venerdì 31 ottobre 2008

Sopravvivere a Brunetta



GIUSEPPE SALVAGGIULO
LA STAMPA
29 OTTOBRE 2008

Aridaje co’ ’sti fannulloni!», sbuffa Vincenzo Di Biasi, sindacalista Cgil. «Il calo delle assenze per malattia era iniziato da qualche anno grazie a contratti più severi. E poi non c’è differenza tra pubblico e privato: nel 2006 le assenze medie erano state 9,84 contro 9,64. Forse con Brunetta c’è stato un effetto annuncio, una deterrenza sui falsi malati. Ma la deterrenza si crea anche se mandi i carri armati in piazza del Popolo, no?».

Vista dall’altra parte della barricata, la cura Brunetta non è poi così miracolosa. Certo, i dati del ministero sul calo delle assenze per malattia sono inequivocabili (a settembre -44% rispetto all’anno scorso, anche se i sindacati non si fidano e vogliono «aspettare quelli ufficiali della ragioneria generale»). E i numeri trovano conferma ascoltando le voci di dentro come quella di un impiegato di un ente locale: «L’effetto si è sentito, siamo più attenti a metterci in malattia».
Ma la realtà è in chiaroscuro: la decurtazione dello stipendio colpisce alla cieca, le visite fiscali sono virtuali e chi può s’arrangia con altri escamotage. Infine la stretta dal ministro colpisce gli impiegati ma non tocca i dirigenti, i più politicizzati.

La misura che più ha ridotto le malattie è certamente la decurtazione dello stipendio: per i primi dieci giorni di mutua, il dipendente si vede sottratte tutte le indennità accessorie. In soldoni, fino a 25 euro netti al giorno (un terzo dello stipendio). Spiega Di Biasi: «La mannaia colpisce al buio. Per esempio anche chi va a fare una radioterapia fuori dall’ospedale viene penalizzato in busta paga. E non è giusto». Secondo il ministero, la minaccia della «sanzione» economica ha scoraggiato i falsi malati. Conferma Claudio Mellana, direttore amministrativo della Asl Torino 2: «È dimostrato che il disincentivo funziona, ma sarebbe meglio che i soldi risparmiati premiassero altri dipendenti».

Sindacati e lavoratori aprono un altro fronte: «Capita che quando uno è raffreddato o influenzato si trascini al lavoro per non perdere i soldi, ma la sua produttività è nulla. Che senso ha?». Carlo Rienzi, presidente del Codacons, paventa un effetto boomerang: «Un dipendente malato che va in ufficio non solo si butta sulla scrivania e non fa niente, ma ritarda la guarigione e può essere contagioso, aggravando il danno sociale».
Al Comune di Padova, per esempio, calano le malattie brevi, ma quasi raddoppiano quelle oltre i dieci giorni. Il Codacons segnala il caso di «una donna che aveva una febbriciattola ed è andata ugualmente in ufficio. Risultato: si è presa una broncopolmonite». L’assocazione dei consumatori ha promosso contro le norme Brunetta un ricorso al Tar per poi sollevare la questione di costituzionalità. Già tremila dipendenti pubblici hanno aderito.

Non solo. Analizzando a fondo i dati sulle assenze, in alcune città si scoprono pratiche «di sopravvivenza» destinate a diffondersi. Al Comune di Torino, spiega l’assessore al Personale Beppe Borgogno, «la riduzione piuttosto netta delle assenze per malattia è stata compensata dal ricorso ad altri strumenti contrattuali come i permessi individuali, usati in caso di malattie brevi come raffreddore o mal di denti per evitare di perdere soldi». In effetti le assenze per motivi diversi dalla malattia crescono sia a luglio che a settembre. «Morale: l’effetto Brunetta pare non esserci». Anche a Padova dopo l’introduzione delle nuove norme sono aumentati i congedi parentali: da 1381 a 1510 a luglio, da 1231 a 1398 ad agosto.

Quanto alla visita fiscale obbligatoria anche per malattie di un giorno, lo stesso Brunetta ha fatto retromarcia con una circolare che smentisce il decreto. La norma era inapplicabile, anche perché ogni visita costa circa 40 euro e le amministrazioni pubbliche non se le possono permettere.
Controversa è anche la norma che estende l’orario di reperibilità del dipendente per la visita fiscale: dalle 8 alle 13 e dalle 14 alle 20 (prima erano come nel settore privato: 10-12 e 17-19). «Ormai i dipendenti pubblici malati sono messi agli arresti domiciliari», protesta Rino Tarelli, segretario della Cisl funzione pubblica. Si lamenta un dipendente della Regione Lazio: «È un orario folle. Io sono single, dovrei forse morire di fame?». Elena Spina, avvocato del Codacons, ha raccolto la storia di un dipendente malato di claustrofobia: «Mi hanno lasciato solo un’ora di libertà, così la malattia si è aggravata».

«Siamo al delirio - s’infervora Tarelli - Brunetta spara dati mirabolanti e intanto toglie 720 milioni di euro dalla contrattazione integrativa. Da gennaio significa 100-300 euro in meno in busta paga. I tagli valgono per tutti, fannulloni e non. Altro che malati che guariscono improvvisamente e morti che corrono fuori dalle tombe...».

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Qualcuno ne dubitava ?
Il pubblico impiego sta reagendo e glielo metterà in quel posto.
Ma a Brunetta non gliele ne frega niente: la sua è solo una politica di annunci.