giovedì 11 dicembre 2008

"Il Cavaliere vuole controllare i pm così i cittadini saranno meno liberi"

LA REPUBBLICA
di GIUSEPPE D'AVANZO

GIUSEPPE Cascini è il segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati. Legge con attenzione le notizie d'agenzia che danno conto dell'annuncio di Berlusconi. Riforma costituzionale e separazione del pubblico ministero dall'ordine giudiziario anche a costo di voltare le spalle agli inviti alla collaborazione e alla condivisione più volte avanzati dal presidente della Repubblica.

Dunque, il governo va verso la riscrittura del Titolo IV della Costituzione. Qual è il suo giudizio?
"La separazione della magistratura giudicante da quella requirente mi sembra soltanto un'ossessione che Berlusconi sventola a ogni occasione come panacea per tutti i mali della giustizia. E' il frutto di una semplificazione puramente propagandistica di un problema, al contrario, molto serio. Le voglio dire di più. Questa storia del pubblico ministero che deve dare del "lei" al giudice o prendere appuntamento e attendere il suo turno è soltanto folklore".

Non è folklore la ragione che, in apparenza, convince Berlusconi a separare le carriere o gli ordini, come gli piace dire. Il processo, sostiene, è squilibrato a favore dell'accusa.
"La parità delle parti nel processo è garantita dagli strumenti processuali che oggi in Italia, più che in ogni altro paese europeo, assicurano una forte imparzialità dell'organo giudicante. E d'altronde una parità ordinamentale è irrealizzabile".

Perché è irrealizzabile?
"Perché l'organo dell'accusa dovrà essere necessariamente, e sempre, un funzionario pubblico mentre l'avvocato è un libero professionista legato all'interesse privato del suo assistito. A meno che Berlusconi non voglia "privatizzare" l'interesse rappresentato dalla pubblica accusa. Chiunque comprende che, in questo caso, saremmo alle prese con una forte riduzione delle garanzie di libertà dei cittadini. Permetta ora di fare a me una domanda e una proposta: ma è proprio vero che i giudici non sono imparziali, che sono sottomessi alle pretese dei pubblici ministeri? Perché il ministro Alfano non offre all'opinione pubblica dei dati su cui riflettere e discutere? Perché non ci dice quante sono, in percentuale, le assoluzioni decise in dibattimento; le ordinanze dei gip contrarie alle richieste del pubblico ministero; gli annullamenti del tribunale del riesame? Siamo convinti che questi dati documenterebbero l'alto grado di imparzialità della magistratura giudicante e la vitalità della dialettica e del controllo processuale".

Che cosa cambia o può cambiare, a suo avviso, con la separazione degli ordini, con il pubblico ministero separato dal giudice?
"Innanzitutto si impoveriscono radicalmente le garanzie di libertà. Avremo un corpo autonomo di funzionari dello Stato, estraneo alla cultura della giurisdizione che è poi consapevolezza del diritto del cittadino. Si formerà un corpo di mille pubblici ministeri che si autogovernano con un proprio Consiglio superiore. Nascerà un centro di potere che deve inquietare. Avrà a disposizione il monopolio dell'azione penale, la direzione della polizia giudiziaria, la libertà e la reputazione dei cittadini. E la possibilità di governarsi in modo indipendente. Mi chiedo quanto tempo sarà necessario perché si ponga, con molte ragioni, la questione di chi debba controllare questa microcorporazione, questo centro di potere? Sarà una domanda che porterà il pubblico ministero diritto nell'orbita dell'esecutivo, alle dipendenze del governo. In fondo, mi pare che questo sia il frutto avvelenato dell'iniziativa del presidente del Consiglio".

La magistratura come replicherà, se replicherà?
"Noi possiamo soltanto denunciare all'opinione pubblica che queste riforme vanno contro l'interesse dei cittadini. Ricorderemo che queste questioni - ripeto, folkloristiche, propagandistiche, semplificatorie - lasciano irrisolti i problemi reali della sistema penale italiano".

Che appare molto malato, però.
"Certo, che è malato, chiunque lo vede. Ma qual è la malattia? Noi crediamo che sia malato dell'inefficacia della pena, dell'irrazionalità di un sistema sanzionatorio che punisce, con rigore, gli autori di reati minori diventando indulgente o lassista anche di fronte a fatti gravissimi. Si va in galera per tre furti di mele in un supermercato e agli arresti domiciliari o in affidamento in prova per una rapina a mano armata. Voglio farle ancora un esempio. Il ministro Tremonti ha detto recentemente che i banchieri che hanno responsabilità nella crisi finanziaria o vanno a casa o in galera. Mente. Un banchiere può andare dall'avvocato e dire che ha venduto ai suoi clienti-risparmiatori dei pessimi bond; di aver falsificato i bilanci della banca; di aver preso denaro da faccendieri in cambio dell'apertura di linee di credito senza tetto e garanzie. Quel banchiere può chiedere all'avvocato quanto rischia e si sentirà rispondere che l'unico pericolo che dovrà affrontare non sarà una condanna o il carcere, ma soltanto la parcella dell'avvocato. Il governo dovrebbe spiegare ai cittadini perché non rende funzionale il servizio giustizia e si occupa soltanto dei magistrati. Noi lo faremo".

Ammetterà che la magistratura ci ha messo del suo nel precipitare di una crisi che, con il conflitto tra le procura di Salerno e Catanzaro, ha mostrato un ordine giudiziario non sempre in grado di vivere con responsabilità l'autonomia e l'indipendenza che gli garantisce la Costituzione. Le chiedo: come è possibile che due procuratori così palesemente inadeguati siano stati ritenuti capaci di dirigere un ufficio giudiziario? Quanto pesano, per le nomine, i compromessi tra le correnti? E perché questi compromessi premiano non sempre i migliori, ma a volte promuovono i peggiori?
"Sicuramente le difficoltà del sistema di autogoverno sono legate a logiche di appartenenza, a una visione di difesa corporativa che per troppi anni ha orientato le scelte del Consiglio superiore. Tuttavia non va sottovalutato l'inversione di rotta che questo Csm ha realizzato sui temi della professionalità con politiche addirittura rivoluzionarie: la temporaneità degli incarichi direttivi; l'abolizione del criterio dell'anzianità senza demerito; verifiche periodiche, serie e rigorose di professionalità ed efficienza. C'è bisogno di tempo per vedere i frutti di quel che il Consiglio sta seminando".

Non sarebbe, a questo punto, un gesto coraggioso sciogliere le correnti dell'Associazione magistrati e quindi del Csm? Si fa fatica oggi a capire l'ostinazione di tenere in piedi orientamenti culturali diversi o fazioni diverse quando, come dimostra la sortita di Berlusconi, la questione è soltanto una e vi vede tutti d'accordo: la difesa del Titolo IV della Costituzione, la soggezione dei giudici soltanto alla legge, l'autonomia e l'indipendenza della magistratura da ogni altro potere?
"Il pluralismo culturale della magistratura è stato ed è un valore ineliminabile. E' un patrimonio storico della cultura giuridica del nostro paese al quale sarebbe impensabile rinunciare. Deve essere chiaro, però, che, nella gestione del sistema di autogoverno, le correnti devono fare un passo indietro. Deve essere escluso ogni peso delle logiche di appartenenza o di spartizione correntizia. Non possiamo nascondere che questo è avvenuto e che lo sforzo di privilegiare il merito e la professionalità, fatto in questi anni, è l'unica risposta per rendere credibile e affidabile la magistratura, concrete quelle prerogative costituzionali che oggi ci appaiono minacciate dalle politiche del governo".

(11 dicembre 2008)

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

La mia opinione è che i magistrati non sono bravi in politica.
E si stanno facendo regolarmente fregare.