Ordinanza di custodia cautelare per l’assistente della Polizia penitenziaria Vito Miacola, da anni in servizio nella casa circondariale ravennate. In manette Giovanni Pipoli con l'accusa di corruzione, peculato e falso
Ravenna, 24 febbraio 2009 - Vito Miacola, 49 anni, assistente capo della Polizia penitenziaria, da moltissimi anni in servizio nella casa circondariale di Ravenna, è stato arrestato ieri mattina dagli uomini della Squadra Mobile in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare che si richiama alle ipotesi di reato di tentata concussione, corruzione e istigazione alla corruzione.
Il provvedimento è stato firmato dal gip Cecilia Calandra su richiesta del pm Stefano Stargiotti, il magistrato che da novembre sta indagando sul fronte del carcere ravennate a seguito dell’inchiesta giornalistica condotta da 'il Resto del Carlino'. Contestualmente all’esecuzione dell’ordinanza - Miacola si trovava in servizio in carcere - è stata effettuata una perquisizione in tutta la casa circondariale che ha visto impegnati 120 uomini fra appartenenti alla Polizia di Stato e alla Polizia Penitenziaria di Ravenna e del Dap di Bologna, con unità cinofile della Polizia e della Guardia di finanza. E’ stata rinvenuta solo un piccola quantità di hashish in una cella.
Nel primo pomeriggio di ieri, Miacola è stato condotto a palazzo di giustizia per l’interrogatorio di garanzia; oltretutto aveva chiesto lui di essere sentito subito. Assistito dall’avvocato Gabriele Sangiorgi, nominato di fiducia, Miacola ha risposto alle domande del gip e del pm Stargiotti (era presente anche il capo della Mobile, Gianluigi Manganelli). Ha ammesso di avere chiesto denaro inteso come prestiti per far fronte a gravi difficoltà familiari, ha negato di essere un concussore o un corruttore, ha negato anche di essersi mai incontrato con alcuni detenuti fuori dal carcere salvo poi essere subito smentito dal pm che ha fatto riferimento a intercettazioni telefoniche e ha esibito fotografie relative agli incontri. L’interrogatorio, iniziato alle 14,45 si è protratto fin verso le 17, dopodiché l’assistente è stato trasferito nel carcere militare di Santa Maria Capua a Vetere.
Le ipotesi di reato contestate a Miacola si riferiscono a episodi avvenuti dall’estate scorsa fino a poco tempo fa: l’assistente della polizia penitenziaria, infatti, ha continuato a tenere una certa condotta ben oltre il codice penale anche dopo l’inchiesta giornalistica condotta su queste colonne dalla metà di ottobre e che portò, ai primi di novembre, all’ispezione ministeriale nel carcere e all’avvio dell’indagine preliminare con immediate intercettazioni telefoniche.
In particolare Miacola è indagato per aver chiesto denaro a uno o più detenuti in semilibertà minacciando di svolgere relazioni negative nei loro confronti; di essersi fatto consegnare denaro da detenuti per consegnare lettere (eludendo così la censura) all’esterno o comunque per tenere contatti con persone all’esterno del carcere e infine per aver ancora chiesto denaro per svolgere relazioni favorevoli per i detenuti onde evitare trasferimenti o comunque perchè potessero avere benefici. Rimane fuori da questa fase dell’inchiesta l’aspetto relativo alle richieste di denaro ad avvocati, fatte apparire come prestiti con la promessa della restituzione, ma che in realtà era forse il prezzo pagato per favorire le nomine, da parte dei detenuti, di certi difensori al posto di altri.
L’Inchiesta del pm Stargiotti, secondo quanto è dato di sapere, vede non solo Miacola come indagato. Sul registro degli indagati della Procura, con ipotesi di reato soprattutto di corruzione, è iscritto quanto meno anche il nome di un altro agente della Polizia penitenziaria. Il riferimento, per questo fronte dell’indagine, è quello relativo all’ingresso in carcere di un telefonino cellulare, sequestrato poi nella cella di un detenuto ‘eccellente’, di un coltello e anche di piccoli quantitativi di sostanza stupefacente. Aspetti dell’indagine preliminare, questi, che non compaiono nell’ordinanza di custodia cautelare notificata a Miacola.
di Carlo Raggi
Il provvedimento è stato firmato dal gip Cecilia Calandra su richiesta del pm Stefano Stargiotti, il magistrato che da novembre sta indagando sul fronte del carcere ravennate a seguito dell’inchiesta giornalistica condotta da 'il Resto del Carlino'. Contestualmente all’esecuzione dell’ordinanza - Miacola si trovava in servizio in carcere - è stata effettuata una perquisizione in tutta la casa circondariale che ha visto impegnati 120 uomini fra appartenenti alla Polizia di Stato e alla Polizia Penitenziaria di Ravenna e del Dap di Bologna, con unità cinofile della Polizia e della Guardia di finanza. E’ stata rinvenuta solo un piccola quantità di hashish in una cella.
Nel primo pomeriggio di ieri, Miacola è stato condotto a palazzo di giustizia per l’interrogatorio di garanzia; oltretutto aveva chiesto lui di essere sentito subito. Assistito dall’avvocato Gabriele Sangiorgi, nominato di fiducia, Miacola ha risposto alle domande del gip e del pm Stargiotti (era presente anche il capo della Mobile, Gianluigi Manganelli). Ha ammesso di avere chiesto denaro inteso come prestiti per far fronte a gravi difficoltà familiari, ha negato di essere un concussore o un corruttore, ha negato anche di essersi mai incontrato con alcuni detenuti fuori dal carcere salvo poi essere subito smentito dal pm che ha fatto riferimento a intercettazioni telefoniche e ha esibito fotografie relative agli incontri. L’interrogatorio, iniziato alle 14,45 si è protratto fin verso le 17, dopodiché l’assistente è stato trasferito nel carcere militare di Santa Maria Capua a Vetere.
Le ipotesi di reato contestate a Miacola si riferiscono a episodi avvenuti dall’estate scorsa fino a poco tempo fa: l’assistente della polizia penitenziaria, infatti, ha continuato a tenere una certa condotta ben oltre il codice penale anche dopo l’inchiesta giornalistica condotta su queste colonne dalla metà di ottobre e che portò, ai primi di novembre, all’ispezione ministeriale nel carcere e all’avvio dell’indagine preliminare con immediate intercettazioni telefoniche.
In particolare Miacola è indagato per aver chiesto denaro a uno o più detenuti in semilibertà minacciando di svolgere relazioni negative nei loro confronti; di essersi fatto consegnare denaro da detenuti per consegnare lettere (eludendo così la censura) all’esterno o comunque per tenere contatti con persone all’esterno del carcere e infine per aver ancora chiesto denaro per svolgere relazioni favorevoli per i detenuti onde evitare trasferimenti o comunque perchè potessero avere benefici. Rimane fuori da questa fase dell’inchiesta l’aspetto relativo alle richieste di denaro ad avvocati, fatte apparire come prestiti con la promessa della restituzione, ma che in realtà era forse il prezzo pagato per favorire le nomine, da parte dei detenuti, di certi difensori al posto di altri.
L’Inchiesta del pm Stargiotti, secondo quanto è dato di sapere, vede non solo Miacola come indagato. Sul registro degli indagati della Procura, con ipotesi di reato soprattutto di corruzione, è iscritto quanto meno anche il nome di un altro agente della Polizia penitenziaria. Il riferimento, per questo fronte dell’indagine, è quello relativo all’ingresso in carcere di un telefonino cellulare, sequestrato poi nella cella di un detenuto ‘eccellente’, di un coltello e anche di piccoli quantitativi di sostanza stupefacente. Aspetti dell’indagine preliminare, questi, che non compaiono nell’ordinanza di custodia cautelare notificata a Miacola.
di Carlo Raggi
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