
«Mi riservo di esaminare il testo approvato e di seguire l'iter che avrà in Parlamento, per prendere poi le decisioni che mi competono. Certo, ci sono molte cose da difendere e molte cose da rinnovare». Con queste parole il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha commentato l'approvazione del disegno di legge sulle intercettazioni. Intanto, ieri tre consiglieri del Csm hanno presentato al Comitato di presidenza, perchè le comunichi al capo dello Stato, le loro dimissioni dalla Commissione per gli incarichi direttivi, di cui sono stati presidenti: un gesto in polemica con le dichiarazioni del ministro della Giustizia Angelino Alfano che, in un'intervista andata in onda ieri al Tg2, ha parlato di nomine lottizzate ai vertici degli uffici giudiziari e di un planning, cioè di una spartizione sistematica. Nella lettera, a quanto si è appreso, i consiglieri Giuseppe Maria Berruti, Ezia Maccora e Vincenzo Siniscalchi esprimono allarme per il livello dello scontro tra magistratura e politica, visto che il ministro li ha accusati di condotte illecite.
L'intervista che ha provocato le dimissioni dei tre consiglieri è andata in onda ieri sera nella rubrica «Punto di vista» del Tg2. «Mi sto battendo per evitare che i vertici degli uffici giudiziari , e cioè i procuratori e i presidenti di Tribunale vengano lottizzati - ha detto il ministro - Cioè non è possibile che si faccia un planning , all'interno del quale si dica : a questa corrente spetta questa procura, a quest'altra corrente , siccome non ha avuto un procuratore, spettano due procuratori aggiunti da un'altra parte.Questi sono meccanismi che orami sono rifiutati anche in politica. Penso che invece a guidare le procure debbano andare i migliori, senza bisogno di controllare prima di mandarli a guidare un ufficio giudiziario qual è lo spillino della corrente che hanno affisso sulla giacca».
Accuse ritenute inaccettabili dai tre consiglieri, che in quanto presidenti, sono i garanti della regolarità dei lavori della Commissione ; e tanto più gravi, visto che provengono dal ministro della Giustizia. Quelle parole bruciano anche perchè «da tre anni il Csm -dice un loro collega- è impegnato in silenzio nell'applicazione della riforma dell'ordinamento giudiziario e dunque delle nuove regole che hanno mandato in cantina l'anzianità per prediligere merito e attitudini nella scelta dei dirigenti degli uffici giudiziari».
La Camera, nel frattempo, dice sì al ddl sulle intercettazioni, dopo che il governo ha ottenuto la fiducia. I sì sono stati 318, 224 i no, un solo astenuto. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato.
La votazione finale si è tenuta a scrutinio segreto come ha indicato il presidente della Camera Gianfranco Fini, spiegando che la richiesta è stata avanzata dal gruppo del Pd. A tutta la seduta ha presenziato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, seduto accanto al ministro della Giustizia Angelino Alfano.
Il ministro si è detto soddisfatto. «Abbiamo preso 20 in più dei nostri. Il voto segreto ci ha premiato, visto che nel computo dei voti a favore ci sono 20 voti in più rispetto a quelli della maggioranza. Significa che circa il 20% dell’opposizione condivide le nostre tesi». «Ora chiederemo una rapida lettura da parte del Senato - ha aggiunto Alfano -. Crediamo di aver prodotto un testo che dopo un anno di lavoro ha raggiunto un punto di equilibrio ragguardevole tra la tutela della privacy e delle indagini, l'articolo 15 e l'articolo 21 della Costituzione».
In aula ci sono state delle proteste. Dai banchi dell'Italia dei Valori tuona la protesta, con cartelli come: «Libertà di informazione cancellata», «È morta la libertà di informazione uccisa dall'arroganza del potere», «Pdl: protegge i delinquenti e ladri». Immediato l'intervento dei commessi per tentare di bloccare i deputati che protestavano, mentre il presidente Fini dichiarava sospesa la seduta. Dai banchi del centrodestra si è levato un coro: «Buffoni, buffoni!». Un «testa vuota» era volato già prima in aula, questa volta però gridato dai banchi della Lega durante l'intervento del capogruppo Idv Massimo Donadi, che anche oggi ha usato parole di fuoco per bocciare il disegno di legge.
«Con questo ddl la scelta proposta è tra la protezione della privacy di pochi e quella della sicurezza di tutti: noi scegliamo la seconda opzione e votiamo no». Lo ha detto nell'Aula della Camera Paolo Gentiloni (Pd) nella sua dichiarazione di voto sul ddl intercettazioni. «Con questo testo - spiega - c'è la rinuncia sostanziale allo strumento più efficace per fare indagini. Non si potranno usare le intercettazioni quando servono e si potranno usare quando non serviranno. Quanti trafficanti, assassini e pedofili resteranno a piede libero dopo questo voto? Da ora sarà più difficile salvare vite umane, ed il Paese abbassa la guardia in materia di sicurezza». «E questo - puntualizza Gentiloni - solo per garantire la privacy degli inquilini delle stanze del potere e anche delle stanze di qualche villa».
12 giugno 2009

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