18/1/2009
BRUNO TINTI
BRUNO TINTI
Le udienze finiscono troppo presto; e i giudici stanno in ufficio troppo poco. Sono dunque queste le cause della lentezza dei processi.
È un peccato che non sia vero perché, se lo fosse, sarebbe facile rendere efficiente la giustizia italiana: due leggi e un adeguato ma non esagerato stanziamento di bilancio. Le udienze debbono durare dalle 9 alle 19; quindi si debbono pagare gli straordinari ai cancellieri per le ore di lavoro eccedenti quelle previste dai contratti di pubblico impiego, 6 ore al giorno per 6 giorni la settimana. Poi basta costruire uffici per i giudici, uno per ognuno, e lì staranno durante l’orario di lavoro (quale?). Costerà un po’ ma i problemi della giustizia sarebbero risolti.
Naturalmente non è così.
Prima di tutto il prodotto giustizia non consta solo del processo e dunque dell’udienza: prima del processo (anche di quello civile) c’è l’istruttoria; e dopo c’è la sentenza; lavoro che prende molto più tempo del processo puro e semplice. Ma restiamo alle udienze che durano troppo poco. Poco che durino, sono sufficienti per far incassare al giudice un certo numero di sentenze; perché ogni udienza comprende parecchi processi, e ogni processo concluso significa una sentenza da scrivere. Difficile dire quante se ne incassano per ogni udienza, minimo 3 (nei processi collegiali, quelli con tre giudici, quelli complessi); e 5, 6, ma anche di più, nei processi monocratici, quelli (teoricamente) più semplici. Più o meno altrettante in Corte d’Appello. E quante udienze si fanno? Da 3 a 4 ogni settimana. Dunque ogni giudice deve scrivere da 9 a 20 sentenze ogni settimana. E quando le scrivono? Quando l’udienza è finita, nel pomeriggio, perché il giorno dopo quasi sempre di udienza ce ne è un’altra e si incassano altre sentenze. In realtà il saldo tra le sentenze incassate e quelle scritte è sempre negativo, sicché i giudici le scrivono nei fine settimana e nei primi 15, 20 giorni di ferie (quelle famose ferie troppo lunghe dei magistrati).
Allora già si capisce che la durata dell’udienza è un falso problema: si potrebbero anche fare udienze più lunghe e dunque più processi; ma poi non si riuscirebbe a scrivere le relative sentenze.
Ma, si dice, basta con le sentenze troppo dotte: sintesi ci vuole e quindi sentenze in maggior numero. Sarebbe bello poterlo fare; ma il motivo di appello favorito degli avvocati è il difetto di motivazione: loro scrivono una memoria di 25 pagine proponendo eccezioni e tesi, infondate magari, ma ben costruite. E, se il giudice non le confuta una per una, la sentenza verrà riformata in Appello o in Cassazione. Che significa altro lavoro sullo stesso processo e quindi spreco di risorse. La sentenza dunque, per quanto sintetica, deve tener conto delle tesi della difesa; anche perché, se così non fosse, gli avvocati che ci starebbero a fare? Quindi scrivere sentenze è cosa abbastanza complicata.
Però i giudici stanno in ufficio troppo poco, pochissimo le mattine e mai nel pomeriggio. E allora?
I giudici della Corte di Cassazione fanno 4 o 5 udienze al mese, per il resto del tempo se ne stanno a casa loro, nelle varie città d’Italia dove risiedono. Ogni udienza incassano da 5 (i civilisti) a 15 (i penalisti) sentenze, che vuol dire da 20 a 60, 70 sentenze ogni mese. È davvero importante che queste sentenze siano scritte in un ufficio di piazza Cavour a Roma (che non esiste) piuttosto che nello studio di ognuno di loro, dotato di computer, stampante, biblioteca (tutta roba che a piazza Cavour non c’è)?
In molte città d’Italia i palazzi di giustizia sono vecchi stabili di grande valore storico e di nessuna funzionalità; uffici per i giudici non ce n’è. E il problema è che molti giudici in ufficio ci debbono stare per forza, fin a ora tarda. Tutti i pubblici ministeri d’Italia stanno in ufficio mattina e pomeriggio, almeno fino alle 19 (e poi le notti, le domeniche e insomma tutti i giorni in cui capita qualche cosa di urgente, cioè spessissimo); i giudici di famiglia (quelli che fanno separazioni e divorzi) fanno udienza quasi tutti i pomeriggi, oltre che le mattine (e poi debbono scrivere le sentenze); i giudici civili che fanno interdizioni tengono udienza quasi tutti i pomeriggi; le udienze civili per prove (interrogare i testimoni, sentire i periti) si fanno quasi sempre di pomeriggio. Insomma, quelli che non stanno in ufficio dopo aver finito le udienze sono i giudici penali del Tribunale e i giudici di Corte d’Appello, il cui lavoro consiste nello scrivere sentenze. Gli altri in ufficio ci stanno, altro che se ci stanno.
Alla fine bisognerà rendersi conto che la lunghezza dei processi dipende da codici di procedura dissennati e, in parte minore ma significativa, da carenza di risorse economiche. Continuare a prendersela con i giudici che non lavorano (qualcuno naturalmente ce n’è) significa solo creare alibi per un legislatore incompetente.
È un peccato che non sia vero perché, se lo fosse, sarebbe facile rendere efficiente la giustizia italiana: due leggi e un adeguato ma non esagerato stanziamento di bilancio. Le udienze debbono durare dalle 9 alle 19; quindi si debbono pagare gli straordinari ai cancellieri per le ore di lavoro eccedenti quelle previste dai contratti di pubblico impiego, 6 ore al giorno per 6 giorni la settimana. Poi basta costruire uffici per i giudici, uno per ognuno, e lì staranno durante l’orario di lavoro (quale?). Costerà un po’ ma i problemi della giustizia sarebbero risolti.
Naturalmente non è così.
Prima di tutto il prodotto giustizia non consta solo del processo e dunque dell’udienza: prima del processo (anche di quello civile) c’è l’istruttoria; e dopo c’è la sentenza; lavoro che prende molto più tempo del processo puro e semplice. Ma restiamo alle udienze che durano troppo poco. Poco che durino, sono sufficienti per far incassare al giudice un certo numero di sentenze; perché ogni udienza comprende parecchi processi, e ogni processo concluso significa una sentenza da scrivere. Difficile dire quante se ne incassano per ogni udienza, minimo 3 (nei processi collegiali, quelli con tre giudici, quelli complessi); e 5, 6, ma anche di più, nei processi monocratici, quelli (teoricamente) più semplici. Più o meno altrettante in Corte d’Appello. E quante udienze si fanno? Da 3 a 4 ogni settimana. Dunque ogni giudice deve scrivere da 9 a 20 sentenze ogni settimana. E quando le scrivono? Quando l’udienza è finita, nel pomeriggio, perché il giorno dopo quasi sempre di udienza ce ne è un’altra e si incassano altre sentenze. In realtà il saldo tra le sentenze incassate e quelle scritte è sempre negativo, sicché i giudici le scrivono nei fine settimana e nei primi 15, 20 giorni di ferie (quelle famose ferie troppo lunghe dei magistrati).
Allora già si capisce che la durata dell’udienza è un falso problema: si potrebbero anche fare udienze più lunghe e dunque più processi; ma poi non si riuscirebbe a scrivere le relative sentenze.
Ma, si dice, basta con le sentenze troppo dotte: sintesi ci vuole e quindi sentenze in maggior numero. Sarebbe bello poterlo fare; ma il motivo di appello favorito degli avvocati è il difetto di motivazione: loro scrivono una memoria di 25 pagine proponendo eccezioni e tesi, infondate magari, ma ben costruite. E, se il giudice non le confuta una per una, la sentenza verrà riformata in Appello o in Cassazione. Che significa altro lavoro sullo stesso processo e quindi spreco di risorse. La sentenza dunque, per quanto sintetica, deve tener conto delle tesi della difesa; anche perché, se così non fosse, gli avvocati che ci starebbero a fare? Quindi scrivere sentenze è cosa abbastanza complicata.
Però i giudici stanno in ufficio troppo poco, pochissimo le mattine e mai nel pomeriggio. E allora?
I giudici della Corte di Cassazione fanno 4 o 5 udienze al mese, per il resto del tempo se ne stanno a casa loro, nelle varie città d’Italia dove risiedono. Ogni udienza incassano da 5 (i civilisti) a 15 (i penalisti) sentenze, che vuol dire da 20 a 60, 70 sentenze ogni mese. È davvero importante che queste sentenze siano scritte in un ufficio di piazza Cavour a Roma (che non esiste) piuttosto che nello studio di ognuno di loro, dotato di computer, stampante, biblioteca (tutta roba che a piazza Cavour non c’è)?
In molte città d’Italia i palazzi di giustizia sono vecchi stabili di grande valore storico e di nessuna funzionalità; uffici per i giudici non ce n’è. E il problema è che molti giudici in ufficio ci debbono stare per forza, fin a ora tarda. Tutti i pubblici ministeri d’Italia stanno in ufficio mattina e pomeriggio, almeno fino alle 19 (e poi le notti, le domeniche e insomma tutti i giorni in cui capita qualche cosa di urgente, cioè spessissimo); i giudici di famiglia (quelli che fanno separazioni e divorzi) fanno udienza quasi tutti i pomeriggi, oltre che le mattine (e poi debbono scrivere le sentenze); i giudici civili che fanno interdizioni tengono udienza quasi tutti i pomeriggi; le udienze civili per prove (interrogare i testimoni, sentire i periti) si fanno quasi sempre di pomeriggio. Insomma, quelli che non stanno in ufficio dopo aver finito le udienze sono i giudici penali del Tribunale e i giudici di Corte d’Appello, il cui lavoro consiste nello scrivere sentenze. Gli altri in ufficio ci stanno, altro che se ci stanno.
Alla fine bisognerà rendersi conto che la lunghezza dei processi dipende da codici di procedura dissennati e, in parte minore ma significativa, da carenza di risorse economiche. Continuare a prendersela con i giudici che non lavorano (qualcuno naturalmente ce n’è) significa solo creare alibi per un legislatore incompetente.


1 commento:
E' davvero ammirevole la tenacia e l'onestà intellettuale con la quale il dr. Tinti rintuzza tutte le scemenze che il centro-destra (Pdl + Lega) dicono in materia di giustizia, eliminando loro ogni alibi politico, ma anche alla massa dei loro elettori che fanno da cassa di risonanza a tutte le fandonie che sono incultate nelle menti deboli dei poveretti.
Inoltre, usa un linguaggio così piano, scorrevole, chiaro ed efficace, che anche quelle menti deboli non potrebbero non capire se non fossero possedute dal demonio politico e propiziate dalla loro ignoranza.
Sì, IGNORANZA, che è peggio della MALAFEDE perchè più massiva.
Posta un commento