sabato 18 ottobre 2008

Abbasso l'Itaglia


UMBERTO ECO
L'ESPRESSO

Per rovinare il Paese pensavamo ci volesse un secolo. Invece ci si è arrivati molto prima. E con il consenso della maggioranza degli italiani Delle celebrazioni papaline a Porta Pia si è già detto abbastanza e basterebbe l'articolo di Scalfari su questa stessa pagina la settimana scorsa. Noto solo che il monumento al bersagliere lo aveva fatto erigere Mussolini nel 1932. Alemanno, Alemanno, non c'è più religione. Comunque sono indotto a tornare sull'episodio perché esso si inserisce in una serie di fenomeni di regresso storico di cui in alcune mie Bustine, come l'invenzione del 'downgrading' e il fatto che ci pare di essere tornati al 1944, con le pattuglie di soldati per le strade e maestri e alunni in divisa. Nel caso del XX Settembre invece di tornare a Windows XP si è tornati a Pio IX.

In una bustina di circa un anno fa rilevavo l'infittirsi su Internet di siti antirisorgimentali e filo borbonici. Ora appare sui giornali che un terzo degli italiani è favorevole alla pena di morte. Stiamo tornando al livello degli americani (fuck you Beccaria), dei cinesi e degli iraniani. Altro commovente ritorno al passato è il bisogno sempre più urgente di riaprire la case di tolleranza, non dei locali moderni adatti al caso ma 'quelle' case di una volta, con gli indimenticabili pisciatoi all'ingresso e la maîtresse che gridava "ragazzi in camera, non facciamo flanella!". Certo che se tutto potesse avvenire con l'oscuramento e magari il coprifuoco sarebbe più gustoso. A proposito, il concorso per le veline non fa pensare al sogno ricorrente delle ballerine di fila dell'indimenticabile avanspettacolo?

Nei primi anni Cinquanta, Roberto Leydi e io avevamo deciso di fondare una società antipatriottica. Era un modo di scherzare sull'educazione che avevamo ricevuto durante l'infausta dittatura, che la Patria ce l'aveva condita in tutte le salse, sino alla nausea. Inoltre stavano risorgendo gruppi neofascisti, e infine la televisione aveva un solo canale in bianco e nero e bisognava pure trovare un modo di passare le serate.

La società antipatriottica assumeva come proprio inno la marcia di Radetzky e si proponeva ovviamente di rivalutare la figura morale di quella limpida figura di antirisorgimentale; si auspicavano referendum per la restituzione del Lombardo Veneto all'Austria, di Napoli ai Borboni e naturalmente di Roma al papa, la cessione del Piemonte alla Francia e della Sicilia a Malta; si sarebbero dovuti abbattere nelle varie piazze d'Italia i monumenti a Garibaldi e cancellare i nomi delle vie intitolate sia a Cavour che a martiri e irredentisti vari; nei libri scolastici si dovevano insinuare fieri dubbi sulla moralità di Carlo Pisacane e di Enrico Toti. E via discorrendo. La società si era sciolta di fronte a una scoperta sconvolgente. Per essere veramente antipatriottici e volere la rovina d'Italia sarebbe stato necessario rivalutare il Duce, e cioè chi l'Italia l'aveva rovinata davvero, e dunque avremmo dovuto diventare neofascisti. Ripugnandoci questa scelta, avevamo abbandonato il progetto.

Noi allora facevamo per ridere ma quasi tutto quello che avevamo allora immaginato sta realizzandosi - anche se non ci era neppure passato per testa di voler fare con la bandiera nazionale quello che poi Bossi ha annunciato di voler fare, e non ci era venuta in mente l'idea veramente sublime di celebrare coloro che avevano ammazzato i bersaglieri a Porta Pia. A quei tempi c'erano i democristiani al governo che si occupavano di tenere la chiesa a freno per proteggere la laicità dello Stato, e il massimo di neo-clericalismo era stato l'appoggio dato da Togliatti al famigerato articolo 7 della Costituzione che riconosceva i patti lateranensi.

Già da un po' di anni si era sciolto il movimento dell'Uomo Qualunque che aveva sollecitato per un certo periodo sentimenti antiunitari, diffidenze verso una Roma corrotta e ladrona, o contro una burocrazia statale di fannulloni che succhiavano il sangue della brava gente e laboriosa. Non ci passava neppure per l'anticamera del cervello che atteggiamenti del genere sarebbero stati un giorno quelli dei ministri della Repubblica. Non avevamo avuto l'idea luminosa che per svuotare di ogni dignità e potere reale il parlamento bastava fare una legge per cui i deputati non venissero eletti dal popolo ma nominati prima delle elezioni dal capo. Ci pareva che auspicare un ritorno graduale alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni fosse idea troppo fantascientifica.

Volevamo disfare l'Italia, ma gradualmente, e pensavamo ci volesse almeno un secolo. Invece ci si è arrivati molto prima, e oltre all'Italia si sta persino disfacendo l'Alitalia. Ma la cosa più bella è stata che l'operazione non è dipesa dal colpo di Stato di una punta di diamante, dei pochi generosi idealisti che eravamo, ma si sta realizzando col consenso della maggioranza degli italiani.
(03 ottobre 2008)

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