MILANO (30 aprile) - «Sono molto commossa, la giustizia ha trionfato» dice Clementina Forleo dopo che il Tar del Lazio ha accolto il suo ricorso contro il provvedimento del Csm che le aveva imposto di lasciare Milano per incompatibilità ambientale, in seguito alle sue dichiarazioni su presunte interferenze di poteri forti nelle inchieste sulle scalate bancarie.
La sentenza con la quale il Tar ha annullato il provvedimento disciplinare di trasferimento è esecutiva, ma ciò non comporta che il giudice lascerà subito il tribunale di Cremona, dove esercita ora, per far ritorno a Milano. La sentenza, infatti, dovrà essere notificata al Csm dalla stessa Forleo. Poi, l'organo di autogoverno dei magistrati avrà due possibilità: prendere atto e dare esecuzione alla sentenza, deliberando il suo ritorno, oppure impugnare il provvedimento davanti al Consiglio di Stato, con richiesta di sospensiva. Se la richiesta di sospensiva sarà accolta, il gip attenderà a Cremona la successiva decisione nel merito del Consiglio: nel caso la sospensiva non venisse accolta, potrà tornare nel capoluogo lombardo pur in pendenza del secondo grado di giudizio. Qualora il Csm non dovesse impugnare la sentenza, infine, ma non desse corso alla decisione del Tar, Clementina Forleo potrebbe avviare un giudizio di ottemperanza: a quel punto sarà nominato un commissario che, di fatto, si sostituirà al Csm per dar seguito alla sentenza.
Una sentenza, quella del Tar del Lazio che, parla di un trasferimento deciso «in carenza dei presupposti di causa ed effetto previsti dalla norma vigente». La I Sezione, presieduta da Giorgio Giovannini, prende le mosse dal fatto che «nell'ordinamento attuale», il trasferimento per incompatibilità ambientale può ritenersi «integrato soltanto in una situazione non attribuibile a colpa del magistrato, che sia produttiva di un effetto costituito dall'impossibilità di svolgere nella sede occupata le proprie funzioni con piena indipendenza ed imparzialità». I giudici hanno ritenuto non sussistente «nemmeno l'altro presupposto»: vale a dire l' impossibilità per il magistrato di svolgere nella sede occupata le proprie funzioni «con piena indipendenza ed imparzialità».
I giudici hanno ritenuto non sussistente «nemmeno l'altro presupposto»: vale a dire l' impossibilità per il magistrato di svolgere nella sede occupata le proprie funzioni «con piena indipendenza ed imparzialità». Non vi sarebbe, infatti, nella delibera del Csm, una «esauriente spiegazione sulla plausibilità del verificarsi di tale effetto». Clementina Forleo, nel suo ricorso, sosteneva che il Csm era partito da «premesse erronee», aveva commesso sbagli di procedura e soprattutto non aveva avuto «serenità di giudizio» e gli rimproverava di aver avuto quasi un accanimento nei suoi confronti «fin dalla prima audizione».
La sentenza con la quale il Tar ha annullato il provvedimento disciplinare di trasferimento è esecutiva, ma ciò non comporta che il giudice lascerà subito il tribunale di Cremona, dove esercita ora, per far ritorno a Milano. La sentenza, infatti, dovrà essere notificata al Csm dalla stessa Forleo. Poi, l'organo di autogoverno dei magistrati avrà due possibilità: prendere atto e dare esecuzione alla sentenza, deliberando il suo ritorno, oppure impugnare il provvedimento davanti al Consiglio di Stato, con richiesta di sospensiva. Se la richiesta di sospensiva sarà accolta, il gip attenderà a Cremona la successiva decisione nel merito del Consiglio: nel caso la sospensiva non venisse accolta, potrà tornare nel capoluogo lombardo pur in pendenza del secondo grado di giudizio. Qualora il Csm non dovesse impugnare la sentenza, infine, ma non desse corso alla decisione del Tar, Clementina Forleo potrebbe avviare un giudizio di ottemperanza: a quel punto sarà nominato un commissario che, di fatto, si sostituirà al Csm per dar seguito alla sentenza.
Una sentenza, quella del Tar del Lazio che, parla di un trasferimento deciso «in carenza dei presupposti di causa ed effetto previsti dalla norma vigente». La I Sezione, presieduta da Giorgio Giovannini, prende le mosse dal fatto che «nell'ordinamento attuale», il trasferimento per incompatibilità ambientale può ritenersi «integrato soltanto in una situazione non attribuibile a colpa del magistrato, che sia produttiva di un effetto costituito dall'impossibilità di svolgere nella sede occupata le proprie funzioni con piena indipendenza ed imparzialità». I giudici hanno ritenuto non sussistente «nemmeno l'altro presupposto»: vale a dire l' impossibilità per il magistrato di svolgere nella sede occupata le proprie funzioni «con piena indipendenza ed imparzialità».
I giudici hanno ritenuto non sussistente «nemmeno l'altro presupposto»: vale a dire l' impossibilità per il magistrato di svolgere nella sede occupata le proprie funzioni «con piena indipendenza ed imparzialità». Non vi sarebbe, infatti, nella delibera del Csm, una «esauriente spiegazione sulla plausibilità del verificarsi di tale effetto». Clementina Forleo, nel suo ricorso, sosteneva che il Csm era partito da «premesse erronee», aveva commesso sbagli di procedura e soprattutto non aveva avuto «serenità di giudizio» e gli rimproverava di aver avuto quasi un accanimento nei suoi confronti «fin dalla prima audizione».
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