mercoledì 22 ottobre 2008

Assolto il senatore Calogero Mannino accusato di collusione con la mafia



di ALESSANDRA ZINITI
LA REPUBBLICA

PALERMO - Chiama Berlusconi, chiamano Schifani e Casini, piange Cuffaro. Lui, Calogero Mannino, ex ministro democristiano della Repubblica da 14 anni alla gogna per associazione mafiosa, risponde stordito alle decine di telefonate di congratulazioni e si gusta nel salotto di casa l'assoluzione che, dopo tanto tempo, mette la parola fine alla vicenda giudiziaria che gli costò poco meno di due anni di carcere e la fine di una carriera politica.

"E' stata fatta giustizia. Si è concluso un processo fatto, più che di accuse, di maldicenze e cattiverie assemblate per costruire una ipotesi accusatoria", è il suo primo commento al verdetto emesso alle 14.30 dalla corte d'appello di Palermo presieduta da Claudio Dell'Acqua che lo ha mandato assolto dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, accusa per la quale il sostituto procuratore generale Vittorio Teresi aveva chiesto la condanna ad otto anni.

Mannino, che nell'ultima udienza si era presentato davanti ai giudici dicendo di aver sempre combattuto la mafia e di non essere mai stato dalla parte di Lima e Ciancimino, non se l'è sentita di presenziare al verdetto e ha mandato in aula il figlio Salvatore che gli ha poi comunicato la notizia al telefono. Dalla sua, il senatore dell'Udc aveva la sentenza con la quale nel 2005 la Corte di Cassazione aveva annullato la precedente sentenza della corte d'appello di Palermo, quella che, ribaltando il verdetto di primo grado, aveva condannato il senatore a 5 anni e 4 mesi di reclusione. Una sorta di "monumento" sulla giurisprudenza del concorso esterno in associazione mafiosa, emessa dalla Sezioni unite della Suprema corte che hanno sancito che in assenza del concretizzarsi di una condotta in favore dell'organizzazione mafiosa il reato di concorso esterno non può essere ravvisato.

E in attesa di leggere le motivazioni della sentenza emessa dal collegio presieduto da Claudio Dall'Acqua e composto dai consiglieri Salvatore Barresi e Flora Randazzo, c'è da ritenere che il principio sancito dalle sezioni unite della Cassazione abbia spazzato via in un sol colpo i 14 anni di processi partita da un'inchiesta aperta nel 1994 quando Mannino fu raggiunto dal primo avviso di garanzia per mafia.

A condurre l'inchiesta, sin dall'inizio, fu proprio Vittorio Teresi, oggi sostituto procuratore generale, allora sostituto procuratore, insieme a Teresa Principato, oggi alla Dna e appena designata procuratore aggiunto a Palermo.

Mannino venne arrestato il 13 febbraio del 1995, su ordine di custodia firmato dal gip di Palermo, Alfredo Montalto, che aveva motivato il provvedimento con il pericolo di depistaggi nelle indagini. Rinchiuso nel carcere romano di Rebibbia, si ammalò gravemente fino ad arrivare ad uno stato di deperimento che lo portò alla scarcerazione.

Il primo processo, quello poi conclusosi con l'assoluzione, fu tra i più lunghi mai celebrati: più di 300 udienze, 400 testimoni citati, dei quali 250 dall'accusa e 150 dalla difesa, compreso l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, 25 pentiti, da Tommaso Buscetta a Gioacchino Pennino, da Giovanni Brusca a Angelo Siino, che lo accusarono di essere uno dei referenti di Cosa nostra siciliana. Due gli episodi chiave contestati dalla Procura: la partecipazione di Mannino alle nozze del boss mafioso Leonardo Caruana, e una cena alla trattoria "Mosè", con esponenti di Cosa Nostra tra i commensali.

Il verdetto assolutorio di primo grado fu ribaltato in appello nel 2003 quando l'accusa portò in aula le dichiarazioni di un altro boss pentito, Antonino Giuffrè e del medico Salvatore Aragona, imputato in uno dei molti filoni dell'inchiesta sulle 'talpè alla Dda. Quella volta la corte d'appello inflisse 5 anni e 4 mesi a Mannino riconoscendolo colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa fino al 1994. Poi l'annullamento della Cassazione e il nuovo processo conclusosi oggi con l'assoluzione alla quale la Procura generale valuterà nei prossimi giorni se proporre nuovo appello in Cassazione o meno.

(22 ottobre 2008)

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

E' davvero al capolinea la vicenda.
Ciò che non capisco è perchè la Cassazione non ha deliberato prima in tal senso, il monumento al diritto lo poteva fare prima, col centro-sinistra al governo, invece l'ha fatto adesso, con il PdL e Lega al governo con una maggioranza schiacciante, ma anche arrogante, aggressiva e pericolosa per le istituzioni per mano del suo lider.
Fa riflettere.