24 Giugno 2009
Autore Giuseppe Giulietti
Riporto una mia intervista, rilasciata a "Altronline.it", sul "caso Minzolini" e sul tema dell'informazione.
Altronline: Giulietti, i silenzi dei tg “amici” di Berlusconi diventano un caso politico. L'informazione, dice l'opposizione, è drogata dal potere del Cavaliere. Qual è la novità?
Beppe Giulietti: Nessuna, questo è il problema. Non c'è nessuna novità, si tratta della riproposizione integrale dello schema che Berlusconi prima e Dell'Utri avevano già messo a punto dettagliatamente. Il premier disse: “È ora di finirla con programmi e tg che mandano in onda notizie ansiogene”. Via i servizi e gli approfondimenti su povertà, crisi economica e sociale, tutto ciò che dimostra che la realtà è diversa dalla finzione...
Altronline: Negli ultimi giorni però si è passato il segno. Il direttore del Tg1 è apparso in prima serata davanti agli italiani per giustificare la scelta di “basso profilo” sul Bari-gate. Era mai successo prima?
Beppe Giulietti: No, a mia memoria mai. È la prima volta che il direttore di un telegiornale firma un editoriale per spiegare agli italiani perché non ha dato una notizia. È vero che ha il direttore ha il potere di decidere la linea editoriale e di valutare quali notizie dare e quali no, ma quando scoppia un caso che finisce su tutti i giornali nazionali e internazionali, questi margini di discrezionalità decadono. Si tratta di un giornalista che non ha mai fatto mistero della sua simpatia per l'uomo più potente d'Italia.
Altronline: Non è un mistero neppure che le nomine Rai siano politiche. Perché ci si scandalizza soltanto ora?
Beppe Giulietti: È un'obiezione giusta che però non regge di fronte alla vera anomalia. La scelta di piazzare Minzolini al Tg1 è il frutto di un accordo fatto direttamente nella casa del presidente del Consiglio, quel Palazzo Grazioli oggi noto per altre ragioni. Non si tratta di un uomo qualsiasi, ma del proprietario delle reti televisive concorrenti.
Altronline: Garimberti ha convocato Minzolini per chiedere chiarimenti. Ma a giudizio di molti il presidente della Rai sembra avere le mani legate. È così?
Beppe Giulietti: Bisogna innanzitutto che qualcuno ci spieghi cosa mai si siano detti, visto che dopo l'incontro Minzolini si è alzato e ha fatto quell'editoriale. Quello che manca sono proprio le voci degli organismi predisposti al corretto funzionamento del servizio pubblico. Sono il presidente della Rai Garimberti e il direttore generale Masi, in qualità di uomini di garanzia, che dovrebbero convocare una riunione e discutere di una violazione delle regole senza precedenti, editoriale e deontologica.
Altronline: È d'accordo con chi chiede la testa del direttore?
Beppe Giulietti: Non mi appassiona il coro di personaggi politici che invocano licenziamenti e provvedimenti disciplinari. A me interessa la lotta sociale, professionale, sindacale. Perché qui è in atto una mistificazione, si sta facendo finta di non vedere qual è il vero problema, altro che Minzolini...
Altronline: Qual è il vero problema?
Beppe Giulietti: In Italia si sta portando avanti la costruzione di un sultanato a reti unificate, si sta procedendo a sottrarre ai cittadini le informazioni quotidiane, non se so è chiaro. Il problema sono i silenzi dell'autorità di garanzia, il girarsi dall'altra parte di chi avrebbe il dovere di intervenire. Ma c'è dell'altro.
Altronline: Cosa?
Beppe Giulietti: Questi episodi avvengono in un momento in cui il parlamento sta per varare la legge bavaglio sulle intercettazioni. Nel nostro paese c'è un'emergenza democratica, mi preoccupa che su questo tema le opposizioni procedano in ordine sparso.
Altronline: Che può fare l'opposizione?
Beppe Giulietti: Bisogna chiamare a raccolta tutti, organizzare davanti al Senato un manifestazione nazionale durante le votazioni sulla legge bavaglio. Per lanciare questo allarme le opposizioni devono essere unite, parlare con una voce sola. Serve un incontro immediato di tutte le forze politiche e sociali per mettere in piedi un'iniziativa comune.
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