Sarebbe ingiusto legare la probabile bocciatura del candidato italiano al vertice del Parlamento europeo alle vicissitudini private di Silvio Berlusconi. Ma c’è da giurarci: l’eventuale insuccesso verrà visto come controprova del logoramento progressivo del presidente del Consiglio. Se non altro perché aveva proiettato su Bruxelles le sue ambizioni di vittoria elettorale; e preannunciato un Pdl fondamentale nello scacchiere continentale.
In realtà, è probabile che la posizione non sia stata né rafforzata né indebolita da quanto accade fra Bari e Roma. Ma quello sfondo finisce per rivelare una sopravvalutazione del ruolo italiano, che adesso emerge insieme a problemi di colpo fuori controllo.
La reazione irritata di Berlusconi contro i giornali dipende dal fatto che in questa fase, a torto o a ragione, gli sembrano dei nemici. Anche la sua stizza sorridente in conferenza stampa, però, comincia ad apparire sotto una luce un po’ diversa dal passato. Non trasmette più un senso di sicurezza, quanto un presagio di debolezza e di fragilità. È difficile dare torto al premier quando bolla come fantapolitica l’ipotesi di una congiura nel centrodestra per scalzarlo da palazzo Chigi. Della maggioranza rimane il padrone, seppure ormai a mezzadria con la Lega di Umberto Bossi. Si può discutere se questo oggi rappresenti un elemento di stabilità o di precarietà della coalizione: è comunque un dato di fatto.
Ma all’ombra delle difese rocciose, della denuncia di complotti fra pezzi d’opposizione e di magistratura, è palpabile il nervosismo del capo del governo; e l’imbarazzo, autentico o ben studiato, di alcuni alleati. È come se crescesse la consapevolezza che si è aperta una fase nuova, forse destinata a scheggiare la patina del successo che Berlusconi è riuscito ad associare alla propria leadership. Per quanto da tempo eccentrico rispetto alla strategia del Pdl, ieri il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha additato il pericolo che corrono il governo ed il Paese. Nessun rischio di instabilità; ma una perdita progressiva di fiducia verso «il fondamento della democrazia».
Si tratta di una deriva verso la sfiducia nella politica, che non può essere data per avvenuta e dunque irreversibile. Ma certamente, oggi la capacità berlusconiana di arginarla ed incanalarla sembra meno prepotente ed indiscussa di appena un anno fa. È possibile che all’origine di questa magia inceppatasi improvvisamente ci sia quella che Berlusconi chiama la «spazzatura» di alcune inchieste giudiziarie: «rifiuti» dei quali giura si libererà come quelli a Napoli. E la sua reazione indignata ai contestatori di sinistra che ieri sera lo hanno fischiato a Cinisello Balsamo, riflette la pressione a cui è sottoposto. Ma questo non basta a cancellare la sensazione di una difficoltà.
Lo dimostrano le richieste di chiarezza da parte di un mondo cattolico disorientato dagli scandali che lambiscono il premier; l’alone di incertezza che si avverte nel governo; e, di nuovo, un contesto internazionale nel quale l’Italia berlusconiana si accorge di avere qualche amico meno del previsto. È un’incrinatura quasi impercettibile, e senza contraccolpi elettorali, a breve termine. Ma alla lunga può oscurare quanto di buono il governo ha fatto: dalla gestione del terremoto a quella di una situazione economica che può ancora creare tensioni sociali. Sarebbe grave se ci fosse una crisi sull’onda di quelle che il premier chiama «trame giudiziarie»: e non solo perché si creerebbe un vuoto preoccupante.
Rimane da capire se Berlusconi sarà in grado di riempirlo, o contribuirà a crearlo.
Massimo Franco
20 giugno 2009
In realtà, è probabile che la posizione non sia stata né rafforzata né indebolita da quanto accade fra Bari e Roma. Ma quello sfondo finisce per rivelare una sopravvalutazione del ruolo italiano, che adesso emerge insieme a problemi di colpo fuori controllo.
La reazione irritata di Berlusconi contro i giornali dipende dal fatto che in questa fase, a torto o a ragione, gli sembrano dei nemici. Anche la sua stizza sorridente in conferenza stampa, però, comincia ad apparire sotto una luce un po’ diversa dal passato. Non trasmette più un senso di sicurezza, quanto un presagio di debolezza e di fragilità. È difficile dare torto al premier quando bolla come fantapolitica l’ipotesi di una congiura nel centrodestra per scalzarlo da palazzo Chigi. Della maggioranza rimane il padrone, seppure ormai a mezzadria con la Lega di Umberto Bossi. Si può discutere se questo oggi rappresenti un elemento di stabilità o di precarietà della coalizione: è comunque un dato di fatto.
Ma all’ombra delle difese rocciose, della denuncia di complotti fra pezzi d’opposizione e di magistratura, è palpabile il nervosismo del capo del governo; e l’imbarazzo, autentico o ben studiato, di alcuni alleati. È come se crescesse la consapevolezza che si è aperta una fase nuova, forse destinata a scheggiare la patina del successo che Berlusconi è riuscito ad associare alla propria leadership. Per quanto da tempo eccentrico rispetto alla strategia del Pdl, ieri il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha additato il pericolo che corrono il governo ed il Paese. Nessun rischio di instabilità; ma una perdita progressiva di fiducia verso «il fondamento della democrazia».
Si tratta di una deriva verso la sfiducia nella politica, che non può essere data per avvenuta e dunque irreversibile. Ma certamente, oggi la capacità berlusconiana di arginarla ed incanalarla sembra meno prepotente ed indiscussa di appena un anno fa. È possibile che all’origine di questa magia inceppatasi improvvisamente ci sia quella che Berlusconi chiama la «spazzatura» di alcune inchieste giudiziarie: «rifiuti» dei quali giura si libererà come quelli a Napoli. E la sua reazione indignata ai contestatori di sinistra che ieri sera lo hanno fischiato a Cinisello Balsamo, riflette la pressione a cui è sottoposto. Ma questo non basta a cancellare la sensazione di una difficoltà.
Lo dimostrano le richieste di chiarezza da parte di un mondo cattolico disorientato dagli scandali che lambiscono il premier; l’alone di incertezza che si avverte nel governo; e, di nuovo, un contesto internazionale nel quale l’Italia berlusconiana si accorge di avere qualche amico meno del previsto. È un’incrinatura quasi impercettibile, e senza contraccolpi elettorali, a breve termine. Ma alla lunga può oscurare quanto di buono il governo ha fatto: dalla gestione del terremoto a quella di una situazione economica che può ancora creare tensioni sociali. Sarebbe grave se ci fosse una crisi sull’onda di quelle che il premier chiama «trame giudiziarie»: e non solo perché si creerebbe un vuoto preoccupante.
Rimane da capire se Berlusconi sarà in grado di riempirlo, o contribuirà a crearlo.
Massimo Franco
20 giugno 2009
1 commento:
Che anima 'candida' sto' Massimo Franco!
Quanto di buono ha fatto il Governo?
Ma va là!
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