martedì 2 dicembre 2008

Se il robot soffre di depressione

LA STAMPA
ROSALBA MICELI

Nella modulazione del livello di aspettative e della motivazione connessa a determinati comportamenti entrano in gioco vari determinanti, inclusa la vulnerabilità ad alcune condizioni ambientali. Seguendo una visione antropomorfa, è possibile mettere alla prova un’ipotesi psicologica riguardo le interazioni fra sistema di aspettative, livello motivazionale e ambiente, nell’architettura fisica di un agente artificiale

Uno studio simulativo sul “locus of control”, effettuato da ricercatori dell’Università di Palermo, afferenti al Dipartimento di Psicologia, il Dipartimento di Ingegneria Informatica e il Centro Interdipartimentale di Tecnologie della Conoscenza, descrive l’implementazione in due robot tipo RWI-B21, di un sistema di aspettative ispirato al costrutto del “locus of control” elaborato originariamente da Julian Rotter all’interno della teoria dell’apprendimento sociale.

Il termine “locus of control” significa letteralmente luogo-origine del controllo, e si riferisce alle opinioni del tutto soggettive che l’individuo si è formato circa la sua capacità di padroneggiare gli eventi della vita. Rappresenta una “aspettativa di rinforzo”, ovvero un insieme di convincimenti sulla relazione tra il proprio comportamento ed i rinforzi (premi o punizioni) che ne conseguono. Se il soggetto con un locus “interno” identifica un nesso tra un comportamento ed una gratificazione, nel momento in cui si troverà in una situazione analoga, sarà maggiormente motivato a metterlo in atto, poiché avrà una maggiore probabilità di successo ed un incremento delle aspettative di autoefficacia. Di contro, il soggetto con un locus “esterno”, non percepisce un chiaro collegamento tra i propri comportamenti ed i risultati e tende ad attribuire premi o punizioni a forze esterne incontrollabili, come la fortuna o il caso. Ricerche in campo umano hanno dimostrato che i soggetti con un locus interno sono più efficaci in molti campi e presentano minori disturbi del comportamento. In particolare, Oatley e Johnson-Laird hanno ipotizzato che il successo o il fallimento influenzi, negli individui “interni”, il loro livello motivazionale (maggiore dopo il conseguimento della meta, minore in caso contrario).

Per testare tale ipotesi è stata implementata un’architettura cognitiva capace di simulare i due tipi di locus in due agenti che eseguono un compito di navigazione spaziale. La navigazione dei robot (gestita dal simulatore Virtual Reality Modelling Language) si svolgeva in due differenti condizioni ambientali. Nel primo caso, il robot si muoveva in un ambiente statico, ben strutturato, (controllabile secondo la Social Learning Theory) dove gli ostacoli erano collocati in posizioni conosciute a priori dal robot; nel secondo, più dinamico (imprevedibile) gli ostacoli venivano spostati continuamente fino al punto di impedire, in parte o del tutto, l’esecuzione del piano d’azione.

Sia il robot “interno”, che quello “esterno”, erano in grado di pianificare azioni goal-oriented, basandosi sulla conoscenza a priori dell’ambiente e sulla rappresentazione concettuale delle informazioni sensoriali. In fase di pianificazione, essi generavano un flusso di aspettative cosicché mentre il robot metteva in atto dei comportamenti specifici, il confronto con la situazione reale permetteva di verificare se l’obiettivo fosse stato o meno raggiunto. In caso di matching positivo riguardo al conseguimento del risultato, l’agente “interno” aumentava l’indice di aspettativa; lo abbassava in caso contrario. Nell’agente “esterno”, la variazione dell’indice era del tutto casuale.

Negli esseri umani è auspicabile un adeguato bilanciamento tra internalità ed esternalità, per assegnare responsabilità agli eventi e non essere travolti dalle situazioni impreviste o imprevedibili.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Sfizioso questo articolo, no ?