Il rischio maggiore in una crisi economica e finanziaria di così vasta portata come quella che stiamo vivendo è la mancata collaborazione tra le istituzioni. Ed è quello che purtroppo sta avvenendo in Italia. Andiamo con ordine. L’obiettivo di ricapitalizzare le banche per evitare crisi di liquidità e restrizioni del credito è possibile raggiungerlo in mille modi diversi, ma sarà difficile farlo con i bond sottoscritti dal governo (i cosiddetti Tremonti-bond) il cui costo per le banche parte dall’8,5% e arriva in qualche caso fino al 15% annuo. A quali tassi le banche dovrebbero poi finanziare le imprese visto che il costo dell’approvvigionamento è quasi da usura? Forse sarebbe meglio che le obbligazioni emesse dalle banche con una cedola intorno al 5-6% venissero offerte al mercato limitando l’intervento dello Stato alla garanzia del capitale investito per questa speciale sottoscrizione di obbligazioni che concorrerebbero, per la loro specificità, ad aumentare la patrimonializzazione degli istituti di credito (il famoso core tier 1).
Lo Stato risparmierebbe, le banche pagherebbero meno la raccolta di nuove risorse, i risparmiatori sarebbero felici. Ma c’è ancora un altro modo per aiutare le banche senza le quali tutta l’industria va a picco. Se nessuno, giustamente, trova scandaloso che un fondo sovrano libico sottoscriva quasi il 5% di Unicredit apportando così risorse fresche all’istituto di Piazza Cordusio, perché sarebbe pericoloso l’ingresso in alcune banche di un soggetto pubblico, ad esempio la Cassa depositi e prestiti che ha per legge una raccolta a tassi vantaggiosi del risparmio postale, per un periodo di 3-5 anni e quindi con un put obbligatorio? Come si vede vi sono diverse modalità per sostenere il nostro sistema bancario certamente meno disastrato degli altri. L’uso dei Tremonti-bond a quei prezzi ci sembra il meno utile per tutti. A meno che non si voglia, nei momenti di difficoltà, trasferire risorse dalle banche allo Stato come avverrebbe con quei tassi d’interesse sproporzionati. In questo caso, però, ci troveremmo dinanzi ad una precisa scelta politica che non ha né testa né coda e che non vogliamo neanche aggettivare.
Altra questione sul tappeto è il mantenimento del flusso del credito alle imprese. Obiettivo giusto, naturalmente, ma che non può prescindere da quel giudizio di merito creditizio che appartiene esclusivamente alle banche. Nessuno ama le banche, ma immaginare che ci possa essere qualcuno o qualcosa che si sostituisca ad esse nella decisione del credito non è un rigurgito statalista del ventennio, è solo una sciocchezza. Alla stessa maniera, se è giusto il controllo sugli intermediari finanziari (banche, assicurazioni, società finanziarie), abbiamo Bankitalia e Isvap che hanno le professionalità adeguate sia a livello centrale che periferico per svolgere questo compito in maniera egregia. Ed entrambi fanno parte, insieme con la Consob, di quel comitato del credito presieduto dal ministro dell’Economia che ha tutti gli strumenti per sollecitare direttive, vincoli e sanzioni proprio attraverso le autorità di controllo. Non suoni offesa per nessuno, ma immaginare che i prefetti possano sostituirsi a Bankitalia e all’Isvap per il controllo delle erogazioni del credito (e presumiamo delle polizze) ci sembra più l’espressione di un «dispetto», o se volete di un contrasto, tra le istituzioni che non una scelta saggia nell’interesse del Paese. Ritornare sui propri passi è sempre difficile, ma è proprio lì che si misurano gli statisti. In tempi di crisi così gravi la collaborazione delle istituzioni è un imperativo categorico ed è il presidente del Consiglio, nell’autorevolezza della sua funzione, a doverla innanzitutto garantire.
p.cirino_pomicino@tiscali.it
Lo Stato risparmierebbe, le banche pagherebbero meno la raccolta di nuove risorse, i risparmiatori sarebbero felici. Ma c’è ancora un altro modo per aiutare le banche senza le quali tutta l’industria va a picco. Se nessuno, giustamente, trova scandaloso che un fondo sovrano libico sottoscriva quasi il 5% di Unicredit apportando così risorse fresche all’istituto di Piazza Cordusio, perché sarebbe pericoloso l’ingresso in alcune banche di un soggetto pubblico, ad esempio la Cassa depositi e prestiti che ha per legge una raccolta a tassi vantaggiosi del risparmio postale, per un periodo di 3-5 anni e quindi con un put obbligatorio? Come si vede vi sono diverse modalità per sostenere il nostro sistema bancario certamente meno disastrato degli altri. L’uso dei Tremonti-bond a quei prezzi ci sembra il meno utile per tutti. A meno che non si voglia, nei momenti di difficoltà, trasferire risorse dalle banche allo Stato come avverrebbe con quei tassi d’interesse sproporzionati. In questo caso, però, ci troveremmo dinanzi ad una precisa scelta politica che non ha né testa né coda e che non vogliamo neanche aggettivare.
Altra questione sul tappeto è il mantenimento del flusso del credito alle imprese. Obiettivo giusto, naturalmente, ma che non può prescindere da quel giudizio di merito creditizio che appartiene esclusivamente alle banche. Nessuno ama le banche, ma immaginare che ci possa essere qualcuno o qualcosa che si sostituisca ad esse nella decisione del credito non è un rigurgito statalista del ventennio, è solo una sciocchezza. Alla stessa maniera, se è giusto il controllo sugli intermediari finanziari (banche, assicurazioni, società finanziarie), abbiamo Bankitalia e Isvap che hanno le professionalità adeguate sia a livello centrale che periferico per svolgere questo compito in maniera egregia. Ed entrambi fanno parte, insieme con la Consob, di quel comitato del credito presieduto dal ministro dell’Economia che ha tutti gli strumenti per sollecitare direttive, vincoli e sanzioni proprio attraverso le autorità di controllo. Non suoni offesa per nessuno, ma immaginare che i prefetti possano sostituirsi a Bankitalia e all’Isvap per il controllo delle erogazioni del credito (e presumiamo delle polizze) ci sembra più l’espressione di un «dispetto», o se volete di un contrasto, tra le istituzioni che non una scelta saggia nell’interesse del Paese. Ritornare sui propri passi è sempre difficile, ma è proprio lì che si misurano gli statisti. In tempi di crisi così gravi la collaborazione delle istituzioni è un imperativo categorico ed è il presidente del Consiglio, nell’autorevolezza della sua funzione, a doverla innanzitutto garantire.
p.cirino_pomicino@tiscali.it
2 commenti:
Propio ora ho scoperto questo blog, ottimo post. E voglio sottolineare una cosa: occhio alle intermediazioni finanziare, perchè è lì che si gioca con l'illecito!
Un saluto!
Grazie per il consiglio ma ... avercele le risorse finanziarie !
Ti avevo già notato in altri blog.
Mi incuriosisce e ti domando: perchè questo pseudonimo ?
Ti spiego: io sono un direttore di carcere, in pensione, per davvero !
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