ROMA - Onorevole Luciano Violante, dopo la nuova guerra tra le toghe, la maggioranza invoca a gran voce la riforma della giustizia, lei è d'accordo?
«Facciamo un'ipotesi: e cioè che il nuovo caso sia un'eccezione. Dovremmo registrare, dopo il tempestivo intervento del capo dello Stato, che il Csm si è mosso con immediatezza ed efficacia. Tutto bene. Ma io, però, non sono affatto convinto che sia un'eccezione».
Perché?
«Lo scontro tra Salerno e Catanzaro è la logica conseguenza del fatto che per anni la politica ha omesso di affrontare seriamente il tema della magistratura come potere. Il centrodestra in verità il problema se lo è posto, ma in modo che è apparso ritorsivo, non riformatore. Il centrosinistra non ne ha parlato per timore di limitare l'indipendenza dei magistrati. Eppure negli ultimi decenni il potere delle diverse magistrature è cresciuto a dismisura, in modo spesso autoreferenziale e quindi non sempre accompagnato da quella autodisciplina che dovrebbe sempre ispirare l'esercizio delle funzioni pubbliche, specie di quelle che più hanno bisogno della fiducia dei cittadini. Ecco perché, è evidente, che ormai è necessario fare la riforma subito».
Come mai è tanto cresciuto il potere della magistratura?
«Il fenomeno è generale in tutto il mondo. Basta pensare al ruolo della Corte suprema sua thailandese nella crisi dei giorni scorsi. Per non parlare di quello giocato dalla Corte Suprema americana nella prima elezione di Bush. Ma in Italia ha una peculiarità».
Perché?
«Per tre motivi. Innanzitutto perché manca nel mondo politico la consapevolezza della necessità di un'etica pubblica e di una responsabilità politica indipendente e separata dalla responsabilità penale. Se l'unica responsabilità che conta è quella affermata dai giudici, diventa inevitabile che i giudici acquisiscano un anomalo potere di condizionamento dei fatti politici. Il secondo motivo è che le diverse magistrature costituiscono l'ossatura amministrativa dello Stato. Sono la nostra Ena, cioè quello che in Francia è la Scuola nazionale di amministrazione. Si pensi al ruolo dei magistrati ordinari all'interno del ministero della Giustizia, nelle strutture del Csm, nei gabinetti e uffici legislativi degli altri ministeri, nelle Commissioni parlamentari. Per non parlare del fatto che ogni atto di governo o della pubblica amministrazione finisce sotto la giurisdizione del Tar e del Consiglio di Stato».
Persino la nomina del primo presidente della Cassazione...
«L'autogestione della macchina giudiziaria e della carriera, e la presenza in snodi essenziali dell'amministrazione pubblica hanno assicurato la totale impermeabilità dell'ordine giudiziario a controlli esterni e la possibilità per ciascun magistrato che lo voglia di essere al centro di un sistema esclusivo di relazioni di potere».
E il terzo motivo?
«È il potere "invasivo" del pubblico ministero, accresciuto dal grande numero di leggi penali. Il codice non chiarisce quando il pm può iniziare ad intervenire: se dopo aver ricevuto la notizia di reato, oppure quando, a sua discrezione, decide di andare a vedere se per caso un reato è stato commesso da un privato, un'azienda, un ufficio pubblico. In questo secondo caso il potere di intrusione nella vita del cittadino, delle imprese o della pubblica amministrazione è enorme».
Bene, bisogna fare la riforma della giustizia. Ma come? Insieme maggioranza e opposizione?
«Opposizione e maggioranza devono fare "time out", azzerare il contenzioso reciproco e discutere, senza presentare pacchetti già chiusi da prendere o lasciare. Al centrosinistra direi: fare la riforma della giustizia insieme al centrodestra non è un favore fatto a Berlusconi, è un dovere nei confronti del Paese, per permettergli di essere più equo, più responsabile e più moderno. E ancora: avevamo detto prima delle elezioni che avremmo fatto le riforme insieme al Pdl, dopo che le abbiamo perse non è un buon motivo per non farle più. Naturalmente il dialogo deve essere fatto nelle aule parlamentari, alla luce del sole».
Il centrodestra vuole separare pm e giudici. Servirà?
«No. La separazione delle carriere fa del pm una specie di superpoliziotto, appartenente ad una casta chiusa e perciò pericolosa. Consiglio di verificare gli effetti di questa riforma in Portogallo».
Cos'altro è necessario?
«Integrare la composizione del Csm, con la nomina di un terzo dei componenti da parte del capo dello Stato. E un'indagine conoscitiva sull'efficienza del sistema giudiziario: perché a Bari, con le stesse regole, un processo civile dura tre volte più che a Torino?».
Alla maggioranza e al governo invece cosa dice?
«Bando alle ritorsioni. È il momento di far prevalere il senso dello Stato. Non è che perché il cane è bagnato che adesso bisogna farlo affogare».
M. Antonietta Calabrò
08 dicembre 2008
«Facciamo un'ipotesi: e cioè che il nuovo caso sia un'eccezione. Dovremmo registrare, dopo il tempestivo intervento del capo dello Stato, che il Csm si è mosso con immediatezza ed efficacia. Tutto bene. Ma io, però, non sono affatto convinto che sia un'eccezione».
Perché?
«Lo scontro tra Salerno e Catanzaro è la logica conseguenza del fatto che per anni la politica ha omesso di affrontare seriamente il tema della magistratura come potere. Il centrodestra in verità il problema se lo è posto, ma in modo che è apparso ritorsivo, non riformatore. Il centrosinistra non ne ha parlato per timore di limitare l'indipendenza dei magistrati. Eppure negli ultimi decenni il potere delle diverse magistrature è cresciuto a dismisura, in modo spesso autoreferenziale e quindi non sempre accompagnato da quella autodisciplina che dovrebbe sempre ispirare l'esercizio delle funzioni pubbliche, specie di quelle che più hanno bisogno della fiducia dei cittadini. Ecco perché, è evidente, che ormai è necessario fare la riforma subito».
Come mai è tanto cresciuto il potere della magistratura?
«Il fenomeno è generale in tutto il mondo. Basta pensare al ruolo della Corte suprema sua thailandese nella crisi dei giorni scorsi. Per non parlare di quello giocato dalla Corte Suprema americana nella prima elezione di Bush. Ma in Italia ha una peculiarità».
Perché?
«Per tre motivi. Innanzitutto perché manca nel mondo politico la consapevolezza della necessità di un'etica pubblica e di una responsabilità politica indipendente e separata dalla responsabilità penale. Se l'unica responsabilità che conta è quella affermata dai giudici, diventa inevitabile che i giudici acquisiscano un anomalo potere di condizionamento dei fatti politici. Il secondo motivo è che le diverse magistrature costituiscono l'ossatura amministrativa dello Stato. Sono la nostra Ena, cioè quello che in Francia è la Scuola nazionale di amministrazione. Si pensi al ruolo dei magistrati ordinari all'interno del ministero della Giustizia, nelle strutture del Csm, nei gabinetti e uffici legislativi degli altri ministeri, nelle Commissioni parlamentari. Per non parlare del fatto che ogni atto di governo o della pubblica amministrazione finisce sotto la giurisdizione del Tar e del Consiglio di Stato».
Persino la nomina del primo presidente della Cassazione...
«L'autogestione della macchina giudiziaria e della carriera, e la presenza in snodi essenziali dell'amministrazione pubblica hanno assicurato la totale impermeabilità dell'ordine giudiziario a controlli esterni e la possibilità per ciascun magistrato che lo voglia di essere al centro di un sistema esclusivo di relazioni di potere».
E il terzo motivo?
«È il potere "invasivo" del pubblico ministero, accresciuto dal grande numero di leggi penali. Il codice non chiarisce quando il pm può iniziare ad intervenire: se dopo aver ricevuto la notizia di reato, oppure quando, a sua discrezione, decide di andare a vedere se per caso un reato è stato commesso da un privato, un'azienda, un ufficio pubblico. In questo secondo caso il potere di intrusione nella vita del cittadino, delle imprese o della pubblica amministrazione è enorme».
Bene, bisogna fare la riforma della giustizia. Ma come? Insieme maggioranza e opposizione?
«Opposizione e maggioranza devono fare "time out", azzerare il contenzioso reciproco e discutere, senza presentare pacchetti già chiusi da prendere o lasciare. Al centrosinistra direi: fare la riforma della giustizia insieme al centrodestra non è un favore fatto a Berlusconi, è un dovere nei confronti del Paese, per permettergli di essere più equo, più responsabile e più moderno. E ancora: avevamo detto prima delle elezioni che avremmo fatto le riforme insieme al Pdl, dopo che le abbiamo perse non è un buon motivo per non farle più. Naturalmente il dialogo deve essere fatto nelle aule parlamentari, alla luce del sole».
Il centrodestra vuole separare pm e giudici. Servirà?
«No. La separazione delle carriere fa del pm una specie di superpoliziotto, appartenente ad una casta chiusa e perciò pericolosa. Consiglio di verificare gli effetti di questa riforma in Portogallo».
Cos'altro è necessario?
«Integrare la composizione del Csm, con la nomina di un terzo dei componenti da parte del capo dello Stato. E un'indagine conoscitiva sull'efficienza del sistema giudiziario: perché a Bari, con le stesse regole, un processo civile dura tre volte più che a Torino?».
Alla maggioranza e al governo invece cosa dice?
«Bando alle ritorsioni. È il momento di far prevalere il senso dello Stato. Non è che perché il cane è bagnato che adesso bisogna farlo affogare».
M. Antonietta Calabrò
08 dicembre 2008
1 commento:
Io ho sempre avuto l'impressione che in quest'uomo vi fosse qualcosa di demoniaco.
Da Wikipedia:
"Nel 2003 ufficialmente (in qualità di capogruppo dei DS alla Camera) dichiarò in Parlamento che il centrosinistra aveva dato nel 1994 la garanzia piena a Berlusconi e Letta che le "televisioni non sarebbero state toccate" con il cambio di governo. Inoltre "ascrisse il merito" al centrosinistra di non aver fatto nulla riguardo il conflitto di interesse, di aver dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante una legge che nega l'eleggibilità per i concessionari dello Stato e di aver aumentato di 25 volte il fatturato Mediaset. Rieletto alla Camera dei Deputati nel 2006, è stato nominato Presidente della Prima Commissione Permanente, Affari Costituzionali.
Dopo la caduta del governo Prodi II, in vista delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008, ha dichiarato di non volersi più ricandidare a parlamentare per rispettare il ricambio generazionale perseguito dal segretario del Partito Democratico Walter Veltroni. Dal 2008 è columnist del quotidiano Il Riformista."
IL RIFORMISTA ?!?!
Che pensate ?
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