LA STAMPA
7/1/2009
STEFANIA DI PIETRO
STEFANIA DI PIETRO
Eccitante come un viaggio su Marte: è iniziata la più importante spedizione del nuovo secolo in Antartide, coordinata dalla «British Antarctic Survey», il programma polare inglese che ha tra gli obiettivi l'esplorazione dell’ambiente e lo studio climatologico del Polo Sud.
L'evento vede la mobilitazione di un team di scienziati e ingegneri di sei Paesi - Gran Bretagna, Usa, Germania, Australia, Cina e Giappone - con un compito più che impegnativo: svelare i segreti del continente sepolto dai ghiacci. E, nonostante l'Italia non faccia parte delle nazioni partecipanti, è riuscita a dare lo stesso un contributo. A capo della spedizione, che terminerà a fine gennaio 2009, c’è il genovese Fausto Ferraccioli, responsabile del reparto d'Aerogeofisica dello stesso «British Antarctic Survey»: a 38 anni ha già guidato 7 missioni tra i ghiacci del Polo Sud, lavorando anche con il «PNRA» (il «Programma nazionale per le ricerche in Antartide»).
Gli scienziati si trovano a 4100 metri, sulla piattaforma polare delle «Gamburtsev mountains», una catena di montagne subglaciali che è posizionata sotto una coltre bianca di oltre 3 chilometri di spessore ed estesa quanto le Alpi francesi. Il progetto si chiama «AGAP» - «Antarctic Gamburtsev Province» - e sarà fondamentale per una lettura approfondita del Polo Sud, considerato uno scrigno di informazioni-chiave non solo sul passato, ma anche sui destini del Pianeta. Il gruppo di ricercatori si è diviso i compiti, su un territorio particolarmente ostile, a 600 km dal Polo. Il team Usa, coordinato dalla geologa marina Robin Bell e dal geofisico Michael Studinger, sarà di base nella regione a Sud delle «Gamburtsev mountains», nei pressi della base «Amundsen-Scott», mentre il team di Ferraccioli ha cominciato a esaminare l’area del campo Nord. Andranno a caccia di ghiacci antichi 1.2 milioni di anni e «radiograferanno» ciò che nascondono.
«E’ una sfida eccezionale. La missione ha come primo obiettivo la ricerca del ghiaccio più antico del Pianeta - spiega Ferraccioli -. I risultati delle indagini aero-geofisiche ci consentiranno di individuare una serie di regioni-campione: qui si effettueranno i futuri progetti di perforazione necessari per le analisi paleoclimatiche e la creazione di modelli sull’evoluzione del clima». La forma di queste misteriose montagne sotterranee (con picchi fino a 3 mila metri), scoperte da un gruppo di esplorazione sovietico nel 1958, non è mai stata ammirata dal vivo, ma solo dedotta dalle foto-radar scattate dagli aerei. Gigantesche, racchiudono molti interrogativi: per esempio, quali sono stati i fenomeni che hanno causato il seppellimento di questa zona dalle origini ancore incerte? «Le enigmatiche Gamburtsev sono in mezzo all’Antartide orientale e - sottolinea Ferraccioli - sono, oltre ogni dubbio, tra i rilievi più antichi».
«In realtà la loro presenza in questa area è un mistero, perché non dovrebbero neppure esistere. Infatti, in base agli affioramenti della costa antartica, l’ultimo evento di possibile natura orogenica, vale a dire legato alla formazione di montagne, sembra essere avvenuto 500 milioni di anni fa. E invece le Gamburtsev sono più antiche e dovrebbero già essere state erose. Come si sia quindi formata la calotta che le racchiude rimane un problema ancora da capire».
Secondo una delle ipotesi più recenti, le Gamburtsev potrebbero essere il luogo d’origine della stessa calotta polare antartica orientale, una regione da sempre inaccessibile a causa delle temperature, oltre -50°, e per la scarsità di ossigeno dovuta all’altitudine. «C’è però un’altra idea, alternativa - aggiunge il geofisico -: è possibile che esista un “punto caldo” nel mantello terrestre e che le “Gamburtsev mountains” rappresentino dei vulcani subglaciali e, quindi, più recenti di quanto si è finora pensato».
Ora sono cominciate le rilevazioni. Per portare a termine la missione è stato fondamentale il supporto logistico della squadra Usa, diretta dalla «National Science Foundation». «Operiamo dal cielo e da terra. Due aerei “Twin Otter” sono stati dotati di radar e magnetometri per “vedere” oltre la calotta polare e raggiungere la roccia, mentre una rete di 23 stazioni, con trivelle, sensori e gravimetri, analizzerà le tipologie del ghiaccio». L’eccitazione è al massimo: l’Antartide è un «libro aperto» e un nuovo capitolo sta per essere letto.
L'evento vede la mobilitazione di un team di scienziati e ingegneri di sei Paesi - Gran Bretagna, Usa, Germania, Australia, Cina e Giappone - con un compito più che impegnativo: svelare i segreti del continente sepolto dai ghiacci. E, nonostante l'Italia non faccia parte delle nazioni partecipanti, è riuscita a dare lo stesso un contributo. A capo della spedizione, che terminerà a fine gennaio 2009, c’è il genovese Fausto Ferraccioli, responsabile del reparto d'Aerogeofisica dello stesso «British Antarctic Survey»: a 38 anni ha già guidato 7 missioni tra i ghiacci del Polo Sud, lavorando anche con il «PNRA» (il «Programma nazionale per le ricerche in Antartide»).
Gli scienziati si trovano a 4100 metri, sulla piattaforma polare delle «Gamburtsev mountains», una catena di montagne subglaciali che è posizionata sotto una coltre bianca di oltre 3 chilometri di spessore ed estesa quanto le Alpi francesi. Il progetto si chiama «AGAP» - «Antarctic Gamburtsev Province» - e sarà fondamentale per una lettura approfondita del Polo Sud, considerato uno scrigno di informazioni-chiave non solo sul passato, ma anche sui destini del Pianeta. Il gruppo di ricercatori si è diviso i compiti, su un territorio particolarmente ostile, a 600 km dal Polo. Il team Usa, coordinato dalla geologa marina Robin Bell e dal geofisico Michael Studinger, sarà di base nella regione a Sud delle «Gamburtsev mountains», nei pressi della base «Amundsen-Scott», mentre il team di Ferraccioli ha cominciato a esaminare l’area del campo Nord. Andranno a caccia di ghiacci antichi 1.2 milioni di anni e «radiograferanno» ciò che nascondono.
«E’ una sfida eccezionale. La missione ha come primo obiettivo la ricerca del ghiaccio più antico del Pianeta - spiega Ferraccioli -. I risultati delle indagini aero-geofisiche ci consentiranno di individuare una serie di regioni-campione: qui si effettueranno i futuri progetti di perforazione necessari per le analisi paleoclimatiche e la creazione di modelli sull’evoluzione del clima». La forma di queste misteriose montagne sotterranee (con picchi fino a 3 mila metri), scoperte da un gruppo di esplorazione sovietico nel 1958, non è mai stata ammirata dal vivo, ma solo dedotta dalle foto-radar scattate dagli aerei. Gigantesche, racchiudono molti interrogativi: per esempio, quali sono stati i fenomeni che hanno causato il seppellimento di questa zona dalle origini ancore incerte? «Le enigmatiche Gamburtsev sono in mezzo all’Antartide orientale e - sottolinea Ferraccioli - sono, oltre ogni dubbio, tra i rilievi più antichi».
«In realtà la loro presenza in questa area è un mistero, perché non dovrebbero neppure esistere. Infatti, in base agli affioramenti della costa antartica, l’ultimo evento di possibile natura orogenica, vale a dire legato alla formazione di montagne, sembra essere avvenuto 500 milioni di anni fa. E invece le Gamburtsev sono più antiche e dovrebbero già essere state erose. Come si sia quindi formata la calotta che le racchiude rimane un problema ancora da capire».
Secondo una delle ipotesi più recenti, le Gamburtsev potrebbero essere il luogo d’origine della stessa calotta polare antartica orientale, una regione da sempre inaccessibile a causa delle temperature, oltre -50°, e per la scarsità di ossigeno dovuta all’altitudine. «C’è però un’altra idea, alternativa - aggiunge il geofisico -: è possibile che esista un “punto caldo” nel mantello terrestre e che le “Gamburtsev mountains” rappresentino dei vulcani subglaciali e, quindi, più recenti di quanto si è finora pensato».
Ora sono cominciate le rilevazioni. Per portare a termine la missione è stato fondamentale il supporto logistico della squadra Usa, diretta dalla «National Science Foundation». «Operiamo dal cielo e da terra. Due aerei “Twin Otter” sono stati dotati di radar e magnetometri per “vedere” oltre la calotta polare e raggiungere la roccia, mentre una rete di 23 stazioni, con trivelle, sensori e gravimetri, analizzerà le tipologie del ghiaccio». L’eccitazione è al massimo: l’Antartide è un «libro aperto» e un nuovo capitolo sta per essere letto.
1 commento:
Lo confesso, è molto eccitante questa missione, almeno per chi come me credeva non vi fosse altro da scoprire sulla Terra, salvo dettagli di zone impervie inesplorate.
Ignorante come sono in materia, pensavo che il polo Sud fosse piatto, invece ...
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