15/12/2008
Il cuore colpito da infarto presto si riparerà da solo. È la clamorosa scoperta di alcuni ricercatori italiani, che hanno studiato come rieducare le cellule staminali cardiache a riparare il cuore danneggiato. Le cellule staminali svolgono il delicato compito di aggiustare il muscolo cardiaco ma dopo un infarto le cellule non riescono più ad assicurare questa preziosa auto-riparazione. Studiosi italiani, dell’Università La Sapienza di Roma e del Laboratorio di Biologia Molecolare Europeo (EMBL) di Monterotondo, hanno scoperto perchè le cellule smettono di funzionare correttamente ma anche come metterle nelle condizioni di riparare il danno.
L’annuncio è stato dato durante i lavori del 69/mo Congresso della Società Italiana di Cardiologia in corso a Roma, da uno degli studiosi, il professore Antonio Musarò dell’Università La Sapienza di Roma. «Con i nostri studi condotti insieme alla dottoressa Nadia Rosenthal dell’EMBL - dice Musarò, Professore associato di Medicina e Biotecnologie alla Sapienza - abbiamo capito perchè le cellule staminali presenti nel cuore dopo un danno, come un infarto o un trauma, non svolgono più correttamente il loro compito. Infatti, invece di produrre tessuto funzionale contrattile che permette di “riparare” il danno, smettono di funzionare o addirittura producono tessuto fibrotico non funzionale. Questo succede perchè l’infarto - o il danno - provoca un ambiente ostile all’attività normale delle cellule staminali».
«Quindi, abbiamo compreso che modificando l’ambiente subito dopo l’evento che ha provocato il danno, le cellule staminali possono riprendere la loro corretta funzione - ha proseguito Musarò - Questo spiega anche perchè molto spesso il semplice trapianto di cellule staminali non dà i risultati sperati. Il fallimento potrebbe essere dovuto proprio all’ambiente non idoneo. Una volta scoperto che è l’ambiente a rendere le staminali residenti incapaci di funzionare correttamente si è reso necessario trovare il sistema per ripristinare un ambiente ideale. A questo punto si è ricorsi a fattori di crescita da introdurre nel muscolo cardiaco danneggiato».
«Le nostre ricerche - aggiunge Musarò - ci hanno consentito di individuare un particolare fattore di crescita, il mIGF-1, che si è rivelato idoneo a modificare l’ambiente, attivare le cellule staminali e recuperare efficientemente il danno. L’mIGF-1 è un fattore normalmente presente nei diversi tessuti dell’organismo ma in diverse condizioni patologiche la sua funzione viene a mancare. Ecco perchè è necessario introdurlo dall’esterno. Al momento queste scoperte hanno dato risultati molto incoraggianti su modelli animali». «È una scoperta veramente molto importante - dice Francesco Fedele, Direttore del Dipartimento di Cardiologia dell’Università La Sapienza di Roma e presidente della Società Italiana di Cardiologia - perchè apre una via nuova e fortemente innovativa soprattutto per un utilizzo “intelligente” delle cellule staminali. Questa Ricerca sottolinea come le nuove tecnologie, vedi la Risonanza Magnetica, debbano essere impiegate per caratterizzare il tessuto dopo l’infarto o per mettere in evidenza eventuali condizioni ambientali favorevoli o non favorevoli. Il nostro augurio è che presto le ricerche possano passare dal laboratorio al letto del paziente».
L’annuncio è stato dato durante i lavori del 69/mo Congresso della Società Italiana di Cardiologia in corso a Roma, da uno degli studiosi, il professore Antonio Musarò dell’Università La Sapienza di Roma. «Con i nostri studi condotti insieme alla dottoressa Nadia Rosenthal dell’EMBL - dice Musarò, Professore associato di Medicina e Biotecnologie alla Sapienza - abbiamo capito perchè le cellule staminali presenti nel cuore dopo un danno, come un infarto o un trauma, non svolgono più correttamente il loro compito. Infatti, invece di produrre tessuto funzionale contrattile che permette di “riparare” il danno, smettono di funzionare o addirittura producono tessuto fibrotico non funzionale. Questo succede perchè l’infarto - o il danno - provoca un ambiente ostile all’attività normale delle cellule staminali».
«Quindi, abbiamo compreso che modificando l’ambiente subito dopo l’evento che ha provocato il danno, le cellule staminali possono riprendere la loro corretta funzione - ha proseguito Musarò - Questo spiega anche perchè molto spesso il semplice trapianto di cellule staminali non dà i risultati sperati. Il fallimento potrebbe essere dovuto proprio all’ambiente non idoneo. Una volta scoperto che è l’ambiente a rendere le staminali residenti incapaci di funzionare correttamente si è reso necessario trovare il sistema per ripristinare un ambiente ideale. A questo punto si è ricorsi a fattori di crescita da introdurre nel muscolo cardiaco danneggiato».
«Le nostre ricerche - aggiunge Musarò - ci hanno consentito di individuare un particolare fattore di crescita, il mIGF-1, che si è rivelato idoneo a modificare l’ambiente, attivare le cellule staminali e recuperare efficientemente il danno. L’mIGF-1 è un fattore normalmente presente nei diversi tessuti dell’organismo ma in diverse condizioni patologiche la sua funzione viene a mancare. Ecco perchè è necessario introdurlo dall’esterno. Al momento queste scoperte hanno dato risultati molto incoraggianti su modelli animali». «È una scoperta veramente molto importante - dice Francesco Fedele, Direttore del Dipartimento di Cardiologia dell’Università La Sapienza di Roma e presidente della Società Italiana di Cardiologia - perchè apre una via nuova e fortemente innovativa soprattutto per un utilizzo “intelligente” delle cellule staminali. Questa Ricerca sottolinea come le nuove tecnologie, vedi la Risonanza Magnetica, debbano essere impiegate per caratterizzare il tessuto dopo l’infarto o per mettere in evidenza eventuali condizioni ambientali favorevoli o non favorevoli. Il nostro augurio è che presto le ricerche possano passare dal laboratorio al letto del paziente».
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