C’è uno scisma latente nel cattolicesimo europeo? Certo non nel nostro Paese, zittito dalle gerarchie e dai suoi apparati giornalistici e mediatici. Con la complicità di chi, fedeli credenti o agnostici «compiacenti verso la Chiesa» (parole di Berlusconi), considera «una moda di giornalisti e intellettuali» il dissenso verso alcune affermazioni del Pontefice. Gli agnostici compiacenti, che si proclamano laici «positivi», sono numerosi soprattutto nell’area del centro-destra. Non sanno né vogliono sapere nulla del Concilio Vaticano II. Lo considerano una specie di Sessantotto della Chiesa. Questo basta per diffamarlo. Ma proprio il Concilio - o meglio la sua interpretazione e attuazione - sta diventando il motivo dello «scisma» silenzioso interno alla Chiesa. Con una differenza decisiva tra la condizione italiana e quella delle altre nazioni europee.
Le Chiese tedesca e austriaca sono state protagoniste - con le massime autorità ecclesiali - nel denunciare e nel far rettificare l’atteggiamento del Papa sulla questione del vescovo negazionista. Qualcosa di più di un incidente. Dietro l’incredibile errore di valutazione del Pontefice c’è l’interrogativo sul senso dell’apertura verso i lefebvriani. Presentata come un paterno segno di accoglienza di fratelli che avrebbero frainteso il Concilio, è interpretata invece da molti esponenti della Chiesa in lingua tedesca come implicito rinnegamento degli aspetti più innovativi del Concilio stesso. Lo dicono apertamente. Tutto l’opposto delle reticenze e dei distinguo verbali delle gerarchie ecclesiastiche italiane. Che forse non hanno neppure capito la posta in gioco. Preoccupate di difendere sempre e comunque il Papa e di attaccare sempre e comunque «i laicisti», lasciano i laici credenti in gravi difficoltà. Dopo il viaggio del Papa in Africa, la Cei accusa la stampa d’aver ridotto tutto il suo messaggio di fede e d’amore alla distorta questione dei preservativi. Per certi aspetti ha ragione, anche se il problema dell’Aids in quella terra disgraziata è di una gravità immensa. Ma il vero punto critico è: come mai, nonostante l’imponenza della macchina comunicativa della Chiesa, nell’opinione pubblica(ta) è «passato» solo il dibattito sui preservativi? Per malizia occidentale? O non è emerso invece ancora il difetto di comunicazione della Chiesa, incapace di collegare in modo convincente i contenuti religiosi e teologici del suo messaggio con le sue indicazioni morali?
Questo difetto è sistematico. Da anni si discute di biotecnologie, di testamento biologico, di «famiglia naturale» mescolando in modo confuso e arbitrario argomenti che si pretendono razionali e scientifici, «puramente umani», con assunti di fede. Il punto culminante è l’idea di vita (anzi di Vita) potente veicolo di una visione religiosa che diventa intransigente rifiuto di altre visioni della vita umana intesa nella sua concreta storicità. La teologia diventa sacra biologia, bioteologia. Con quel che segue per i rapporti procreativi, sessuali, familiari, giù giù sino alla contraccezione. L’ossessione del bios e del suo controllo ha sostituito i contenuti del discorso sul logos. I grandi temi della grazia, della salvezza, della redenzione sono diventati incomprensibili e incomunicabili alla maggioranza delle persone. Al loro posto c’è un’astratta proclamazione della dottrina morale, ignorando che questa si è costruita attraverso complesse operazioni di assestamento di durata secolare. La fedeltà ai principi diventa nemica della ragionevolezza, dal testamento biologico sino alla contraccezione.
Barbara Spinelli ha parlato su questo giornale con passione e forza argomentativa del «silenzio che manca al Vaticano». Vorrei aggiungere che alla Chiesa vaticana manca soprattutto la ragionevolezza, l’altra faccia della razionalità che sta tanto a cuore a papa Ratzinger. Riprendendo l’interrogativo iniziale sulla latenza di uno «scisma» nella Chiesa europea, ritengo che non si verificherà nella realtà. Tanto meno nel nostro Paese. Non è più il tempo delle grandi dispute teologiche, neppure delle grandi eresie, teologicamente robuste. È il tempo dei silenziosi abbandoni. Soltanto una laicità matura nelle persone e nelle istituzioni consentirà a tutti la piena e serena espressione della loro fede e dei loro stili morali di vita. A dispetto dei clericali vocianti e dei loro agnostici compiacenti fiancheggiatori.
Le Chiese tedesca e austriaca sono state protagoniste - con le massime autorità ecclesiali - nel denunciare e nel far rettificare l’atteggiamento del Papa sulla questione del vescovo negazionista. Qualcosa di più di un incidente. Dietro l’incredibile errore di valutazione del Pontefice c’è l’interrogativo sul senso dell’apertura verso i lefebvriani. Presentata come un paterno segno di accoglienza di fratelli che avrebbero frainteso il Concilio, è interpretata invece da molti esponenti della Chiesa in lingua tedesca come implicito rinnegamento degli aspetti più innovativi del Concilio stesso. Lo dicono apertamente. Tutto l’opposto delle reticenze e dei distinguo verbali delle gerarchie ecclesiastiche italiane. Che forse non hanno neppure capito la posta in gioco. Preoccupate di difendere sempre e comunque il Papa e di attaccare sempre e comunque «i laicisti», lasciano i laici credenti in gravi difficoltà. Dopo il viaggio del Papa in Africa, la Cei accusa la stampa d’aver ridotto tutto il suo messaggio di fede e d’amore alla distorta questione dei preservativi. Per certi aspetti ha ragione, anche se il problema dell’Aids in quella terra disgraziata è di una gravità immensa. Ma il vero punto critico è: come mai, nonostante l’imponenza della macchina comunicativa della Chiesa, nell’opinione pubblica(ta) è «passato» solo il dibattito sui preservativi? Per malizia occidentale? O non è emerso invece ancora il difetto di comunicazione della Chiesa, incapace di collegare in modo convincente i contenuti religiosi e teologici del suo messaggio con le sue indicazioni morali?
Questo difetto è sistematico. Da anni si discute di biotecnologie, di testamento biologico, di «famiglia naturale» mescolando in modo confuso e arbitrario argomenti che si pretendono razionali e scientifici, «puramente umani», con assunti di fede. Il punto culminante è l’idea di vita (anzi di Vita) potente veicolo di una visione religiosa che diventa intransigente rifiuto di altre visioni della vita umana intesa nella sua concreta storicità. La teologia diventa sacra biologia, bioteologia. Con quel che segue per i rapporti procreativi, sessuali, familiari, giù giù sino alla contraccezione. L’ossessione del bios e del suo controllo ha sostituito i contenuti del discorso sul logos. I grandi temi della grazia, della salvezza, della redenzione sono diventati incomprensibili e incomunicabili alla maggioranza delle persone. Al loro posto c’è un’astratta proclamazione della dottrina morale, ignorando che questa si è costruita attraverso complesse operazioni di assestamento di durata secolare. La fedeltà ai principi diventa nemica della ragionevolezza, dal testamento biologico sino alla contraccezione.
Barbara Spinelli ha parlato su questo giornale con passione e forza argomentativa del «silenzio che manca al Vaticano». Vorrei aggiungere che alla Chiesa vaticana manca soprattutto la ragionevolezza, l’altra faccia della razionalità che sta tanto a cuore a papa Ratzinger. Riprendendo l’interrogativo iniziale sulla latenza di uno «scisma» nella Chiesa europea, ritengo che non si verificherà nella realtà. Tanto meno nel nostro Paese. Non è più il tempo delle grandi dispute teologiche, neppure delle grandi eresie, teologicamente robuste. È il tempo dei silenziosi abbandoni. Soltanto una laicità matura nelle persone e nelle istituzioni consentirà a tutti la piena e serena espressione della loro fede e dei loro stili morali di vita. A dispetto dei clericali vocianti e dei loro agnostici compiacenti fiancheggiatori.
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