, che si offrì di assumerlo anel quotidiano da lui diretto, Il Foglio, nel caso fosse stato licenziato da Libero.
Il vicedirettore del Corriere della Sera, Pierluigi Battista (che è anche collega di Ferrara a LA7, conducendo Altra Storia) il 9 luglio 2006 scrive un articolo in cui critica l'operato di Farina hiedendosi, con quella che appare essere una domanda retorica, se questi e Ferrara avrebbero difeso allo stesso modo anche un eventuale Marco Travaglio che fosse stato scoperto a collaborare con la Procuratore nazionale antimafia o Giuseppe D'Avanzo eventualmente scoperto a collaborare con il capo della polizia (allora Giovanni De Gennaro):
« E un' altra domanda, a Ferrara e a Farina. Se per pura ipotesi, tanto per dire, un giorno si dovesse accertare un qualche rapporto di remunerazione tra Marco Travaglio, a Ferrara e Farina assai inviso, e la Procura antimafia, Ferrara e Farina difenderebbero quel passaggio di denaro nel nome della «superiore» lotta alla mafia? E se, sempre per paradosso, anche Giuseppe D' Avanzo venisse scoperto a percepire una «giusta mercede» dal capo della Polizia nella guerra al crimine, Libero e il Foglio sparerebbero a zero, oppure farebbero mostra di comprendere quanto penosa e irta di contraddizioni sia la sfida alla malavita che ha visto arruolarsi il loro giornalista-nemico? C' è da dubitare della seconda ipotesi. »
Pierluigi Battista, Corriere della Sera, 9 luglio 2006
Circa un mese dopo, il 2 agosto 2006, Francesco Cossiga, interpretando (o fingendo di interprettare) l'esempio portato da Pierluigi Battista come fosse una rivelazione giornalistica su possibili collaborazioni tra D'Avanzo e De Gennaro, ha presentato un'interrogazione parlamentare al Ministro dell'interno Giuliano Amato in cui si chiede se D'Avanzo e Travaglio siano con l'ex capo della polizia, in rapporto di giornalista-fonte, o se invece dal secondo ai primi vi sia stato passaggio di danaro, chiedendo se in questo caso non sarebbe stato più corretto assumerlo direttamente al SISDE:
« Si chiede di sapere:
alla luce dell'articolo di Pier Luigi Battista sul quotidiano "Corriere della Sera", se corrisponda a verità l'ipotesi da detto autorevole giornalista formulata, e pur considerando, se vera, la cosa assolutamente lecita, se nell'interesse delle tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e della necessaria attività di informazione, disinformazione e controinformazione, i giornalisti Marco Travaglio e Giuseppe D'Avanzo siano a "libro paga", e per quale somma, del Capo della Polizia dott. Gianni De Gennaro, cui sono notoriamente legati da vincoli di amicizia e collaborazione, come dimostrato dalla loro campagna contro il SISMI;
qualora l'ipotesi sia vera, se non si ritenga opportuno rendere permanente e più ampia la loro collaborazione, facendoli asssumere come informatori occulti dal SISDE. »
(Interpellanza del Senatore Francesco Cossiga al Ministro dell'Interno)
Il ministro Amato negherà il coinvolgimento dei due giornalisti con il ministero degli Interni e la polizia.
E' da notare che nello stesso giorno lo Cossiga aveva presentato diverse interpellanze sulle indagini effettuate nei confronti del personale del SISMI e sul Caso Abu Omar, in cui si evidenziava la sua contrarietà all'operato dei magistrati, tra cui un'interpellanza apertamente provocatoria, al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri degli affari esteri, dell'interno e della difesa, in cui chiedeva se, dopo "lo smantellamento, tramite tempestivi arresti, della Divisione controspionaggio del SISMI" da parte della Porcura di Milano non sarebbe stato il caso di contrattare con Al Qaeda l'immunità per i cittadini e gli interessi italiani in cambio de "lo smantellamento di tutto l'apparato di sicurezza antiterrorismo dei Servizi di informazione e sicurezza, dell'Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di finanza", chiedendo di nominare come ambasciatore per le trattative il sostituto procuratore della Repubblica di Milano Armando Spataro."(Wikipedia).
Forse, adesso qualcosina in più è dato capire.
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