In una tornata elettorale caratterizzata da un astensionismo molto forte, come si ipotizzava sin dalla vigilia, il candidato del Pdl Giovanni Chiodi sembra avviato a diventare il prossimo presidente della Regione Abruzzo battendo Carlo Costantini dell’Idv, rappresentante della coalizione di centrosinistra.
La vicenda giudiziaria che ha portato alle dimissioni di Ottaviano Del Turco dalla presidenza dell’Abruzzo, con le conseguenti elezioni anticipate, ha pesato non poco sull’affluenza alle urne che è crollata dal 68,5% del 2005 al 53%. E se il Pd si interroga sul drastico calo dei votanti, la scarsa partecipazione alle elezioni non guasta la festa al Pdl che , se verrà confermato l’andamento dello scrutinio, strapperebbe una regione al centrosinistra. Chiodi - ex sindaco di Teramo, senza tessera di partito, ma vicino a Forza Italia - conquista circa il 50% dei voti, contro poco più del 42% del deputato dipietrista Carlo Costantini, candidato del centrosinistra. Chiodi inoltre ha preso più voti di quanti non ne abbiano totalizzato le liste a lui collegate
I dati dei singoli partiti dicono che il Pdl è "costante" e si conferma il primo partito. L'Idv segna un notevole balzo in avanti (raddoppiando i suoi consendi) mentre il Pd perde voti. Il Pdl è oltre il 36% (aveva preso il 38,2% alle politiche dalla primavera scorsa), mentre Italia dei Valori è salita oltre il 14%, ben dieci punti percentuali sulle politiche (4,3%), mentre il Pd perde 13 punti percentuali, scendendo dal 33,7% al 20 circa. Questi partiti, assieme alla lista "Rialzati Abruzzo" (7,5%), collegata al centrodestra, e a Prc (3%) entrerebbero nel nuovo Consiglio regionale. Resta in forse l’Udc e La Destra, che devono superare lo sbarramento del 5 per cento previsto per partiti non collegati a coalizioni.
La maggioranza canta vittoria. Per il vicepresidente dei deputati del Pdl, Italo Bocchino, il voto in Abruzzo «prova la bontà dell’azione governativa e la tendenza suicida del Partito democratico, che avendo consegnato la guida e la linea dell’opposizione a Di Pietro rischia di crollare irrimediabilmente nei consensi». Nel Pd, infatti, il voto abruzzese riapre la riflessione sull’alleanza con l’Idv e per primo lo fa Marco Follini che evidenzia il «costo politico» del legame con Di Pietro. Mentre il coordinatore organizzativo del Partito democratico, Beppe Fioroni, nel sottolineare che «va fatta un riflessione profonda» sull’astensionismo, si rammarica per il mancato suggello di un accordo elettorale con l’Udc che avrebbe portato il centrosinistra alla vittoria.
Il leader centrista, Pier Ferdinando Casini, non mostra tuttavia rimpianti, anzi interpreta il crollo dell’affluenza come un segno di protesta contro il bipartitismo. Di Pietro, infine, guarda al risultato di Idv: «Abbiamo moltiplicato per 5 i nostri voti [rispetto alle scorse Regionali, ndr.]». Avviato verso la sconfitta il candidato del centrosinistra, Carlo Costantini, sottolinea comunque il buon risultato ottenuto rispetto alle condizioni di partenza e gli attacchi arrivati dal presidente dimissionario Ottaviano del Turco: «Il recupero della coalizione di centrosinistra rispetto alla condizione preoccupante esistente all’inizio della campagna elettorale è stato significativo e di grandi proporzioni». Secondo D’Alema l’astensionismo non è un problema solo del centrosinistra: «Quando la metà dei cittadini non va a votare, è un problema che riguarda tutti».
Di Pietro coglie l'occasione per lanciare frecciate a Veltroni: «I partiti che non sono nè carne nè pesce, che parlano di riunioni e dicono "ma ancha", che non sanno decidere, sono stati puniti». I democratici si leccano le ferite e all'orizzonte si profila un vero e proprio scontro sulle alleanze. Per Nicola Latorre la questione del voto abruzzese e quello che ne consegue, va portata alla prossima direzione del Pd dove servirà una «riflessione collettiva». «A me non preoccupa la crescita di Di Pietro - ragiona l'esponente dalemiano -, preoccupa il calo del Pd. Ragioniamo sul fatto che Di Pietro stia erodendo elettorato più a noi che ai nostri avversari». Arturo Parisi carica a testa bassa contro Veltroni: «Spero veramente che Walter rinsavisca, che legga finalmente il filo che lega i messaggi ripetuti che ci vengono dagli elettori a partire dal voto di aprile» perchè «l’illusione della corsa solitaria è finita».
Anche l’ex-centrista Marco Follini coglie l’esito del voto in Abruzzo per tornare a sostenere la necessità di ripensare l’alleanza con Di Pietro e denuncia «il costo politico dell’alleanza con l'Idv». Il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, rispolvera la questione morale: «In Abruzzo governava la sinistra, ma ha dovuto lasciare la guida della regione travolta dalla questione morale. Ora gli elettori stanno presentando il conto a Veltroni e alleati con una cocente sconfitta che si delinea chiaramente con la netta affermazione del centrodestra e del Pdl. La sinistra prenda atto del suo ennesimo fallimento politico e morale», dice Gasparri. Mentre il vicepresidente dei senatori del Pdl, Gaetano Quagliariello, invita il Pd a non utilizzare l’astensionismo come una "foglia di fico" «per coprire la vergogna di una sonante sconfitta».
In tarda serata arrivano anche le reazioni di Berlusconi e Veltroni. Il segretario del Pd (che era il primo a non credere che la rimonta in Abruzzo fosse possibile), davanti alle cifre «impressionanti» non nasconde il «malessere» emerso verso il Pd: «Noi dobbiamo saper fare di più per la moralizzazione della vita pubblica. Io preferisco pagare un prezzo elettorale subito che compromettere la costruzione di un partito riformista necessario al Paese». Ben diversa la lettura del voto abruzzese che Silvio Berlusconi ha consegnato ai dirigenti azzurri: «È la conseguenza di chi ha regalato le chiavi del partito nelle mani di Di Pietro», avrebbe detto il premier al suo staff. Le urne hanno dimostrato - secondo il premier - che il Partito democratico è ridotto ai minimi termini. Da qui l’ulteriore convinzione che «non è possibile dialogare» con chi persegue la politica dell’ex pm di Mani Pulite.
1 commento:
Da mo' che Silvio tenta di rompere l'alleanza (forzata) tra PD e IdV, si vede che ritiene il PD senza l'intransigenza di Antonio Di Pietro più manovrabile, più permeabile, più facile da far fesso, come ha fatto prima con Massimino e poi con Uolter.
E come si appresta a fare di nuovo.
Sapete cosa penso:
fuck you a tutti e due !
Ah, mi sento meglio !
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