LA STAMPA
5/12/2008
CARLO FEDERICO GROSSO
CARLO FEDERICO GROSSO
La situazione è senza precedenti: per il groviglio delle competenze interessate, per l’importanza della posta in gioco, per i possibili risvolti politici, soprattutto per il rischio di perdita di credibilità delle istituzioni giudiziarie.
L’altro ieri avevamo letto, con stupore misto ad interesse, dell’iniziativa della Procura della Repubblica di Salerno nei confronti dei colleghi di Catanzaro, indiziati per un asserito complotto organizzato contro De Magistris. Il sospetto di tale Procura era che taluni magistrati e taluni politici lo avessero ordito contro il giovane sostituto procuratore allo scopo di bloccare, o deviare, alcune inchieste che coinvolgevano personaggi eccellenti. Soltanto la convinzione della Procura salernitana poteva d’altronde giustificare la gravità dell’accusa e la spettacolarità, anche mediatica, dell’iniziativa.
Ieri le contromosse di Catanzaro. La Procura Generale di tale sede giudiziaria ha reagito, indagando a sua volta i colleghi di Salerno per abuso di ufficio ed interruzione di un pubblico servizio, e disponendo il sequestro dello stesso materiale sequestrato il giorno precedente da Salerno. Una iniziativa a sua volta sconcertante.
Tanto più sconcertante, se si considera che Procura competente a valutare i reati commessi da magistrati di Salerno non è quella di Catanzaro, bensì quella di Napoli.
Non è possibile stabilire, al momento, chi ha ragione e chi ha torto. Non si conoscono infatti gli atti d’indagine compiuti dai magistrati che hanno ereditato i processi di De Magistris, gli atti delle indagini compiute dalla Procura di Salerno, le motivazioni delle accuse di abuso e interruzione di servizio pubblico elevate dalla Procura generale di Catanzaro. D’altronde quand’anche si fosse in grado di conoscere tali atti, orientarsi non sarebbe agevole.
Bene hanno fatto, pertanto, il Consiglio superiore della magistratura e il Guardasigilli, nell’esercizio delle loro rispettive funzioni, ad intervenire immediatamente. Bene ha fatto, soprattutto, il Presidente della Repubblica, interpellato dal Procuratore generale di Catanzaro, a non sottrarsi alla richiesta di fare chiarezza.
L’intervento del Capo dello Stato merita un’attenzione assolutamente particolare. Giorgio Napolitano ha chiesto, in un primo tempo, al Procuratore della Repubblica di Salerno «l’urgente trasmissione di ogni notizia e atto utile a meglio conoscere una vicenda che, a prescindere dal merito, presenta aspetti di eccezionalità con rilevanti implicazioni di carattere istituzionale, prima fra tutte quella di determinare la paralisi della funzione processuale». In un secondo tempo, appresa la menzionata reazione della Procura generale di Catanzaro, ha chiesto a sua volta a tale Procura notizie utili a valutare ciò che stava accadendo.
Tale iniziativa del Presidente della Repubblica non appartiene all’ambito delle sue competenze codificate. Assunta in qualità di supremo garante della legalità e dei diritti di tutti i cittadini, appare comunque, in un momento di così grave tensione e difficoltà, assolutamente apprezzabile per la forza e la tempestività del segnale offerto.
Una ultima riflessione. I prossimi giorni consentiranno, forse, di comprendere meglio il significato di ciò che è accaduto e di formulare le prime valutazioni di merito. Al momento è in ogni caso necessario auspicare con forza che nessuno mediti di utilizzare quest’ultimo, assai poco encomiabile, episodio di guerra fra Procure, per cercare di imporre, in qualche modo, un bavaglio all’esercizio dell’attività giudiziaria.
L’altro ieri avevamo letto, con stupore misto ad interesse, dell’iniziativa della Procura della Repubblica di Salerno nei confronti dei colleghi di Catanzaro, indiziati per un asserito complotto organizzato contro De Magistris. Il sospetto di tale Procura era che taluni magistrati e taluni politici lo avessero ordito contro il giovane sostituto procuratore allo scopo di bloccare, o deviare, alcune inchieste che coinvolgevano personaggi eccellenti. Soltanto la convinzione della Procura salernitana poteva d’altronde giustificare la gravità dell’accusa e la spettacolarità, anche mediatica, dell’iniziativa.
Ieri le contromosse di Catanzaro. La Procura Generale di tale sede giudiziaria ha reagito, indagando a sua volta i colleghi di Salerno per abuso di ufficio ed interruzione di un pubblico servizio, e disponendo il sequestro dello stesso materiale sequestrato il giorno precedente da Salerno. Una iniziativa a sua volta sconcertante.
Tanto più sconcertante, se si considera che Procura competente a valutare i reati commessi da magistrati di Salerno non è quella di Catanzaro, bensì quella di Napoli.
Non è possibile stabilire, al momento, chi ha ragione e chi ha torto. Non si conoscono infatti gli atti d’indagine compiuti dai magistrati che hanno ereditato i processi di De Magistris, gli atti delle indagini compiute dalla Procura di Salerno, le motivazioni delle accuse di abuso e interruzione di servizio pubblico elevate dalla Procura generale di Catanzaro. D’altronde quand’anche si fosse in grado di conoscere tali atti, orientarsi non sarebbe agevole.
Bene hanno fatto, pertanto, il Consiglio superiore della magistratura e il Guardasigilli, nell’esercizio delle loro rispettive funzioni, ad intervenire immediatamente. Bene ha fatto, soprattutto, il Presidente della Repubblica, interpellato dal Procuratore generale di Catanzaro, a non sottrarsi alla richiesta di fare chiarezza.
L’intervento del Capo dello Stato merita un’attenzione assolutamente particolare. Giorgio Napolitano ha chiesto, in un primo tempo, al Procuratore della Repubblica di Salerno «l’urgente trasmissione di ogni notizia e atto utile a meglio conoscere una vicenda che, a prescindere dal merito, presenta aspetti di eccezionalità con rilevanti implicazioni di carattere istituzionale, prima fra tutte quella di determinare la paralisi della funzione processuale». In un secondo tempo, appresa la menzionata reazione della Procura generale di Catanzaro, ha chiesto a sua volta a tale Procura notizie utili a valutare ciò che stava accadendo.
Tale iniziativa del Presidente della Repubblica non appartiene all’ambito delle sue competenze codificate. Assunta in qualità di supremo garante della legalità e dei diritti di tutti i cittadini, appare comunque, in un momento di così grave tensione e difficoltà, assolutamente apprezzabile per la forza e la tempestività del segnale offerto.
Una ultima riflessione. I prossimi giorni consentiranno, forse, di comprendere meglio il significato di ciò che è accaduto e di formulare le prime valutazioni di merito. Al momento è in ogni caso necessario auspicare con forza che nessuno mediti di utilizzare quest’ultimo, assai poco encomiabile, episodio di guerra fra Procure, per cercare di imporre, in qualche modo, un bavaglio all’esercizio dell’attività giudiziaria.
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