lunedì 2 febbraio 2009

I rapporti con le toghe uniscono Pd e Idv pur divisi sul Colle


La rottura fra Walter Veltroni e Antonio Di Pietro si sarebbe consumata da tempo: da subito dopo le elezioni di dieci mesi fa, sostiene uno dei consiglieri più vicini al segretario del Pd, Giorgio Tonini. E non essendo alle viste nessun governo da formare insieme, chiedere ulteriori prese di distanza avrebbe il sapore della provocazione. In apparenza, il ragionamento non fa una grinza. Eppure, a questo smarcamento, particolarmente netto quando nei giorni scorsi l’Idv ha attaccato frontalmente Giorgio Napolitano, si affianca un’alleanza di fatto. I toni saranno pure diversi.

Ma il no alla legge sulle intercettazioni che Di Pietro e Veltroni preannunciano, li vede in tandem: l’Udc di Pier Ferdinando Casini è più possibilista. La cosa più scivolosa per il centrosinistra, però, è un’altra. La difesa del potere di indagine dei magistrati, che secondo Pd e Idv la riforma cancellerebbe, è accompagnata da un nuovo attacco dipietrista contro il presidente della Repubblica; e a bordate pesanti nei confronti di Francesco Rutelli. Di Pietro nega di avere insultato Napolitano in piazza Farnese: si tratterebbe a di «presunte offese», frutto di invenzioni, protesta. Ma intanto ribadisce le critiche al Quirinale, sostenendo che secondo un sondaggio della rivista Micromega il capo dello Stato non sarebbe «un buon custode della Costituzione».

Insomma, continua una strategia che tende a delegittimarlo in modo scientifico: quasi a tavolino. L’Idv sembra considerare Napolitano il bersaglio grosso della sua polemica. È il cuore del tentativo di stabilizzazione del sistema; e il nemico di quanti puntano per motivi diversi al «tanto peggio tanto meglio». Il fatto che il centrodestra gli riconosca il ruolo di arbitro e garante, agli occhi di una parte dell’opposizione è un difetto in più, non in meno; e dunque un motivo ulteriore per attaccarlo. Accreditare l’idea del «cattivo custode» della Costituzione significa dargli larvatamente del filoberlusconiano: il peggiore degli insulti politici, agli occhi del dipietrismo e dei suoi seguaci.

Non solo. Nella caccia ai voti estremisti, il leader dell’Idv tenta di accreditarsi come un perseguitato dei giornali. E nella sua offensiva accusa Rutelli, presidente del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza) di intimidazione per avere convocato il procuratore De Magistris, che su Rutelli ha espresso di recente giudizi duri. Si tratta di un crescendo nel quale si intravede una filiera di avversari: il governo, il Quirinale, il Pd. E una contrapposizione così pregiudiziale che alla fine risulta funzionale ai piani della maggioranza. Su questo sfondo, le critiche veltroniane a Berlusconi sono oscurate e sovrastate dalle urla dell’Idv e dalla strana coabitazione col Pd: un rapporto tormentato e doloroso, destinato a segnare l’intera campagna elettorale per le europee.

Veltroni continua ad escludere un cartello antiberlusconiano come quello rappresentato dall’Unione prodiana. A suo avviso impedirebbe qualsiasi riforma, e politicamente si è già rivelato perdente. Ma se l’intesa con Di Pietro è fallita da tempo, la sensazione è che il Pd si ritrovi circondato dalle macerie delle proprie alleanze. Perfino le sponde sindacali sembrano smottare un po’. I rapporti con la Cgil di Guglielmo Epifani sono a dir poco agrodolci. La spina che l’Idv rappresenta nei rapporti politici e con il Quirinale, ha l’equivalente nella Cgil sul versante sociale. E pochi pensano che la soglia del 4 per cento alle europee immunizzerà il Pd da entrambe.

Massimo Franco
31 gennaio 2009

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