giovedì 11 dicembre 2008

Ciampi: "Questione morale? Il Cavaliere non dia lezioni"

LA REPUBBLICA
di MASSIMO GIANNINI

ROMA - "Sono avvilito. Non trovo un altro aggettivo per definire il mio stato d'animo...". Carlo Azeglio Ciampi osserva l'Italia, il quadro politico, l'andamento dell'economia, e scuote la testa. "Le cose non vanno affatto bene", dice l'ex presidente della Repubblica. Preoccupato tanto per la caduta dello standard etico della nazione, quanto per il crollo della produzione industriale e per la difficile tenuta della finanza pubblica.

Presidente Ciampi, cosa le sembra più preoccupante in questo momento? Il riesplodere della questione morale che attanaglia i partiti o la recessione economica che morde la carne viva delle famiglie e delle imprese?
"Penso che siano due facce della stessa medaglia: il Paese, in questo momento, non riesce più a trovare lo spirito per reagire di fronte ai problemi. Manca la spinta etica, latita la volontà politica, non si avverte la volontà di ricreare uno spirito di collaborazione senza il quale i problemi non si superano. Né quelli della politica, né quelli dell'economia".

Colpa del governo? Colpa dell'opposizione? Con chi dobbiamo prendercela?
"Non voglio entrare in polemiche personali. Quello che vedo è che, in questo momento, prevale sempre la necessità di costruire l'immagine. La sostanza dei problemi, cioè la realtà dei fatti, non interessa più. Conta solo la loro rappresentazione, soprattutto per chi governa. Ed è questo, soprattutto, che avvilisce l'opinione pubblica".

Ora è riesplosa la "questione morale", che secondo il presidente del Consiglio sta travolgendo la sinistra. Lei cosa ne pensa?
"Io penso che la questione morale esiste, eccome se esiste. Lo dico da tanto tempo, quando parlo con gli amici che mi vengono a trovare. Ma penso anche che la questione morale riguarda tutta la politica, e coinvolge allo stesso modo la sinistra e la destra, non certo solo uno schieramento".

Berlusconi afferma il contrario.
"Si sbaglia. Nessuno può rivendicare una purezza assoluta che purtroppo non esiste, in questo campo. Nessuno può arrogarsi il diritto di distribuire patenti di moralità o di immoralità. E' un problema che investe tutto il ceto politico. Vogliamo chiamarla deontologia? Vogliamo chiamarla onestà? Ognuno scelga il termine più appropriato. Sta di fatto che se la politica, tutta la politica, non ritrova e non rifonda le sue ragioni etiche, i cittadini si allontaneranno sempre di più, e la nostra democrazia vivrà momenti difficili".

Perché secondo lei il Pd sembra così vulnerabile, anche sotto questo profilo?
"Io ho guardato con grande simpatia alla nascita di un partito della sinistra riformista in Italia. Ma penso che ora il Pd debba davvero rigenerarsi. Sia sul piano dei gruppi dirigenti, sia sul piano del programma politico. La gestione del partito, in questi mesi, è stata difficoltosa, e ha finito per creare uno scollamento sempre più marcato tra il centro e la periferia. Si spiegano anche così le inchieste che sono state parte, da Firenze a Napoli. E anche in Abruzzo, dove si voterà domenica prossima, sarà difficile che il partito non risenta di quanto è accaduto al presidente della Regione qualche mese fa. Per questo dico che ora, al Pd, serve una scossa, uno scatto di volontà e di rinnovamento. Se manca quello, la forza del progetto sarà irrimediabilmente ridimensionata".

Ora Veltroni e D'Alema hanno ritrovato un terreno d'intesa, proprio per rispondere agli attacchi sul fronte giudiziario. Basterà secondo lei?
"Non lo so. Ma so che certi dualismi sono perniciosi nella vita di un partito. Non sono in grado di dire se si tratti di un dualismo reale. Ma so che viene percepito come tale dall'opinione pubblica. E tanto basta a creare il problema, che andrebbe risolto al più presto".

Intanto l'economia va sempre peggio, e il premier continua a dire che tutto va bene. Non è anche questo un gigantesco problema?
"Certo. Ma da ex governatore della Banca d'Italia, e da ex ministro del Tesoro, la cosa che mi preoccupa di più è vedere a che livello è tornato il differenziale tra i nostri Btp e il bund tedesco. Nei giorni scorsi abbiamo sfiorato addirittura i 140 punti base. E' un segnale pericoloso, che nessuno dovrebbe sottovalutare. Negli anni in cui raggiungemmo il traguardo dell'euro quella fu proprio la chiave di volta del nostro successo. Non vorrei che oggi accadesse il contrario".

L'Europa non ce lo perdonerebbe.
"L'Europa vive una fase molto delicata. Guardiamo a quello che sta succedendo in Grecia, dove ancora una volta si assiste a una divaricazione drammatica tra le elite e il popolo. Teniamo conto che la Grecia non è solo membro della Ue, ma è anche nell'euro, cioè nella moneta unica. Mai come in questo momento l'Italia deve dare un contributo positivo alla stabilità delle finanze pubbliche, e quindi della moneta unica".

(11 dicembre 2008)

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Sì, l'analisi di Ciampi è lucida.
Però il lodo Alfano lo firmò e, per me, non avrebbe dovuto farlo, avrebbe dovuto rinviare la legge alle camere, con osservazioni e solo dopo, quando non poteva rifutare per legge, firmarla.