sabato 20 giugno 2009

«Disagio» dei vescovi «Su certe vicende va fatta chiarezza»



La differenza, in fondo, è solo questione di indo­le. C’è chi lo dice in modo più diretto, come il vescovo Dome­nico Mogavero, di Mazara del Vallo: «Non si può far finta che non stia succedendo niente». E c’è chi pondera un linguaggio più sfumato come Giuseppe An­fossi, vescovo di Aosta e respon­sabile Cei per la famiglia: «Il di­sagio aumenta, certo. E credo che una domanda di chiarezza possa essere posta».

All’ultima assemblea genera­le della Cei, in pieno caso Noe­mi, il segretario generale della Cei Mariano Crociata aveva invi­tato a non strumentalizzare la questione morale: «Ognuno ha la propria coscienza e capacità di giudizio». Però c’è un limite oltre il quale le «questioni di co­scienza » private rischiano di di­ventare un problema, serio, del Paese. E ormai ci siamo. L’in­chiesta di Bari, le ragazze che avrebbero partecipato a feste a casa Berlusconi dietro paga­mento, le accuse e le «scosse» e i gossip. «Non potevamo più stare zitti», spiegano ad Avveni­re.

Che ieri, in un editoriale fir­mato da Gianfranco Marcelli, capo della redazione romana, ha messo nero su bianco quel «disagio» che si va diffonden­do tra i vescovi: «Il punto cen­trale, ci sembra, è la necessità di arrivare il più presto possibi­le a un chiarimento sufficiente a sgomberare il terreno dagli in­terrogativi più pressanti, che non vengono solo dagli avver­sari politici ma anche da una parte di opinione pubblica non pregiudizialmente avversa al premier».

Berlusconi deve chiarire. «Proprio per questo clima di smarrimento crescente, è lecito domandarsi se il presidente del Consiglio abbia finora scelto la linea di resistenza migliore e i difensori più appropriati», si legge. La critica allo «stile sfog­giato » da «avvocati bravi so­prattutto a moltiplicare i moti­vi di imbarazzo» è un’allusione a Ghedini e al suo «lessico 'mer­cantile' », come si legge in un al­tro articolo di Avvenire sulle sue «gaffes», espressioni come «utilizzatore finale» e «quantita­tivi gratis» di donne.

Così il quotidiano, «se anche non fosse possibile eliminare ogni ombra, perché ad esempio su alcune questioni il bandolo della matassa è in mano alla ma­gistratura », chiede che «si pon­gano almeno i presupposti per evitare ulteriori stillicidi di chiacchiere e di tempeste me­diatiche ». E questo «senza illu­dersi che l’efficienza dell’azione di governo possa far premio, sempre e comunque, sui com­portamenti privati». Alla lunga «tutto finisce per avere un prez­zo » e il pericolo è che a pagare sia «non solo il debitore di tur­no, ma l’intero Paese».

Ciò che scrive Avvenire non è una nota della Cei. Tuttavia il quotidiano diretto da Dino Bof­fo capta gli umori dell’episcopa­to. E infatti, pur tra varie sfuma­ture, la richiesta di chiarimenti c’è. «Tra il livello pubblico, di governo, e quello privato e in­violabile, di coscienza, c’è un terzo piano: quello dell’immagi­ne. I comportamenti di chi go­verna possono determinare maggiore credibilità oppure una delegittimazione, parziale o totale», scandisce monsignor Mogavero. «Nixon o Clinton ap­partengono a una cultura diver­sa. Ma certi comportamenti possono incrinare la fiducia fi­no a una delegittimazione di fat­to ». Il vescovo di Mazara preci­sa: «Non sono in grado di dare giudizi. Ma questo stillicidio continuo non fa bene né all’Ita­lia né al governo né al presiden­te ». Mogavero evoca pure i «passi indietro» fatti da «ammi­nistratori sotto processo» che si sono «dimessi» per non «coinvolgere le istituzioni».

Ma ora, dice, «mi basterebbe che Berlusconi facesse una di­chiarazione pubblica per fugare ogni dubbo. Che dicesse: sulla mia onorabilità, di uomo, ga­rantisco che non è vero». Certo, «la questione morale è più am­pia, non può essere la questio­ne Berlusconi», considera l’arci­vescovo di Pescara Tommaso Valentinetti. Resta il fatto che «il problema dell’esempio per­sonale si pone per chiunque ab­bia un ruolo pubblico». Lo dice anche monsignor Paolo Urso: «Bisogna chiedere ha chi ha re­sponsabilità pubbliche una coe­renza maggiore, anche una bat­tuta sciocca può squalificare l’Italia nel mondo». Il vescovo di Ragusa, però, ha un dubbio: «Credo spetti ai suoi, non alla Chiesa, chiedere chiarimenti. E il rischio è che questo polvero­ne faccia trascurare famiglie, la­voro, immigrati, riforme: i pro­blemi reali». C’è anche chi, come Luigi Ne­gri, vescovo di San Marino e Montefeltro, aveva detto che chi governa si giudica dalla poli­tica e i problemi privati «riguar­dano la sua coscienza e il rap­porto con Dio, se ci crede». Il di­scorso, dice, resta valido: «Il presidente chiarisca. Ma per gli elementi di conoscenza che ho, ripeto: i problemi del Paese so­no del Paese, quelli personali sono personali».

Gian Guido Vecchi
20 giugno 2009

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