LA STAMPA
27/11/2008
GIOVANNI MARIA FLICK*
GIOVANNI MARIA FLICK*
La letteratura - quando dà il meglio di se stessa - rende partecipi del destino di altri , diversi e lontani». Sono parole di David Grossman al Festival Internazionale di Berlino dello scorso anno; a ricordarle, in presenza dello stesso scrittore israeliano, è stato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, due giorni fa a Gerusalemme. Della letteratura ebbe bisogno il chimico Primo Levi, perché l’indicibile fosse detto, e mai più dimenticato. A causa delle leggi razziali, lui ne fu testimone.
Non a caso, le prime intolleranze dei regimi dittatoriali si rivolgono alla libera circolazione dei pensieri e delle idee, e alla scienza. Per impedirne l’esercizio, o almeno per asservirli. E il dubbio salutare sprofonda nel sonno della ragione. Il quale genera mostri. Venticinque anni fa, nel Dialogo di impareggiabile bellezza e profondità con quello straordinario scienziato che è Tullio Regge, Primo Levi definì «congiura gentiliana» un’autentica mostruosità generata da quel sonno: l’attribuire valore formativo alle materie letterarie e solo valore informativo a quelle scientifiche. (...) Fu sempre quel sonno a partorire, con la crudeltà delle leggi razziali, anche una stupidità assai rivelatrice: il divieto di svolgere tesi di laurea sperimentali e di frequentare, a questo scopo, gli istituti universitari. (...) Quanti devono nascondere la realtà, per manipolare il consenso e conculcare la verità dei fatti, hanno bisogno di una scienza sottomessa, incapace di fornire interpretazioni del reale. Per dirla con Nietzsche, «la scienza non pensa», e se il potere illiberale e violento se ne impossessa, diventa storia di pregiudizi e dogmi, sostenuti con tenacia, combinati con l’intolleranza e il fanatismo.
Le leggi razziali del 1938 rappresentano il momento più buio di questa intolleranza ideologica. Esse discriminarono, infatti, su un doppio versante: oltre a quello scientifico, creando l’ulteriore enclave fondata sulla razza, sull’azzeramento della dignità umana attraverso l’apologia della diversità di razza. Occorre far memoria di questa notte. Ben più, bisogna ricordare (ri-ex corde, riportare al cuore), interpretare gli eventi del passato con la ragione e l’intelligenza arricchite dall’emozione e dal sentimento. La stessa emozione che provo oggi al cospetto di una vittima dell’ideologia aguzzina di quelle leggi, emanate giusto settant’anni fa. A Rita Levi-Montalcini vanno la riconoscenza e la gratitudine di tutti gli italiani e delle Istituzioni - in particolare della Corte Costituzionale che qui rappresento - delle quali anch’ella, senatore a vita, è autorevole e meritevole esponente.
A causa del Manifesto della razza dovette abbandonare patria, famiglia, affetti, sicurezze e lavoro; l’ospedale presso cui lavorava. Tutto. E trovare rifugio in Belgio, attrezzando in cucina un piccolo laboratorio di fortuna. Poi, l’invasione nazista e la nuova fuga; il rifugio ancora in Italia, a Firenze; sulle colline di Asti e infine a Torino. La professoressa Levi-Montalcini fu tra quanti - con le parole di Primo Levi - «sperarono di sopravvivere per poter raccontare». Dopo alcuni decenni, conservata dalla saggezza che di tanto in tanto illumina e riscatta la Storia - o, per i credenti, protetta dalla Provvidenza più forte di qualsiasi malvagità umana - quella stupenda intelligenza, raminga per l’Europa e per l’Italia, ci ha raccontato una storia affascinante e sconosciuta, partita dalle ghiandole salivari di un topolino e dagli embrioni di pollo, per arrivare a spiegare la crescita dei neuroni dell’uomo, la differenziazione tra le nostre cellule nervose e simpatiche, come un gene sappia programmare la sintesi della relativa molecola proteica: un capitolo misterioso e fondamentale del nostro essere uomini, pensanti e razionali; nonostante l’intero mondo circostante e la storia recente testimoniassero il contrario.
*Presidente della Corte Costituzionale. Dall’intervento che pronuncerà oggi a Roma al convegno dell’Accademia Nazionale delle Scienze sulle leggi antiebraiche del 1938 e la comunità scientifica italiana, dedicato al Premio Nobel Rita Levi-Montalcini.
1 commento:
La Corte Costituzionale è in buone mani !
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