Lo scontro sulla giustizia è servito a Berlusconi per regolare i conti nella maggioranza, ristabilire i rapporti di forza e porre un paletto alla tattica movimentista della Lega, che stava stringendo accordi con il Pd sul federalismo. Ecco il motivo per cui Berlusconi ha brandito il tema della magistratura come un'arma.
E non c'è dubbio che intenda riformarla, ma non è questa oggi la priorità: in cima ai suoi pensieri c'era e c'è la crisi. La giustizia è stata usata come un diversivo. Perché il Cavaliere è consapevole che la partita della legislatura si gioca sull'economia, ruota attorno a quella che Confalonieri ha definito la «sana dialettica» con Tremonti, e riguarda la linea da adottare per affrontare l'emergenza. Sostenendo che «non si può dialogare con l'opposizione», il premier ha voluto spostare l'attenzione dei media dalla crisi, e soprattutto mettere sull'avviso Bossi. Quando l'ha fatto, nel pomeriggio di mercoledì, si era già assicurato tre obiettivi: aveva appena sbloccato — dopo un braccio di ferro durato oltre un mese — i primi 16 miliardi da investire nelle infrastrutture; aveva ottenuto l'aumento «fino a un miliardo almeno» dei fondi per i lavoratori che dovranno ricorrere alla cassa integrazione; e — cosa importante — aveva garantito alla Gelmini il via libera per chiudere l'intesa con i sindacati sulla scuola, alla vigilia dello sciopero generale della Cgil.
Non è la giustizia, è la crisi economica che lo assilla, con i danni che rischia di produrre al Paese e in prospettiva anche alla stabilità del governo. Una stabilità che Berlusconi misura quotidianamente attraverso il termometro del consenso. E non è un caso se due giorni fa — annunciando una ripresa negli indici di gradimento — aveva spiegato il precedente calo nei sondaggi: «Colpa delle polemiche sull'Iva a Sky, e delle vicende legate alla scuola». La scuola prometteva di rimanere una minaccia, perciò ha impegnato Gianni Letta per arrivare al patto con i sindacati, mettendo nel conto che l'opposizione l'avrebbe criticato e si sarebbe attribuita il successo della vertenza. Ma il sentiero andava bonificato da quella mina. E l'intesa porta la sua firma. Come raccontava ieri il leader della Cisl Bonanni, «fino all'ultimo il Tesoro ha resistito, prima che Berlusconi si imponesse». Si era imposto la mattina precedente, durante un incontro a tratti molto teso con Tremonti e il titolare dell'Istruzione. A quell'incontro era seguito un vertice che il premier ha rivelato durante la presentazione del libro di Vespa: «Ci siamo appena visti con Tremonti, Scajola e Fitto...». Non ha detto in pubblico quel che ha spiegato ai suoi collaboratori, e cioè che «la riunione è stata accesa ma indispensabile».
È stato dopo quel vertice che è andato allo scontro sulla giustizia con il Pd. Berlusconi ha parlato a Veltroni perché Bossi intendesse. Lo spiega senza mezzi termini il fedelissimo Valducci: «È tutta una partita interna. Sembrerà un paradosso ma c'è un motivo se Berlusconi cita i sondaggi, perché con quelli è costretto a governare. Nel senso che, appena ha avuto un momento di flessione, hanno cercato di metterlo in difficoltà. Sulla scuola è stata la Lega, sull'Iva per Sky è stata An. Così, appena si è rilanciato nel rapporto con l'opinione pubblica, ha voluto farsi sentire». A Bossi che ieri gli rammentava l'accordo sul federalismo, il premier ha ribattuto ricordandogli che «l'abolizione delle province è parte del mio programma». Da tempo preme perché si intraprenda il percorso, «con i soldi risparmiati potremmo fare molte cose, invece...». Invece la Lega ha sempre risposto picche, «e io mi sono stufato». Si è stufato di sentirsi dire che non ci sono fondi: ha dovuto ingoiare il rospo della mancata detassazione delle tredicesime e ha ottenuto in cambio solo la social card, che non lo entusiasma. È a caccia di soldi Berlusconi, in vista di un 2009 che si preannuncia economicamente duro e politicamente importante, perché incrocerà il test delle Amministrative e il voto per Strasburgo. Certo, l'economia italiana non è minacciata dai mutui che negli Usa hanno avuto l'effetto di un ordigno sul sistema, ma può esser minata dal credito al consumo, che agisce come un cecchino sui singoli cittadini e rischia di spezzare il meccanismo. Il vertice di mercoledì con Tremonti, Scajola e Fitto è servito al premier per vederci chiaro: sul piatto ci sono infatti 110 miliardi, tra fondi europei e fondi per le aree sottoutilizzate. Come verrà spesa questa montagna di soldi? Ecco la partita della legislatura, non la giustizia.
Francesco Verderami
12 dicembre 2008
E non c'è dubbio che intenda riformarla, ma non è questa oggi la priorità: in cima ai suoi pensieri c'era e c'è la crisi. La giustizia è stata usata come un diversivo. Perché il Cavaliere è consapevole che la partita della legislatura si gioca sull'economia, ruota attorno a quella che Confalonieri ha definito la «sana dialettica» con Tremonti, e riguarda la linea da adottare per affrontare l'emergenza. Sostenendo che «non si può dialogare con l'opposizione», il premier ha voluto spostare l'attenzione dei media dalla crisi, e soprattutto mettere sull'avviso Bossi. Quando l'ha fatto, nel pomeriggio di mercoledì, si era già assicurato tre obiettivi: aveva appena sbloccato — dopo un braccio di ferro durato oltre un mese — i primi 16 miliardi da investire nelle infrastrutture; aveva ottenuto l'aumento «fino a un miliardo almeno» dei fondi per i lavoratori che dovranno ricorrere alla cassa integrazione; e — cosa importante — aveva garantito alla Gelmini il via libera per chiudere l'intesa con i sindacati sulla scuola, alla vigilia dello sciopero generale della Cgil.
Non è la giustizia, è la crisi economica che lo assilla, con i danni che rischia di produrre al Paese e in prospettiva anche alla stabilità del governo. Una stabilità che Berlusconi misura quotidianamente attraverso il termometro del consenso. E non è un caso se due giorni fa — annunciando una ripresa negli indici di gradimento — aveva spiegato il precedente calo nei sondaggi: «Colpa delle polemiche sull'Iva a Sky, e delle vicende legate alla scuola». La scuola prometteva di rimanere una minaccia, perciò ha impegnato Gianni Letta per arrivare al patto con i sindacati, mettendo nel conto che l'opposizione l'avrebbe criticato e si sarebbe attribuita il successo della vertenza. Ma il sentiero andava bonificato da quella mina. E l'intesa porta la sua firma. Come raccontava ieri il leader della Cisl Bonanni, «fino all'ultimo il Tesoro ha resistito, prima che Berlusconi si imponesse». Si era imposto la mattina precedente, durante un incontro a tratti molto teso con Tremonti e il titolare dell'Istruzione. A quell'incontro era seguito un vertice che il premier ha rivelato durante la presentazione del libro di Vespa: «Ci siamo appena visti con Tremonti, Scajola e Fitto...». Non ha detto in pubblico quel che ha spiegato ai suoi collaboratori, e cioè che «la riunione è stata accesa ma indispensabile».
È stato dopo quel vertice che è andato allo scontro sulla giustizia con il Pd. Berlusconi ha parlato a Veltroni perché Bossi intendesse. Lo spiega senza mezzi termini il fedelissimo Valducci: «È tutta una partita interna. Sembrerà un paradosso ma c'è un motivo se Berlusconi cita i sondaggi, perché con quelli è costretto a governare. Nel senso che, appena ha avuto un momento di flessione, hanno cercato di metterlo in difficoltà. Sulla scuola è stata la Lega, sull'Iva per Sky è stata An. Così, appena si è rilanciato nel rapporto con l'opinione pubblica, ha voluto farsi sentire». A Bossi che ieri gli rammentava l'accordo sul federalismo, il premier ha ribattuto ricordandogli che «l'abolizione delle province è parte del mio programma». Da tempo preme perché si intraprenda il percorso, «con i soldi risparmiati potremmo fare molte cose, invece...». Invece la Lega ha sempre risposto picche, «e io mi sono stufato». Si è stufato di sentirsi dire che non ci sono fondi: ha dovuto ingoiare il rospo della mancata detassazione delle tredicesime e ha ottenuto in cambio solo la social card, che non lo entusiasma. È a caccia di soldi Berlusconi, in vista di un 2009 che si preannuncia economicamente duro e politicamente importante, perché incrocerà il test delle Amministrative e il voto per Strasburgo. Certo, l'economia italiana non è minacciata dai mutui che negli Usa hanno avuto l'effetto di un ordigno sul sistema, ma può esser minata dal credito al consumo, che agisce come un cecchino sui singoli cittadini e rischia di spezzare il meccanismo. Il vertice di mercoledì con Tremonti, Scajola e Fitto è servito al premier per vederci chiaro: sul piatto ci sono infatti 110 miliardi, tra fondi europei e fondi per le aree sottoutilizzate. Come verrà spesa questa montagna di soldi? Ecco la partita della legislatura, non la giustizia.
Francesco Verderami
12 dicembre 2008
1 commento:
Questo è ciò che pensa veramente Silvio !
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