giovedì 1 gennaio 2009

Italia dei valori da sola in difesa contro gli attacchi del governo

IL CORRIERE DELLA SERA

Il rischio che la giustizia diventi terreno di una resa dei conti tra governo e Idv
È troppo facile, e dunque ingiusto infierire su Cristiano Di Pietro. Hanno ragione i dirigenti dell’Italia dei Valori quando sostengono che si colpisce il figlio per mettere in difficoltà il padre, Antonio, leader del partito. Anche se quando inneggiano alla sua «inconfutabile tensione etica» perché si è dimesso dall’Idv (ma non da consigliere provinciale a Campobasso), non lo aiutano. Si comportano come gli avversari, seppure al contrario. Sembrano complimentarsi non con il figlio, ma con il genitore che lo ha costretto al passo indietro a metà. Esagerano in modo sospetto.

Il problema non è il rapporto discutibile del rampollo dipietrista con un personaggio dell’inchiesta di Napoli sull’imprenditore Alfredo Romeo. Giustamente, il segretario dell’Idv sottolinea che non esistono reati; che si tratta al massimo di scorrettezze. E di certo la vicenda si è gonfiata per questioni di parentela. Insomma, a nessuno sfugge il carattere strumentale della polemica di esponenti del governo; e del silenzio tombale degli alleati del Pd, attaccato di recente dall’Idv per altre inchieste. A sfumare l’identità virtuosa del partito non sono, però, le telefonate di Cristiano Di Pietro con l’ex provveditore ai Llpp, Mario Mautone. Il problema, semmai, è che ieri un deputato dell’Idv, Amedeo Porfidia, si sia autosospeso perché indagato per reati gravi nel Casertano.

Pesa il fatto che restino incerti i motivi per i quali l’ex pm di Mani pulite, allora ministro, trasferì Mautone a Roma poco dopo l’inizio dell’inchiesta. La maggioranza berlusconiana insinua che il leader dell’Idv sia stato informato segretamente di quell’indagine; e che abbia agito per evitare ulteriori contatti tra il figlio e Mautone. Di Pietro nega sdegnato. Ma il sospetto viene tenuto in vita dagli avversari e da qualche sbavatura non ancora smaltita del tutto. Le stesse dimissioni di Cristiano, presentate nella vulgata dipietrista come un «eccesso di intransigenza» e di correttezza, hanno anche il sapore del pasticcio, visto che resta consigliere provinciale.

Alla fine, prevale la sensazione deprimente di un duello fra centrodestra e Idv, con la giustizia scelta come terreno di resa dei conti. Il dubbio preoccupante è che garantismo e giustizialismo risultino un alibi per non fare nessuna riforma; oppure per legittimare forzature dalle quali uscirebbero indeboliti tutti. Ma la vicenda dei Di Pietro appare istruttiva. Conferma quanto sia difficile alimentare le parole d’ordine più radicali e iniettarle nell’elettorato, senza alla fine restarne vittime: al di là di ogni buona intenzione.

Massimo Franco
30 dicembre 2008

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