LA STAMPA
30 OTTOBRE 2008
L'obiettivo è rimediare alle perdite di cellule provocata da ictus, Alzheimer
Individuato, per la prima volta al mondo, l’interruttore molecolare che regola la riparazione cellulare cerebrale. A stanarlo ricercatori italiani, che hanno rintracciato una concreta possibilità di rimediare alla perdita cellulare alla base di malattie neurodegenerative acute (quali l’ictus o il trauma cerebrale) e croniche (quali la sclerosi multipla e il morbo di Alzheimer).
La scoperta si basa sulla possibilità di sfruttare la capacità del cervello di auto-ripararsi reclutando cellule progenitrici immature, simili alle cellule staminali e ancora presenti nel cervello adulto, “indirizzandole” a generare nuove cellule nervose. Lo studio, coordinato da Maria Pia Abbracchio, del dipartimento di scienze farmacologiche dell’università degli studi di Milano, e da Mauro Cimino, dell’ateneo di Urbino, ha coinvolto il Cnr di Milano, le università di Pisa e di Torino, il Centro cardiologico Monzino di Milano e il Centro neurolesi Bonino Pulejo di Messina. I ricercatori hanno osservato che dopo una lesione ischemica cerebrale alcune cellule circostanti alla zona lesa emettono una sorta di segnale di allarme che induce altre cellule ad attivarsi con finalità riparative.
Il segnale di danno viene recepito soltanto da cellule che possiedono un particolare recettore, già precedentemente individuato dal gruppo, chiamato GPR17. Alcune di queste cellule reagiscono alla lesione producendo un’infiammazione locale, che ha inizialmente finalità difensive ma che finisce per contribuire alla distruzione definitiva della zona lesionata. Immediatamente dopo, cellule immunitarie attivate dal segnale di danno migrano all’interno della lesione per rimodellarla e favorire la formazione di nuovi circuiti cerebrali. Al tempo stesso, cellule progenitrici immature presenti nel tessuto cerebrale vengono attivate proprio attraverso la stimolazione del recettore GPR17 e iniziano il percorso differenziativo che potrà portarle a generare nuove cellule nervose.
«Si tratta di precursori non ancora differenziati, derivanti da cellule staminali - spiega Abbracchio in una nota - che hanno la capacità di evolvere in cellule specializzate: neuroni e cellule gliali, in particolare oligodendrogliali. Queste ultime formano la cosiddetta ’guaina mielinicà che riveste i prolungamenti nervosi e permette ai neuroni di comunicare tra di loro. Queste cellule - prosegue la ricercatrice - possono quindi riformare la guaina mielinica danneggiata dalla lesione, ripristinando così la capacità di trasmettere impulsi».
A differenza di quanto si credeva, quindi, il processo di generazione di nuove cellule nervose e di riparazione dei circuiti cerebrali può avvenire anche nell’età adulta. In condizioni normali, tuttavia, questo processo riparativo non si propaga in misura significativa, e il danno spesso prevale sull’attività ricostruttiva.
«Ci siamo chiesti allora che cosa succede se proviamo a potenziare l’attività del recettore GPR17 presente sulla superficie delle cellule progenitrici - prosegue Abbracchio - Le nostre speranze si sono rivelate giuste: la stimolazione del recettore con i suoi “ligandi” naturali aumenta notevolmente la maturazione di queste cellule verso forme più specializzate, in grado di riformare la mielina». Si tratta quindi ora di trovare terapie da somministrare precocemente, ovvero nelle fasi successive a lesioni neurologiche acute (ictus, traumi spinali) o anche continuativamente nelle malattie degenerative croniche (come la sclerosi multipla e l’Alzheimer) per potenziare l’attività di questo recettore GPR17 e favorire il rimodellamento neuronale. «Pensiamo di utilizzare un approccio misto - spiega dunque Davide Lecca, uno dei primi autori dello studio - che combini l’uso di agenti farmacologici attivi su GPR17 con l’uso di farmaci biotecnologici che spingano il differenziamento delle cellule progenitrici verso il tipo cellulare danneggiato dalla malattia».
Individuato, per la prima volta al mondo, l’interruttore molecolare che regola la riparazione cellulare cerebrale. A stanarlo ricercatori italiani, che hanno rintracciato una concreta possibilità di rimediare alla perdita cellulare alla base di malattie neurodegenerative acute (quali l’ictus o il trauma cerebrale) e croniche (quali la sclerosi multipla e il morbo di Alzheimer).
La scoperta si basa sulla possibilità di sfruttare la capacità del cervello di auto-ripararsi reclutando cellule progenitrici immature, simili alle cellule staminali e ancora presenti nel cervello adulto, “indirizzandole” a generare nuove cellule nervose. Lo studio, coordinato da Maria Pia Abbracchio, del dipartimento di scienze farmacologiche dell’università degli studi di Milano, e da Mauro Cimino, dell’ateneo di Urbino, ha coinvolto il Cnr di Milano, le università di Pisa e di Torino, il Centro cardiologico Monzino di Milano e il Centro neurolesi Bonino Pulejo di Messina. I ricercatori hanno osservato che dopo una lesione ischemica cerebrale alcune cellule circostanti alla zona lesa emettono una sorta di segnale di allarme che induce altre cellule ad attivarsi con finalità riparative.
Il segnale di danno viene recepito soltanto da cellule che possiedono un particolare recettore, già precedentemente individuato dal gruppo, chiamato GPR17. Alcune di queste cellule reagiscono alla lesione producendo un’infiammazione locale, che ha inizialmente finalità difensive ma che finisce per contribuire alla distruzione definitiva della zona lesionata. Immediatamente dopo, cellule immunitarie attivate dal segnale di danno migrano all’interno della lesione per rimodellarla e favorire la formazione di nuovi circuiti cerebrali. Al tempo stesso, cellule progenitrici immature presenti nel tessuto cerebrale vengono attivate proprio attraverso la stimolazione del recettore GPR17 e iniziano il percorso differenziativo che potrà portarle a generare nuove cellule nervose.
«Si tratta di precursori non ancora differenziati, derivanti da cellule staminali - spiega Abbracchio in una nota - che hanno la capacità di evolvere in cellule specializzate: neuroni e cellule gliali, in particolare oligodendrogliali. Queste ultime formano la cosiddetta ’guaina mielinicà che riveste i prolungamenti nervosi e permette ai neuroni di comunicare tra di loro. Queste cellule - prosegue la ricercatrice - possono quindi riformare la guaina mielinica danneggiata dalla lesione, ripristinando così la capacità di trasmettere impulsi».
A differenza di quanto si credeva, quindi, il processo di generazione di nuove cellule nervose e di riparazione dei circuiti cerebrali può avvenire anche nell’età adulta. In condizioni normali, tuttavia, questo processo riparativo non si propaga in misura significativa, e il danno spesso prevale sull’attività ricostruttiva.
«Ci siamo chiesti allora che cosa succede se proviamo a potenziare l’attività del recettore GPR17 presente sulla superficie delle cellule progenitrici - prosegue Abbracchio - Le nostre speranze si sono rivelate giuste: la stimolazione del recettore con i suoi “ligandi” naturali aumenta notevolmente la maturazione di queste cellule verso forme più specializzate, in grado di riformare la mielina». Si tratta quindi ora di trovare terapie da somministrare precocemente, ovvero nelle fasi successive a lesioni neurologiche acute (ictus, traumi spinali) o anche continuativamente nelle malattie degenerative croniche (come la sclerosi multipla e l’Alzheimer) per potenziare l’attività di questo recettore GPR17 e favorire il rimodellamento neuronale. «Pensiamo di utilizzare un approccio misto - spiega dunque Davide Lecca, uno dei primi autori dello studio - che combini l’uso di agenti farmacologici attivi su GPR17 con l’uso di farmaci biotecnologici che spingano il differenziamento delle cellule progenitrici verso il tipo cellulare danneggiato dalla malattia».
1 commento:
Buon Dio che notizia !
Come mai è passata sotto silenzio ?
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