mercoledì 10 dicembre 2008

"Duri con chi ha sbagliato"

LA STAMPA
10/12/2008
ANTONELLA RAMPINO


VASTO. Nella provincia dell’impero, la colonna sonora del Pd è ancora la fassiniana «Ma il cielo è sempre più blu», e a Walter Veltroni può capitare di essere annunciato, parola del sindaco Luciano Lapenna, come «il segretario generale del partito».

Siamo a Vasto, Abruzzo profondo in riva al mare. Scavallando il Gran Sasso, e alla vigilia del match a Roma con la classe dirigente di Napoli e Firenze, vera questione etica interna alle oligarchie del Pd, Veltroni è planato sulla riva dell’Adriatico per rispondere, dallo stesso scenario, al famoso «discorso della scaletta» pronunciato da Berlusconi. «C’è una questione morale interna al Pd», aveva detto. E nell’Abruzzo che è l’epicentro di un guaio, poiché si va alle urne il 14 e il 15 per via del governatore Ottaviano Del Turco, Veltroni scandisce che no, Berlusconi «fa propaganda volgare, se c’è uno che proprio non ne può parlare è lui, e mi fermo qui». E si ferma davvero, nello scroscio dei millecinquecento del supercinema «Globo».

La questione morale, dice Veltroni, non solo nella politica italiana c’è, ma c’è in entrambi gli schieramenti, «e nessuno può buttarla addosso all’altro», e c’è al punto che «occorre una nuova grande stagione dell’etica pubblica». Poi ammette: «Il centrosinistra vuole essere molto severo e duro nei confronti di certi fatti avvenuti negli anni ma respingendo ogni strumentalizzazione». Veltroni non cita Enrico Berlinguer e quell’altra questione morale, quei berlingueriani duri giudizi tutti rivolti, nel lontano 1980, alla partitocrazia, allora incarnata essenzialmente dalla Democrazia Cristiana. E chissà se è perchè a fronteggiarsi domenica e lunedì prossima saranno due candidati, Costantini per il Pd e Chiodi per il Pdl, che da quella storia democristiana provengono. Costantini che corre con lo stendardo di Di Pietro, col quale si candida dopo aver mancato la nomination per il Parlamento, la scorsa legislatura, nelle fila della Margherita tendenza Marini. E Chiodi che è una specie di Raffaele Fitto locale, discendendo da una dinastia abruzzo-democristiaa.

E dunque nella terra dell’ultimo scandalo, Veltroni fa il suo affondo. Affrontare «la questione morale come una grande questione nazionale». Perché poi, dice ripetendo le stesse parole con le quali nei giorni scorsi ha difeso Domenici e Iervolino, «non bisogna fare di ogni erba un fascio: esistono migliaia di amministratori onesti e perbene». Pausa. «Ma esistono anche esponenti del governo che hanno avuto rapporti con i poteri criminali e della camorra». Poi, certo, c’è l’Italia. Di fronte alla grave crisi economica e sociale il governo è «inadeguato», il Paese è «rannicchiato».

Berlusconi «sembra un marziano, guarda tutto dall’alto della sua spropositata ricchezza, e non capisce, infatti fa cabaret». Proprio lui che «ha invece la maggior quota di responsabilità per quanto sta accadendo». Proprio lui che «vive di annunci, di spot e di fuochi d’artificio». Proprio lui che è «un comico, quando in questo momento all’Italia servirebbe uno statista». L’analisi sui provvedimenti «oscillanti» del governo è durissima, «continuano a seguire una finanziaria fatta a luglio per lo sviluppo, e adesso siamo in piena recessione, hanno detassato gli straordinari quando nessuno li fa più, c’è la crisi».

E la valutazione della sua politica ancor più dura, «Berlusconi pensa che il governo fa le leggi, e l’opposizione le vota così come sono: non è così che funziona». Non funziona neanche per la giustizia, «la riforma non si fa solo tra maggioranza e opposizione, la riforma non può essere fatta contro qualcuno, si deve aprire un tavolo con magistrati e avvocati». Le elezioni sono alle porte. E così pure lo sciopero generale del 12, la Cgil in piazza, opposizione tangibile alla politica economica del governo con l’Italia in recessione.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Sarà vero ?
Io ho qualche dubbio.
Forse se veramente i due fanno fronte comune può essere che ci provino.
Ma a me pare che a nche in due non hanno la forza politica di usare il 'pugno duro'.