martedì 7 ottobre 2008

La Baia è libera. Restano pirati



Alessia Grossi
L'Unità
7 ottobre 2008


Il sequestro preventivo di The Pirate Bay deve essere annullato. Così ha stabilito il 3 ottobre la sentenza del Tribunale del Riesame di Bergamo che strappa di fatto i sigilli posti tre mesi fa da un giudice di Bergamo al sito svedese di peer to peer. Ora grazie al sito dei Giuristi telematici che ha pubblicato la sentenza sappiamo perché.

Di fatto il sequestro preventivo così come regolato dal codice penale italiano non poteva applicarsi al sito Internet. Il provvedimento in base al quale era stato chiuso il sito - si legge infatti nelle tanto attese motivazioni dei giudici - non può essere configurato come un sequestro. Per capirci, il codice penale dice che per sequestro preventivo si intende sì «l'apposizione di un vincolo di indisponibilità» sul bene sequestrato che viene così sottratto «alla libera disponibilità di chiunque», ma non prevede che «terzi» - in questo caso i provider - si comportino secondo certi parametri per impedire l'accesso al bene - nel caso specifico l'accesso al sito della Baia. Insomma, il Tribunale ha ribadito di fatto che l'impedimento di accedere ad un sito in Italia è ancora regolato da provvedimenti dello Stato o del Ministero dell'Interno e non può essere stabilito con un semplice sequestro.

Fatto sta che dopo tre mesi la Baia torna accessibile anche dall'Italia.

In sostanza però, a leggere le motivazioni della sentenza di dissequestro - si scopre che sigilli o non sigilli quello che non è cambiato è l'idea dei giudici che il sito di scambio di files svolga di fatto un'attività illecita.

Attività illecita che consiste - secondo i giudici - nel mettere a «disposizione del pubblico della rete opere dell'ingegno protette dal diritto di autore» che si trovano in «archivi contenuti in apparecchi elettronici di altri soggetti». Che questa sia la destinazione d'uso del sito si evincerebbe dal fatto che - è scritto nelle motivazioni - il sito realizza «un numero esorbitante di contatti». Questo insomma sarebbe un indizio di illegalità. E secondo questa corrispondenza tra numero di contatti e violazione del copyright - sostenuta dalla Guardia di Finanza al momento del sequestro del sito - The Pirate Bay resta un sito pericoloso. In più, sempre stando alla sentenza, se gli accessi a The Pirate Bay dovessero aumentare aumenterebbe anche l'illegalità del sito. Che poi non tutti i contatti del sito facciano il download dei files presenti sul sito di condivisione, cioè «scarichino» davvero files attraverso la Baia, i giudici e la Guardia di Finanza non sembrano averlo accertato.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Pare che la pirateria peer2peer sia una cosa seria che provoca danni notevoli alle case discografiche e di produzione cinematografica.
Non dice l'articolo quali sono i problemi di chi la pratica, la sentenza del Riesame si limita a dire che non può il giudice penale italiano intervenire sul "terzo" (il provider), ma l'attività di scambio è comunque illecita.
Che dire: il modo sta andando a puttane, è vero, ma per ora c'è ancora ed occorre prestare attenzione a non violare precetti penali.