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Il padre di Leonida-Baiardo era uno di quegli uomini tutto d’un pezzo, primo trombone nella banda del paese che riponeva lo strumento quando bisognava intonare «Giovinezza». Un socialista da sempre che teneva a un suo orgoglio anticonformista: quando gli americani gli chiesero di fare i nomi dei fascisti locali per vendicarsi, lui declinò l’invito. La soddisfazione se l’era presa da solo, tenendo la schiena dritta. Così il figlio, laureato in economia a Bologna, arruolato come tenente degli alpini, una rarità per un isolano, partigiano in Francia con il nome falso di Paul Zanetti dopo essere fuggito dalla prigionia dei nazisti. Un uomo intelligente ed energico che non aveva esitato a prendersi cura della «rondine dalle ali infrante», anche se era la figlia del Duce. A raccontarci questa storia, dopo una tenace ricerca dei documenti — le lettere di Edda, il memoriale e i commenti di Leonida — è Marcello Sorgi, ex direttore della Stampa, nel libro Edda Ciano e il comunista. L’inconfessabile passione della figlia del Duce (in uscita da Rizzoli il 1˚aprile, pagine 150, e 18). Sorgi aveva anticipato la notizia sulle pagine culturali del quotidiano torinese il 1˚ottobre dell’anno scorso.
Il racconto si basava sulla lettura delle trascrizioni delle lettere, a volte in francese o in inglese, che, come in un romanzo di Alexandre Dumas, erano sepolte in un vecchio armadio nella casa di Edoardo, il figlio di Leonida, assieme a ciocche di capelli, biglietti, fotografie, annotazioni. Un materiale che Sorgi ha potuto esaminare per primo e ha elaborato in un racconto romantico e avvincente pur rispettando la verità fattuale. L’autore si è avvalso a tal fine della consulenza storica di Giovanni Sabbatucci. I primi contatti fra Edda e Leonida sono interessati ma cauti. Lei, dopo essere stata scaricata in una stamberga nel centro dell’isola dal commissario Polito, lo stesso che aveva preso in consegna Benito Mussolini dopo il 25 luglio 1943, chiede al nuovo amico se può andare ad abitare nella casa di famiglia del Timparozzo, ribattezzata da Edda la «Petite Malmaison», secondo il nome che Josephine de Beauharnais aveva dato alla sua dimora dopo essere stata abbandonata da Napoleone. Leonida, con l’approvazione del padre, acconsente, e una notte di primavera, sulla terrazza di quella casa incantevole, avviene l’incontro d’amore. Lui la prende appoggiato al muro accarezzandole le gambe, secondo Edda la parte più bella del suo corpo di trentacinquenne.
Il coetaneo Leonida-Baiardo si innamora, Edda-Ellenica sulle prime non si lascia andare: Ellenica partecipa al gioco erotico, scandalizza tutti esibendo sulle spiagge di Lipari e Vulcano un audace due pezzi, ma Edda è guardinga, ancora ferita dalla tragedia famigliare. Quando lui si dichiara, «voi per me potreste essere la donna ideale», quasi lo irride: «È possibile che io lo sia per tutti gli uomini?». Lui la ama e la teme, si sente un Ulisse con la sua Circe e le recita a memoria il passo dell’Odissea in cui la maga indica all’eroe omerico due rotte impossibili per far ritorno a Itaca. Lei gli risponde con i versi di Byron: «When we two parted...», «quando noi ci dividemmo, in silenzio e lacrime, i nostri cuori si spaccarono a metà». La passione cresce e con l’amore la confidenza. Edda, al confino con l’accusa di aver spinto il padre a entrare in guerra, scrive un memoriale, probabilmente aiutata da Leoni
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In una cronaca maliziosa, un corrispondente del Corriere della Sera scrive che «l’elegante signora» pare poco interessata a lasciare l’isola, anche perché «non ha disdegnato l’assidua compagnia di un aitante giovane del luogo, il sig. Leonida Bongiorno». Edda, in realtà, ha interesse a ritornare a Roma, per riabbracciare i figli. Con sé porterà un ricordo: il suo ritratto nudo eseguito a matita dal bel Leonida. Comincia così la seconda parte della corrispondenza: lei lo vezzeggia, «caro amico e fidanzato », «Baiardo mi manca molto», abbandona i toni ironici degli inizi quando lo chiamava «adorabile allievo di sieur Palmiro». Ma aumentano i silenzi di Leonida, che intanto ha incontrato Angela, la futura moglie, detta la «Chevelue» per via della folta chioma. Ellenica e Baiardo si rivedono, il primo incontro in un hotel di Messina dove lei si presenta con una carta d’identità falsa. Poi il nuovo distacco. E la sempre più appassionata e dolorosa corrispondenza. Edda si lascia andare a confidenze: «Perché è toccato a me scegliere tra le due persone più care?», alludendo al marito giustiziato e al padre cui non aveva perdonato di non essere intervenuto. Alla fine il grido: «Venite dunque con me. Non abbandonate questa felicità che gli Dei vi offrono». Siamo alla fine. Le risposte di Leonida si faranno sempre più rare, sposerà Angela. «Ellenica» e «Baiardo» si ritroveranno sessantenni nel 1971, ancora a Lipari, davanti a una parete su cui lui aveva fatto incidere i versi omerici con le parole di Circe: «Tu da solo col tuo cuore consigliati: io ti dirò le due rotte». La passione non si era mai spenta.
Dino Messina
27 marzo 2009
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