giovedì 18 dicembre 2008

Giustizia, Berlusconi accelera- D'Alema: «No a silenzio sulle inchieste»

IL CORRIERE DELLA SERA


ROMA - Silvio Berlusconi, nel pieno della bufera giudiziaria esplosa in Campania, Abruzzo e Basilicata e che sta colpendo in particolar modo il Partito Democratico, rilancia la necessità di una riforma della giustizia, raccogliendo in qualche modo l'appello lanciato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il premier, nel corso del Consiglio dei ministri - secondo quanto riferito da alcuni partecipanti - si sarebbe augurato che le vicende napoletane finiscano per essere ridimensionate, adottando quindi una linea garantista. Berlusconi ha svolto il suo breve intervento dopo la relazione del ministro dell'Interno, Roberto Maroni: una sorta di mappatura delle regioni investite dalle inchieste giudiziarie. Più tardi, il responsabile del Viminale ha annunciato che il Consiglio comunale di Pescara, in seguito all'arresto del sindaco, sarà sciolto. «Sarà nominato un commissario - ha spiegato - e poi si andrà a votare durante l'election day del 6 e 7 giugno». In serata, poi, Berlusconi ha affrontato il tema intercettazioni: «Dovrebbero essere consentite soltanto per reati gravissimi, come terrorismo internazionale e reati di stampo mafioso, delitti che hanno pene oltre i 15 anni». E sulla situazione nel Pd, il Cavaliere ha dichiarato: «Sono sbandati, in uno stato confusionale. L'astensionismo in Abruzzo è dovuto al maltempo, ma certo loro sono in un momento di sbandamento. Di Pietro li ha stretti in un abbraccio mortale».

VELTRONI E D'ALEMA - Nel Pd, nel frattempo, si cerca di individuare la linea politica da adottare per superare lo choc degli arresti e delle inchieste della magistratura. Durante la direzione di venerdì, Walter Veltroni punterà sulla necessità di imprimere una forte spinta al rinnovamento della classe dirigente del partito. Per uno dei suoi bracci destri, Goffredo Bettini, la direzione dovrebbe «affidare al segretario anche poteri più forti nel decidere e intervenire sui gruppi dirigenti». Perché «bisogna prendere spunto da questo malessere per andare avanti più speditamente nella costruzione del Pd». Ma le parole più nette le pronuncia Massimo D'Alema secondo il quale «i casi giudiziari che stanno interessando alcuni esponenti del Pd in questi giorni sono delle vicende gravi su cui non vogliamo certamente mettere la sordina. Ovviamente nel rispetto della magistratura e dei suoi compiti».

RUTELLI - Intanto, Francesco Rutelli ha dichiarato di aver chiarito tutto con i magistrati dopo la pubblicazione delle «intercettazioni in cui si parlava di me». «Ho subito chiamato la Procura della Repubblica di Napoli - ha affermato l'ex ministro - e ho chiesto di essere ascoltato immediatamente a tutela della mia onestà e onorabilità». «Sono salito in macchina, arrivato alle dieci e un quarto di sera e chiarito punto per punto che tutte le parole pronunciate nelle telefonate intercettate sul mio conto sono totalmente prive di fondamento». Infine, «ringrazio i magistrati di Napoli per la loro disponibilità e ho piena fiducia che le attività giudiziarie - ha aggiunto il presidente del Copasir - si chiudano con l'accertamento della verità nei confronti di tutte le persone interessate».


IERVOLINO - Il sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino, va intanto avanti nel suo mandato amministrativo e non pensa a un azzeramento totale della sua giunta. Lo dice ai giornalisti al termine di una fitta mattina di incontri (uno dei quali con il Governatore Antonio Bassolino) per fare il punto dopo il terremoto giudiziario. «No, non ci sarà un azzeramento totale. I tempi della nuova giunta dipendono dai nomi. Più i nomi dicono che è un incarico pesante, faticoso e mal retribuito, più i tempi si allungano», esplicita.

CACCIARI - Ma all'interno del Pd c'è chi le chiede di fare un passo indietro. Dopo Anna Finocchiaro, tocca a Massimo Cacciari affermare che la Iervolino e Bassolino non possono guidare quel cambiamento di cui la classe dirigente campana ha bisogno. «A livello regionale e comunale - spiega durante un collegamento con "Porta a Porta" - è evidente che c'è una classe politica che non è più in grado di cambiare alcunché. Ormai è anche troppo tardi perché se ne vadano. Quando un ciclo politico si chiude, anche se si è ben governato, te ne devi andare. Pensare che Bassolino e la Iervolino possano gestire un rinnovamento è pura utopia». Secca la risposta della Iervolino: «Né la Finocchiaro né Cacciari cambiano la posizione del Pd (che le avrebbe espresso «fiducia», ndr). Andatelo a chiedere a Veltroni e vedrete in direzione nazionale».

DI PIETRO - Sulla vicenda interviene anche Antonio Di Pietro. Il leader dell'Italia dei Valori assicura che non ci sarà nessuna modifica nelle relazioni fra il suo partito e il Pd. «Sulla questione morale noi non abbiamo mai cambiato atteggiamento». Poi lancia la sfida: «Se gli altri partiti volessero, potrebbero risolverla in 24 ore. Ma non lo faranno nemmeno nell’anno 2040. Basterebbe approvare una legge per vietare la candidatura ai soggetti condannati, vietare gli incarichi di governo, centrale o nazionale, a chi è sotto processo, e vietare la partecipazione alle gare delle imprese i cui legali rappresentanti sono già stati condannati per reati concernenti la pubblica amministrazione». «Se fosse stata applicata una norma del genere - aggiunge Di Pietro - non avremmo avuto i casi di Pescara e di Napoli». L'ex ministro interviene anche sul caso Margiotta (il deputato Pd per il quale la Giunta per le Autorizzazioni della Camera ha bloccato, con l'unico voto contrario dell'Idv, la richiesta di arresto): «Questa - spiega Di Pietro - è un'idea di un quarto grado di giudizio, fatto dai propri simili, 'oggi a te, domani a me', che danno un giudizio di merito», il che «è una violazione costituzionale». Gli risponde Pierluigi Mantini, deputato del Pd: «Di Pietro ha chiesto ai suoi parlamentari di votare sempre in favore di qualsiasi richiesta provenga dalla magistratura. Infatti l'IdV ha votato in favore della richiesta di arresti del deputato Margiotta senza aver neanche visto gli atti, a prescindere dagli elementi di prova e dalle motivazioni. Ma se Di Pietro non condivide la funzione che la Costituzione affida alla Giunta, allora gli consiglio di uscirne».


18 dicembre 2008

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